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Benedetto XVI e i Dottori della Chiesa

Funerali solenni di Benedetto XVI. Piazza San Pietro è gremita per rendere omaggio al Papa Emerito. Tanti sono gli striscioni, ma ce n'è uno che colpisce più di tutti per il suo messaggio diretto, sintetico: “Benedetto XVI dottore della Chiesa”. “Vox populi, vox Dei” scrivevano i latini. E a chiedere il conferimento di tale titolo per Benedetto XVI non c’è stato solo il popolo di fedeli:  infatti, poco dopo l’annuncio della morte, si è fatta subito strada anche nel mondo ecclesiastico l’ipotesi di vedere Benedetto XVI con un simile appellativo. “Spero che presto sia dichiarato dottore della Chiesa”, aveva auspicato l'ex presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco. A fargli eco, l'arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn: “Per me è un padre della Chiesa. Lo paragono a Sant’Agostino”. E Monsignor Guido Marini, cerimoniere per tanti anni a fianco di Benedetto XVI, oggi Vescovo di Tortona: “Preghiamo anche perché, come da tante parti, si dice, si chiede, si spera un giorno, presto, egli possa essere dichiarato Dottore della Chiesa”.

Se sarà proclamato Benedetto XVI Dottore della Chiesa non possiamo saperlo. Almeno per adesso.          Ciò che invece conosciamo è il suo pensiero teologico su quanti sono stati chiamati con tale titolo. Sino a oggi, in duemila anni di Storia, la Chiesa ha riconosciuto il titolo di “Dottore” a 37 figure. Tra queste ricordiamo, solo per citarne alcune: Sant'Ambrogio, Sant'Agostino, San Tommaso D'Aquino, San Giovanni Crisostomo; e fra le figure femminili,  Santa Teresa di Lisieux, Santa Teresa d’Avila e Santa Caterina da Siena. Durante il suo pontificato, Ratzinger in più occasioni si è soffermato su loro, offrendo ai fedeli spunti di riflessione di grande spessore e originalità.

Una delle figure più autorevoli della storia della Chiesa è, senza ombra di dubbio, la domenicana Santa Caterina da Siena, teologa e mistica, proclamata Dottore della Chiesa da Papa Paolo VI nel 1970. Riguardo a lei, Benedetto XVI, durante l’udienza di mercoledì 24 novembre 2010, si era pronunciato con queste parole: “Da santa Caterina noi apprendiamo la scienza più sublime: conoscere ed amare Gesù Cristo e la sua Chiesa. Nel Dialogo della Divina Provvidenza, ella, con un’immagine singolare, descrive Cristo come un ponte lanciato tra il cielo e la terra”. E di Santa Teresa di Lisieux, Dottore della Chiesa nel 1997 grazie a Papa Giovanni Paolo II, dirà: “Teresa è uno dei “piccoli” del Vangelo che si lasciano condurre da Dio nelle profondità del suo Mistero. Una guida per tutti, soprattutto per coloro che, nel Popolo di Dio, svolgono il ministero di teologi. Con l'umiltà e la carità, la fede e la speranza, Teresa entra continuamente nel cuore della Sacra Scrittura che racchiude il Mistero di Cristo” (Udienza generale del 6 aprile 2011). E per completare la triade delle figure femminili non si può non concludere se non con una delle menti e delle anime più sublimi, la carmelitana Santa Teresa d’Avila, la prima donna a essere proclamata Dottore della Chiesa. Fu Papa Paolo VI a conferirle tale titolo il 27 settembre 1970. Benedetto XVI, grande estimatore della santa spagnola, dirà nel 2011: “Per Teresa la vita cristiana è relazione personale con Gesù, che culmina nell'unione con Lui per grazia, per amore e per imitazione. Da ciò l'importanza che ella attribuisce alla meditazione della Passione e all'Eucaristia, come presenza di Cristo, nella Chiesa, per la vita di ogni credente e come cuore della liturgia. Santa Teresa vive un amore incondizionato alla Chiesa” (Udienza generale del 2 febbraio 2011).

“Oltre che allo studio e all’insegnamento, Tommaso si dedicò pure alla predicazione al popolo.                  E anche il popolo volentieri andava ad ascoltarlo. Direi che è veramente una grande grazia quando i teologi sanno parlare con semplicità e fervore ai fedeli. Il ministero della predicazione, d’altra parte, aiuta gli stessi studiosi di teologia a un sano realismo pastorale, e arricchisce di vivaci stimoli la loro ricerca”: questo è il ritratto che il teologo bavarese riserva - in un discorso pronunciato durante l’udienza generale, il 2 giugno 2010 - al grande teologo San Tommaso d’Aquino, proclamato Dottore della Chiesa nel 1567. A San Crisostomo, Dottore della Chiesa nel 1568, Benedetto XVI dedica due catechesi e una lettera in occasione del XVI centenario della morte del santo (10 agosto 2007). In tale documento possiamo trovare questa interessante riflessione: “Per il Crisostomo, l’unità ecclesiale che si realizza in Cristo è testimoniata in modo del tutto peculiare nell’Eucaristia. Denominato “dottore eucaristico” per la vastità e la profondità della sua dottrina sul santissimo Sacramento, egli insegna che l’unità sacramentale dell’Eucaristia costituisce la base dell’unità ecclesiale in e per Cristo”.

Una vera e propria predilezione è sempre stata riservata a Sant’Agostino, fin dai tempi dell’università a Monaco: sarà proprio con una dissertazione sul rapporto fra popolo di Dio e corpo di Cristo in Agostino che nel 1953 Ratzinger conseguirà il titolo accademico in teologia. E sarà sempre il Santo d’Ippona a ispirare la sua prima Lettera Enciclica, la Deus caritas est (2005) dedicata all’amore cristiano. Lo stesso suo stemma pontificio - è interessante ricordare - conteneva al suo interno un riferimento alla leggenda dell’incontro tra un giovane e il Santo d’Ippona: una conchiglia, infatti, è ben evidente, chiara allusione al giovane che cercava di mettere tutta l’acqua del mare in una conchiglia. Sant’Agostino grazie a questo episodio comprese il suo inutile sforzo di tentare di far entrare l'infinità di Dio nella limitata mente umana. Al Santo d’Ippona, Benedetto XVI, dedicherà quattro udienze generali oltre a diversi riferimenti in tante omelie e discorsi. Del Santo d’Ippona dirà: “Tutto l'itinerario intellettuale e spirituale di sant'Agostino costituisce un modello valido anche oggi nel rapporto tra fede e ragione, tema non solo per uomini credenti ma per ogni uomo che cerca la verità, tema centrale per l'equilibrio e il destino di ogni essere umano. Queste due dimensioni, fede e ragione, non sono da separare né da contrapporre, ma piuttosto devono sempre andare insieme. Come ha scritto Agostino stesso dopo la sua conversione, fede e ragione sono “le due forze che ci portano a conoscere” (Udienza generale del 30 gennaio 2008).

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