Città del Vaticano , 02 December, 2015 / 12:28 AM
“Ci saranno tanti gesti che si faranno, ma un venerdì di ogni mese farò un gesto diverso”. Papa Francesco parla in una intervista con il settimanale Credere del Giubileo della Misericordia, e delle ragioni che lo hanno portato a sceglierlo. Ribadisce che la Chiesa è “un ospedale da campo”, che “questo è il momento della misericordia”, e chiede “una rivoluzione della tenerezza”, un concetto – rivela – che ha nel cuore da tempo, e che utilizzò in un sinodo nel 1994, quando pure “un padre sinodale mi disse che non conveniva utilizzare quel linguaggio” e “mi diede spiegazioni anche ragionevoli”, ma che lui continua pensare che sia questo il linguaggio da utilizzare.
Prima di tutto, Papa Francesco spiega perché un Giubileo della misericordia. Spiega che il tema della misericordia è diventato sempre più importante a partire da Paolo VI, ha avuto straordinari accenti con l’enciclica di San Giovanni Paolo II Dives in Misericordia e con l’istituzione della Festa della Divina misericordia, e dunque “non è venuto in mente a me, ma riprendo una tradizione relativamente recente, sebbene sempre esistita. E mi sono reso conto che occorreva fare qualcosa e continuare questa tradizione”.
“Non è stata una strategia: mi è venuto da dentro. Lo Spirito Santo vuole qualcosa. È ovvio che il mondo di oggi ha bisogno di misericordia, ha bisogno di compassione, ovvero di patire con. Siamo abituati alle cattive notizie, alle notizie crudeli e alle atrocità più grandi che offendono il nome e la vita di Dio”, afferma il Papa.
Insomma, “il mondo ha bisogno di scoprire che Dio è padre, che c’è misericordia”, e “a volte la Chiesa stessa cade nella tentazione di seguire una linea dura, nella tentazione di sottolineare solo le norme morali… ma quanta gente resta fuori!”
Ribadisce che per lui la Chiesa è “ospedale da campo.” “Quanta gente ferita e distrutta! I feriti vanno curati, aiutati a guarire, non sottoposti a delle analisi per il colesterolo”, dice il Papa. E descrive l’Anno della Misericordia con una immagine mentre “si sta attuando un sacrilegio contro l’umanità” con traffico di armi, assassinio di innocenti, sfruttamento delle persone, “il Padre dice: ‘Fermatevi e venite da me’”.
Il Papa stesso si sente “un peccatore al quale il Signore ha guardato con misericordia”, e ricorda che ha sperimentato la misericordia di Dio quando aveva 17 anni, il 21 settembre 1953, ed era “niente di più” di un cattolico praticante che andava a partecipare alla festa della primavera e dello studente in Argentina, ma “lungo la strada per la stazione ferroviaria di Flores, passai vicino alla parrocchia che frequentavo e mi sentii spinto ad entrare” e poi “avvertii il bisogno di confessarmi” e ne uscii diverso, cambiato” e “tornai a casa con la certezza di dovermi consacrare”. Da qui anche il suo motto “miserando atque eligendo”, con un gerundio “che non esiste” in spagnolo o italiano, che significa “misericordiando e scegliendo”.
Per Papa Francesco, il Giubileo della misericordia può far scoprire “la maternità di Dio”, anche se “sembra un linguaggio un po’ eletto”, e per questo preferisce usare “la tenerezza, propria di una mamma, la tenerezza di Dio. La tenerezza nasce dalle viscere paterne. Dio è padre e madre”.
Scoprire la tenerezza di Dio, per il Papa, ci “porterà ad avere un atteggiamento più tollerante, più paziente, più tenero”. E fa l’esempio di un imprenditore che “se assume un impiegato da settembre a luglio, non fa la cosa giusta, perché lo congeda per le vacanze a luglio per poi riprenderlo con un nuovo contratto, e in questo modo il lavoratore non ha diritto all’indennità, né alla pensione, né alla previdenza sociale”. È lì che “l’imprenditore non mostra tenerezza, ma tratta l’impiegato come un oggetto.” Invece, se “ci si mette nei panni di quella persona, invece di pensare alle proprie tasche per qualche soldo in più, allora le cose cambiano”.
Il Papa poi spiega il suo rapporto con i malati, gli anziani: “Quando li vedo, mi viene spontanea una carezza. È un gesto che può essere interpretato ambiguamente, ma è il primo gesto che fanno la mamma e il papà con il bambino appena nato”.
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