Città del Vaticano , 11 March, 2023 / 11:00 AM
In un inaspettato stravolgimento di eventi, il promotore di Giustizia vaticano ha presentato una serie di tre lettere tra il Papa e il Cardinale Angelo Becciu, risalenti al luglio del 2021. Si tratta di due lettere del Papa e una del Cardinale Becciu in cui si discute delle indagini vaticane, e che non possono essere lette se non alla luce della telefonata tra il Papa e il Cardinale Becciu dello stesso periodo, registrata dal Cardinale.
Le carte sono state presentate dal promotore di Giustizia vaticano alla 50esima udienza del processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, che si è tenuta il 9 marzo scorso.
Il processo
Il processo include almeno tre filoni di indagini: quelle riguardanti l’investimento della Segreteria di Stato in un immobile di lusso a Londra nel 2013; quelle riguardanti le accuse di peculato nei confronti del Cardinale Becciu perché avrebbe, al tempo in cui era sostituto della Segreteria di Stato vaticana, donato soldi della Segreteria di Stato alla Caritas della sua diocesi diretta dal fratello; e quelli riguardanti invece l’assunzione come consulente di Cecilia Marogna, che avrebbe – secondo l’accusa – utilizzato il denaro a lei destinato dalla Segreteria di Stato per pagare un riscatto per uso personale.
Il Cardinale Becciu è stato coinvolto solo all’inizio dell’investimento della Segreteria di Stato nell’immobile di Londra, mentre successivamente aveva lasciato il suo posto di sostituto della Segreteria di Stato per diventare prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi nel 2018.
L’investimento sulle quote dell’immobile di Londra era nato dopo che la Segreteria di Stato aveva valutato e scartato la possibilità di investire nelle quote di una compagnia di estrazione petrolifera in Angola. Becciu non era già più sostituto quando la Segreteria di Stato aveva deciso di spostare la gestione delle quote dal broker Raffaele Mincione al broker Gianluigi Torzi. Quest’ultimo aveva tenuto per se le uniche mille azioni con diritto di voto, avendo così il controllo totale dell’immobile.
La Segreteria di Stato aveva dunque deciso di acquisire l’immobile, e per questo aveva pagato l’acquisto delle quote a Torzi, per un prezzo che i magistrati considerano frutto di estorsione, e aveva poi cercato di rinegoziare il mutuo che gravava sull’immobile con l’aiuto dell’Istituto delle Opere di Religione.
Questo aveva prima accettato di aiutare la Segreteria di Stato e poi si era tirato indietro, lamentando delle opacità nell’affare e facendo scattare l’indagine del Revisore Generale della Santa Sede che ha portato al processo in corso.
Per quanto riguarda la cosiddetta “vicenda Sardegna”, Becciu è accusato di aver favorito una cooperativa legata alla Caritas della diocesi di Ozieri, e diretta dal fratello, cui ha fatto avere una donazione di 100 mila euro dalla Segreteria di Stato. Quei fondi erano destinati alla ricostruzione di un panificio, che era una delle opere della cooperativa, e sono, a quanto si è appurato, ancora vincolati nel conto della Caritas.
Infine, c’è la questione di Cecilia Marogna, che era stata ingaggiata dalla Segreteria di Stato come consulente e utilizzata in alcune operazioni per la liberazione di religiosi presi in ostaggio. In particolare, Marogna avrebbe fatto da intermediario per la liberazione di Suor Cecilia Narvaez, la suora colombiana che era stata rapita in Mali nel 2017 e liberata nel 2021. In realtà, il ruolo di Marogna è incerto in questa liberazione, mentre è reale il trasferimento di denaro della Segreteria di Stato per pagare il riscatto.
Becciu, su questa vicenda, ha sempre cercato di frapporre il segreto pontificio, considerando che l’operazione era stata autorizzata dal Papa e anche che la notizia della disponibilità a pagare un riscatto avrebbe potuto essere utilizzata a svantaggio della Santa Sede.
Sono tutti dati che servono a comprendere nel dettaglio la corrispondenza prodotta durante il processo.
