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Un servizio di EWTN News

Cinquant'anni dopo il Concilio ebrei e cristiani scrivono una nuova storia del dialogo

Due documenti sul dialogo ebraico cristiano che vengono pubblicati praticamente insieme sono forse il segno visibile più eloquente che il dialogo non solo esiste ma è molto avanzato.E questo avviene a 50 anni dalla pubblicazione di un testo conciliare basilare: Nostra Aetate.Un testo sul rapporto del cattolicesimo con le altre religioni che però di fatto ha una attenzione speciali ai nostri “Padri nelle fede”, il popolo ebraico.

Il documento “ Poiché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili”, una frase della lettera di San Paolo ai Romani, è un testo per la riflessione prodotto dalla Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo che è parte del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani.

Non un testo magisteriale o dottrinale, ma una riflessione, appunto, una base di partenza che mette a punto la storia del rapporto ebraico cristiano e ricorda i documenti post conciliari, ma anche le tesi, opinioni e tendenze che per secoli hanno attraversato la Chiesa cattolica.

Ma il testo che forse lascia più stupiti è la dichiarazione firmata da 25 di Rabbini ortodossi che dicono: “Ebrei e cristiani devono lavorare insieme come partner per affrontare le sfide morali della nostra epoca”. Perché questa è la volontà del Padre che è nei cieli.

Il testo si chiamo proprio così: “Fare la volontà del Padre Nostro nei Cieli: verso una collaborazione tra ebrei e cristiani”.

Anche in questo caso il passato ha il suo peso, ma soprattutto, scrivono i Rabbini: “Ci rendiamo conto che dal Concilio Vaticano II gli insegnamenti ufficiali della Chiesa cattolica hanno cambiato radicalmente e irrevocabilmente i rapporti con l’ebraismo”.

Un apprezzamento degli insegnamenti cattolici e uno sguardo in avanti basato, come sempre nella tradizione giudaica, sugli insegnamenti dei grandi Rabbini del passato. “Come ha fatto Maimonide e Giuda Halevi, riconosciamo che il cristianesimo non è né un incidente né un errore, ma il risultato della volontà divina e un dono alle nazioni. Nel separare ebraismo e cristianesimo, Dio ha voluto la separazione tra collaboratori  con notevoli differenze teologiche, non una separazione tra nemici.”

Insomma è chiara la presa di posizione dei Rabbini che affermano come si debba lavorare insieme per un unico scopo perché “ Nessuno di noi può realizzare la missione di Do solo in questo mondo.”

Citazioni del Talmud, dei grandi maestri dell’ebraismo portano ad una convinzione: “Ebrei e cristiani hanno più cose in comune di quanto ci divide: il monoteismo etico di Abramo; il rapporto con il Creatore del cielo e della terra, che ama e si prende cura di tutti noi; le Sacre Scritture ebraiche; una credenza in una tradizione vincolante; e i valori della vita, la famiglia, la giustizia compassionevole, la giustizia, la libertà inalienabili, l'amore universale e della definitiva pace nel mondo”. Lo scopo finale per i 25 Rabbini. “Siamo tutti creati ad immagine di Dio, ebrei e cristiani rimarranno fedeli all’Alleanza avendo un ruolo attivo comune per redimere il mondo”.

E gli scopi del dialogo sono ben espressi nel documento vaticano, come ha ricordato il cardinale Kurt Koch, Presidente della Commissione per i rapporti religiosi con l’Ebraismo presentando il testo alla stampa.

“Tra gli obiettivi da perseguire, vi è però anche la collaborazione nel campo dell’esegesi, ovvero dell’interpretazione delle Sacre Scritture, che ebrei e cristiani hanno in comune. E ancora: “Un importante obiettivo del dialogo ebraico-cristiano consiste indubbiamente nell’impegno comune a favore della giustizia, della pace, della salvaguardia del creato e della riconciliazione in tutto il mondo” (n. 46). “Giustizia e pace non dovrebbero comunque essere concetti astratti nel dialogo, ma dovrebbero concretizzarsi in modo tangibile. La sfera sociale-umanitaria offre un ricco campo di attività, poiché sia l’etica ebraica che l’etica cristiana comprendono l’imperativo di assistere i poveri, i deboli e i malati” (n. 48). Il documento aggiunge poi che, nell’ambito della formazione delle giovani generazioni, ci si dovrebbe sforzare di rendere noti i risultati ed i progressi compiuti nel dialogo ebraico-cattolico. Infine, si fa riferimento all’antisemitismo: “Un altro importante obiettivo nel dialogo ebraico-cattolico consiste nella lotta comune contro ogni manifestazione di discriminazione razziale verso gli ebrei e contro ogni forma di antisemitismo” (n. 47)”.

Significativo anche che nella conferenza di presentazione in Vaticano del documento ci fossero il Rabbino David Rosen, Direttore dell’ American Jewish Committee e  Edward Kessler del Woolf Institute, di Cambridge. Proprio Kessler ha ricordato che in collaborazione con la Pontificia commissione si sta organizzando un incontro ristretto di Rabbini e teologi per il prossimo anno a Cambridge per studiare le più importanti sfide teologiche proposte nel documento.

Il Rabbino Rosen in particolare ha parlato della importanza dei gesti oltre che dei documenti. Ha ricordato i gesti dei Pontefici nel post Concilio e citato spesso la Evangelii gaudium di Papa Francesco.

Certo molte sono ancora la questioni aperte, ma si potrebbero definire “immanenti” e in questo senso più facilmente affrontabili come la revisione della preghiera per il venerdì santo nel rito straordinario alla beatificazione di Pio XII.

 

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