Milano, 06 March, 2023 / 2:00 PM
La storia della vita di padre Ezio Soroldoni rappresenta una pagina religiosa e culturale italiana.
Sacerdote della Congregazione del Sacro Cuore di Gesù di Betharram, fondata in Francia da San Michele Garicoits, vi compì tutti gli studi fino a giungere al sacerdozio.
Nato l’8 novembre 1932 a Rho, nel milanese, ed entrato ancora adolescente nel seminario minore di Colico sul lago di Como, spira tragicamente nel lago di Lugano a causa di un incidente. È il 22 luglio 1964.
La biografia del presbitero mostra la linearità della propria vita: noviziato e professione religiosa l’8 dicembre 1953, ordinato sacerdote nel duomo di Milano il 25 febbraio 1956.
Padre spirituale dei giovani seminaristi ad Albiate, allora sede del seminario maggiore della propria famiglia religiosa, da molti è ricordato per il grande senso di umanità e di forte adesione al vangelo.
Nella struttura formativa oltre alla dimensione spirituale fu anche professore di filosofia, trasmettendo non solo le nozioni ma quel modo di saper riflettere sul grande senso della trascendenza che in lui fu Dio.
Innamorato della musica, abile pianista amava la musica, come sede di quella bellezza trovata nella fede.
Come religioso fu definito di grande vita interiore e di preghiera.
Dopo la morte si scopriranno i suoi versi scritti su un piccolo quaderno, come si usava un tempo.
La poetica di padre Soldoni è speciale e si inarca sul cammino dell’esistenza, lasciando trapelare il sole di quell’umanità che fa da sfondo al proprio animo.
Una tensione mistica abita quelle parole, illuminando la strada sulle difficoltà della vita e sul cammino ascetico verso Cristo.
Poche parole aprono spazi verso quella donazione che nel religioso fu amore al prossimo: Cristo, mio fratello diventato folla (Corpo mistico, Ezio Soroldoni, Ciò che mi possiede, Milano, Ancora 2015, pag. 72).
Le sue poesie trattano di vari temi a sfondo personale e spirituale filtrando la fede con quel quotidiano che alle volte brucia e provoca dolore.
Tra queste si ricorda la poesia Venerdì Santo. Tra il chiaro scuro delle sofferenze del Messia, brilla la croce come strumento di redenzione e salvezza per l’umanità.
Dal mio calendario i giorni
in fuga sono scomparsi
dentro la monotonia nuova della vita che nasce dalla morte: ogni giorno è Venerdì̀ Santo.
Sul calvario della terra una croce di luce
ha scavato le tenebre:
e negli argini dell’eterno il tempo dell’uomo
ha ritrovato il suo Mare.
(Ezio Soroldoni, Ciò che mi possiede, Milano, Ancora 2015, pag. 70).
Una vita profonda e ricca - seppur interrotta a soli trentadue anni - mostra l’itinerario del poeta incontro a Cristo amato e fedelmente vissuto nella scelta religiosa e sacerdotale.
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