Le lettere tra Becciu e il Papa
Il promotore di Giustizia Alessandro Diddi ha ottenuto le lettere direttamente dalla “sovrana autorità”, cioè Papa Francesco. Il promotore aveva appreso della corrispondenza leggendo gli atti di una indagine della procura di Sassari in Italia sulla cooperativa Spes, ottenuti tramite rogatoria internazionale.
La prima lettera è di Papa Francesco ed è del 21 luglio 2021, e risponde ad una lettera del 20 luglio di quello stesso anno di Becciu. Non era ancora cominciato il processo vaticano, e il Cardinale chiedeva al Papa di confermare sia di aver dato l’ok all’investimento nell’immobile di Londra e in particolare alla proposta di acquisto dell’onorevole Giancarlo Innocenti Botti (offerta che avrebbe permesso alla Santa Sede di vendere l’immobile su cui gravava un mutuo) sia di confermare il segreto pontificio sulla vicenda Marogna.
In uno stile che sembra più legale che di Papa Francesco, il Papa scrive che la lettera di Becciu lo ha sorpreso, che non vuole entrare nel merito né delle affermazioni del cardinale che delle strategie processuali, ma che ci teneva a sottolineare che la proposta di acquisto dell’immobile di Londra “mi parve subito strana per i contenuti, le forme ed i tempi scelti; al punto che, non disponendo di altri elementi di valutazione, suggerii che si procedesse ad una previa consultazione del Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, e di padre Juan Antonio Guerrero Alves, prefetto della SPE, per gli approfondimenti di rispettiva competenza”.
Il Papa scriveva poi che la sua iniziale perplessità si rafforzò ulteriormente “quando compresi che l’iniziativa in questione era, tra l'altro, indirizzata ad interferire, con effetti ostativi, con le indagini dell'Ufficio del Promotore di Giustizia”. Da qui il pronunciamento “in senso negativo”.
Papa Francesco scrive anche che non esiste segreto pontificio sulla vicenda della Marogna, vicenda – scrive – caratterizzata da due situazioni. “La prima – si legge nella lettera - concerne attività istituzionali svolte da persone competenti e di indubbia professionalità nell’ambito dei rispettivi ruoli; la seconda, come Lei sa bene, caratterizzata da estemporanei ed incauti affidamenti di risorse finanziarie distratte dalle finalità tipiche e destinate, secondo le tesi accusatorie, a soddisfare personali inclinazioni voluttuarie”.
Per questo, conclude il Papa, non ci può essere segreto pontificio.
La telefonata al Papa e la nuova lettera
Il 24 luglio, il Cardinale Becciu telefona a Papa Francesco. La registrazione delle telefonata è anche questa finita negli atti delle indagini italiane. Nella telefonata, Becciu lamenta che la lettera del 21 luglio è come una condanna, chiede di annullarla, sottolinea che quella lettera prende in pratica la linea delle tesi dell’accusa. Becciu addirittura dice al Papa che è “mancato il padre”, che il tono della lettera era “tutto giuridico.
Becciu chiede al Papa se ricorda di avergli dao “l’autorizzazione per liberare la suora” e poi dice al Papa che gli basterebbe che lui dichiarasse di averlo autorizzato a fare certe operazioni. Il Papa risponde chiedendo di inviare per iscritto “delle spiegazioni e cosa vorrebbe che io scrivessi”.
Da qui la lettera del Cardinale del 24 luglio, in cui ringrazia il Papa per la telefonata, e dice di aver sentito Francesco “come un vero Padre disposto ad ascoltare la pena di un figlio”.
In allegato, il Cardinale pone due dichiarazioni che vorrebbe il Papa sottoscrivesse: una in cui il Papa confermava di aver dato luce verde a “procedere per la liberazione di suor Gloria Narvàez Argoti” e che autorizzò l’allora sostituto “a recarsi a Londra per contattare un’agenzia specializzata in intermediazione”, nonché di aver “approvato la somma necessaria per pagare gli intermediari e quella fissata per il riscatto”.
