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Un servizio di EWTN News

Papa Francesco, un pontificato nuovo in continuità con la tradizione

“Deformata reformare, reformata conformare, conformata confirmare e confirmata transformare”. Sono parole di Sant’ Ignazio di Loyola che Papa Francesco nel suo pontificato ha tenuto sempre nel cuore per il suo lavoro di “riforma” della Curia. Uno dei motivi per cui era stato eletto. Forse il piu significativo. Un cardinale che di Curia Romana in effetti sapeva ben poco e che aveva anche rifiutato di farne parte quando, sotto il pontificato di Benedetto XVI, era stato chiamato a diventare prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica.

Jorge Mario Bergoglio, gesuita, cardinale arcivescovo di Buenos Aires, alla fine è sempre stato uno dei principali critici del relativismo morale e per quel che riguarda la morale sessuale si è sempre schierato su posizioni d’assoluta ortodossia. Se a Roma era conosciuto come prudente difensore dell’ortodossia, uomo moderato e di sentimenti romani, in patria è accostato alle posizioni liberazioniste di una povertà ostentata e a tratti demagogica.

Poi nelle riunioni pre conclave del 2013 sembrava dai sui interventi che fosse per lui chiaro che fare, ed ecco la scelta degli altri cardinali.

Ma certo la riforma più significativa che forse è riuscita a Francesco alla fin fine è quella dei cuori. Alla luce della severa spiritualità ignaziana. E chi ha confuso il tipico tratto latinoamericano, popolare e forse populista, con l’essere “progressista” secondo categorie europee, è rimasto alla fine deluso.

La volontà di riforma di Francesco si è intrecciata ovviamente con il Magistero. Senza alterare la dottrina cattolica.

Dal Sinodo sulla famiglia alla commissione sul diaconato femminile è sembrato che Francesco avrebbe “cambiato la dottrina”. Ma non è stato così. Alla fine si è trattato solo di un diverso atteggiamento pastorale. Anzi apostolico. Anche in questo caso Francesco è stato perfettamente ignaziano.

Le sue encicliche sono testi lunghi e improntanti a quello stile latino americano che richiede sempre un "esempio concreto".

Uno dei temi centrali anche per la Curia di Francesco è stato quello  dello sviluppo umano integrale, carissimo al Papa che ha sempre messo al centro della sua attenzione i rifugiati, gli immigrati, i senza tetto combattendo la “cultura dello scarto”.

Un tema legato alla quesitone ambientale con la Enciclica Laudato sì che trova quasi un compimento per la “ecologia umana” nella “Fratelli tutti” dedicata propio alla fraternità universale.

Un cambio significativo anche nella comunicazione quello di Francesco con un nuovo dicastero che non ha avito vita facile e un modo di comunicare ben diverso dai precedenti.

E soprattutto nel suo stile. Di lui tutti abbiamo in mente le immagini e magari molto meno le parole.

Così come lo stile dei viaggi. Spesso decisi o rimandati senza troppa preparazione, sempre centrati sulle questioni che sono care al Papa, sempre alla "periferia".  Niente Europa se non per qualcosa di istituzionale, nessun grande paese ma piuttosto paesi dove i cristiani sono minoranza e spesso minoranza perseguitata.

Anche il rapporto con la liturgia è squisitamente ignaziano. Poca attenzione alla forma e quindi anche poca comprensione di chi nella forma vede la sostanza.

Molti commentatori hanno messo in evidenza la lotta agli abusi contro i minori da parte del clero. Ma anche in questo Francesco ha seguito semplicemente la strada indicata da Benedetto. E ha saputo "comunicare" di più le sue iniziative.

E proprio il rapporto delicato con Benedetto XVI, il primo papa emerito, è stato significativo.

Non che lavorassero insieme, ma almeno all'inizio Francesco condivideva molto con il teologo tedesco.

Certo nel tempo il rapporto è cambiato, non nel rispetto e nell'affetto, ma Francesco ha fatto sempre più a meno della opinione del predecessore, come è giusto che sia.

Ma nel Magistero a bene vedere non ci sono cambiamenti. Più che altro c'è lo stile che tra un teologo e un pastore non può ovviamente che essere diverso.

Lotta al relativismo, che Francesco chiama autoreferenzialità, centralità della "carità" che Francesco chiama "misericordia", sono declinazioni diverse di uno stesso principio.

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