Kinshasa, 02 February, 2023 / 10:30 AM
Presso lo Stadio dei Martiri di Pentecoste a Lingwala, Kinshasa, il Papa incontra i giovani e i catechisti della Repubblica Democratica del Congo. Un incontro intenso, un vero momento di festa, caratterizzato da balli tradizionali e testimonianze.
Lo stadio prende il nome da quattro politici - Jerome Anany, Emmanuel Bamba, Alexander Mahamba e Evariste Kimba -, che furono impiccati il 1° giugno 1966 nella zona dove sorge l’impianto, perché accusati di cospirazione contro il dittatore Mobutu. Ha una capacità di 80 mila posti e viene utilizzato principalmente per incontri internazionali, eventi sportivi o culturali.
Dopo l’indirizzo di benvenuto del Presidente della Commissione Episcopale per i Laici, Mons. Timothée Bodika Mansiyai, che racconta le difficoltà dei giovani in Congo, dopo le testimonianze di un giovane, di un catechista e l’esecuzione di un ballo tradizionale, il Papa pronuncia il suo discorso. Sono circa 65.000 le persone presenti, come conferma la Sala Stampa della Santa Sede.
Il Papa invita i giovani a guardare le proprie mani. "Aprite i palmi delle mani, fissateli con gli occhi. Amici, Dio ha messo nelle vostre mani il dono della vita, l’avvenire della società e di questo grande Paese. Fratello, sorella, le tue mani ti sembrano piccole e deboli, vuote e inadatte per compiti così grandi? Vorrei farti notare una cosa: tutte le mani sono simili, ma nessuna è uguale all’altra".
"A che cosa servono queste mie mani? - domanda il Pontefice ai giovani e ai catechisti - A costruire o a distruggere, a donare o ad accaparrare, ad amare o ad odiare? Vedi, puoi stringere la mano e chiuderla, diventa un pugno; oppure puoi aprirla e metterla a disposizione di Dio e degli altri".
Il Papa poi suggerisce alcuni “ingredienti per il futuro”. Cinque, come le dita della mano.
Al pollice, il dito "più vicino al cuore", "corrisponde la preghiera, che fa pulsare la vita". Per Papa Francesco "la preghiera è il primo ingrediente, quello fondamentale, perché da soli non ce la facciamo. Non siamo onnipotenti e, quando qualcuno crede di esserlo, fallisce miseramente. È come un albero sradicato: anche se grande e robusto, non si regge in piedi da solo. Ecco perché bisogna radicarsi nella preghiera, nell’ascolto della Parola di Dio, che ci permette di crescere ogni giorno in profondità".
Racconta a Gesù "del tuo quartiere, dei vicini, degli insegnanti, dei compagni, degli amici e dei colleghi; del tuo Paese. Dio ama questa preghiera viva, concreta, fatta col cuore", suggerisce il Papa.
Guardiamo al secondo dito, l’indice. "Con esso indichiamo qualcosa agli altri. Gli altri, la comunità. Pensate alla droga: ti nascondi dagli altri, dalla vita vera, per sentirti onnipotente; e alla fine ti ritrovi privo di tutto. Ma pensate anche alla dipendenza dall’occultismo e dalla stregoneria, che rinchiudono nei morsi della paura, della vendetta e della rabbia. E guardatevi dalla tentazione di puntare il dito contro qualcuno, di escludere qualcuno l’altro perché è di un’origine diversa dalla vostra, dal regionalismo, dal tribalismo, che sembrano rafforzarvi nel vostro gruppo e invece rappresentano la negazione della comunità".
Il Papa durante durante il discorso fa prendere le mani del vicino, per sentirsi un'unica Chiesa e un unico popolo. Infine canta anche una canzone con i 65.000 presenti. "Sì, sei indispensabile e responsabile per la tua Chiesa e per il tuo Paese; appartieni a una storia più grande, che ti chiama a essere protagonista: creatore di comunione, campione di fraternità, indomito sognatore di un mondo più unito", dice il Papa.
"In questa avventura non siete soli: la Chiesa intera, sparsa in tutto il mondo, tifa per voi. È una sfida difficile? Sì, ma è una sfida possibile", commenta il Pontefice.
Arriviamo al dito centrale. "È l’ingrediente fondamentale per un futuro che sia all’altezza delle vostre aspettative. È l’onestà!", dice Francesco.
Poi un racconto in particolare del Papa. "Mi viene in mente la testimonianza di un giovane come voi, Floribert Bwana Chui: quindici anni fa, a soli ventisei anni, venne ucciso a Goma per aver bloccato il passaggio di generi alimentari deteriorati, che avrebbero danneggiato la salute della gente. Poteva lasciare andare, non lo avrebbero scoperto e ci avrebbe pure guadagnato. Ma, in quanto cristiano, pregò, pensò agli altri e scelse di essere onesto, dicendo no alla sporcizia della corruzione. Questo è mantenere le mani pulite, mentre le mani che trafficano soldi si sporcano di sangue. Io vorrei dire una cosa importante: state attenti, se qualcuno vi allungherà una busta, vi prometterà favori o ricchezze, non fatevi ingannare".
Siamo al quarto dito, l’anulare. "Lì si mettono le fedi nuziali. Ma, se ci pensate, l’anulare è anche il dito più debole, quello che fa più fatica ad alzarsi. Ci ricorda che i grandi traguardi della vita, l’amore anzitutto, passano attraverso fragilità, fatiche e difficoltà. Ma, nelle nostre fragilità, nelle crisi qual è la forza che ci fa andare avanti? Il perdono.", commenta Papa Francesco che chiede anche un minuto per pensare a tutti coloro che ci hanno offeso e dare loro il perdono.
Siamo all’ultimo dito, il più piccolo. "Tu potresti dire: sono poca cosa e il bene che posso fare è una goccia nel mare. Ma è proprio la piccolezza, il farsi piccoli che attira Dio. C’è una parola chiave in questo senso: servizio. Chi serve si fa piccolo".
"Non scoraggiatevi mai", Francesco lo ripete più volte e conclude così il suo discorso molto partecipato.
Il Papa si prepara ad incontrare in Nunziatura il Primo Ministro Jean-Michel Sama Lukonde Kyenge con i familiari.
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