(La storia continua sotto)
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Quanto alla questione del palazzo di Londra Becciu si appellava al Pontefice perché affermasse che aveva ritenuto “la proposta interessante”.
Infine, il Cardinale Becciu chiedeva al Papa di dichiarare di “non tener conto della letetra del 21 luglio”. E poi aggiungeva comunque di sentirsi legato al Stato per la vicenda di suor Narvaez per “ragioni di sicurezza internazionale”, chiedendo comunque al Papa se invece lo voleva sciogliere dal segreto e reso libero di rispondere a qualsiasi domanda. Il Papa ha poi liberato Becciu dal segreto.
L’ultima lettera di Papa Francesco
Il 26 luglio, Papa Francesco risponde di nuovo. Dice che non aveva chiarito la sua “posizione negativa” sulle dichiarazioni che invece il cardinale voleva sottoscrivesse.
“Evidentemente e sorprendentemente, sono stato da Lei frainteso”, afferma. Il Pontefice ribadisce che sull’opposizione del vincolo di segretezza, “l’affidamento di denaro ad un intermediatore, per gli aspetti opachi emersi secondo la tesi accusatoria, non può essere coperto da Segreto di Stato per ragioni di sicurezza, né suscettibile di apposizione del segreto pontificio”.
“Mi duole comunicarle – aggiunge - di non poter dar seguito alla Sua richiesta di dichiarare formalmente ‘nulla’ e quindi di ‘non tener conto’ della lettera che le avevo scritto”.
Le testimonianze della Gendarmeria
L’udienza del 9 marzo ha visto anche sul banco dei testimoni il comandante della Gendarmeria Gianluca Gauzzi Broccoletti e il commissario Stefano De Santis, che aveva tra l’altro guidato le indagini. I due sono stati chiamati a chiarire le circostanze di una visita da loro fatta al cardinale il 3 ottobre 2020. Il cardinale aveva infatti lamentato con Gauzzi Broccoletti l’intensa campagna stampa contro di lui.
I due gendarmi - ha detto il comandante – parlarono con il Cardinale nel suo appartamento per circa una ora e mezza. Secondo Gauzzi Broccoletti, Becciu si mostrò distaccato su tutti i temi, tranne quando si toccò la vicenda Marogna. Il Cardinale, secondo le ricostruzioni del comandante, si mise le mani sul viso e disse: “‘Se esce questa cosa, sarà un grave danno per me e per i miei familiari”. Il Cardinale aveva comunque “espresso la volontà di rifondere la somma utilizzata da Cecilia Marogna con una sua dazione volontaria su un conto corrente Ior”. Il comandante ha assicurato inoltre che mai disse a Becciu di tenere segreto l’incontro.
Il Cardinale Becciu ha poi replicato alla testimonianza di Gauzzi Broccoletti, ribandendo che il comandante gli aveva chiesto di mantenere riservato il loro incontro. “Mi disse anche – ha aggiunto il Cardinale - che il truffato ero io e non era giusto che mi facessi carico di pagare spese personali fatte da Marogna. Non è vero che mi sono scaldato solo per la questione Marogna. Certamente mi sono mostrato preoccupato perché era un segreto che dovevamo mantenere”.
Le prossime tappe
Il 16 marzo, sarà sentito l’arcivescovo Edgar Pena Parra, attuale sostituto della Segreteria di Stato. Pena Parra ha già spiegato nei dettagli la sua posizione in un lungo memoriale di una venina pagine, con quasi duecento pagine di documentazione allegata.
Nel memoriale il sostituto mette in luce un sistema a lui preesistente, racconta circostanze che dimostrano le sue affermazioni, riferisce che spesso le decisioni gli venivano fatte prendere in urgenza proprio per indirizzare verso alcuni scenari già predestinati, e difende le sue decisioni nel proteggere l’investimento di Londra, lamentando anche la mancanza di assistenza da parte dello IOR. Soprattutto, fa notare che il Papa era stato informato di tutto.
La sua testimonianza sarà cruciale per comprendere in che modo il processo proseguirà.
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