Città del Vaticano , 28 December, 2022 / 12:05 AM
Un santo per il cambiamento di epoca, attraverso il quale riscoprire il criterio di discernere attraverso l’amore di Dio e ritornare ad una vita pienamente cristiana. Nel quattrocentenario della morte di San Francesco di Sales, Papa Francesco scrive una lettera apostolica per ricordare il santo di Annecy, vescovo di Ginevra in esilio per venti anni, ma soprattutto ispiratore di un metodo che lui stesso definiva tutto nuovo, e che portò Giovanni Paolo II a definirlo un “dottore dell’amore di Dio”.
In undici pagine, metà delle quali sono costituite di note biografiche e citazioni delle opere catechetiche di San Francesco di Sales, Papa Francesco tratteggia un profilo del santo patrono dei giornalisti e sottolinea di aver trovato “illuminanti la sua duttilità e capacità di visione” in quello che era al tempo “un cambiamento dei tempi” che aveva riconosciuto nitidamente, mostrando come “la Parola che aveva amato fin dalla sua giovinezza era capace di farsi largo, aprendo nuovi e imprevedibili orizzonti, in un mondo in rapida transizione”.
E Papa Francesco nota che questo ci “ci attende come compito essenziale anche per questo nostro passaggio d’epoca: una Chiesa non autoreferenziale, libera da ogni mondanità ma capace di abitare il mondo, di condividere la vita della gente, di camminare insieme, di ascoltare e accogliere”.
Una immagine che Papa Francesco ama riprendere è quella degli uccelli apodi, cioè uccelli che hanno zampe così piccole che non possono poggiarsi a terra perché altrimenti non avrebbero la forza di volare di nuovo, a meno che non venga una brezza di vento che li aiuti nel decollo. “Così – nota Papa Francesco - è l’uomo: fatto da Dio per volare e dispiegare tutte le sue potenzialità nella chiamata all’amore, rischia di diventare incapace di spiccare il volo quando cade a terra e non acconsente a riaprire le ali alla brezza dello Spirito”.
Il Papa nota che “la forza di Dio non smette di essere assolutamente capace di restituire il volo e, tuttavia, la sua dolcezza fa in modo che la libertà del consenso ad esso non sia violata o inutile. Spetta all’uomo alzarsi o non alzarsi”.
Papa Francesco poi si sofferma su un tema a lui caro, quello della devozione, perché anche ai tempi di San Francesco di Sales “il nuovo passaggio d’epoca aveva sollevato, in merito, non pochi interrogativi. In particolare, due aspetti chiedono di essere compresi anche oggi e rilanciati. Il primo riguarda l’idea stessa di devozione, il secondo, il suo carattere universale e popolare”.
E se sull’idea stessa di devozione va distinta una devozione vera dalle molte devozioni false, sulla questione universale San Francesco di Sales mette in luce come la devozione non possa essere la stessa.
Infine, la descrizione dell’estasi dell’azione e della vita, che ha due precisazioni importanti. La prima, che riguarda un criterio efficace per il discernimento della verità mette in luce come “se da un lato tale estasi comporta un vero e proprio uscire da sé stessi, dall’altro questo non significa un abbandono della vita. È importante non
dimenticarlo mai, per evitare pericolose deviazioni. In altre parole, chi presume di elevarsi verso Dio, ma non vive la carità per il prossimo, inganna sé stesso e gli altri”. Lo stesso San Francesco di Sales sottolinea che la vita contemplativa è superiore solo se porta frutti, ma se invece porta più frutti la vita attiva è da preferire.
Ma l’estasi ha anche una sorgente profonda, che San Francesco di Sales “lega sapientemente all’amore manifestato dal Figlio incarnato”.
Insomma, è l’amore il criterio di un buon discernimento, perché “se l’uomo pensa con un po’ di attenzione alla divinità, immediatamente sente una qual dolce emozione al cuore, il che prova che Dio è il Dio del cuore umano”.
Per San Francesco di Sales, allora, non c’era “posto migliore per trovare Dio e aiutare a cercarlo che nel cuore di ogni donna e uomo del suo tempo. Lo aveva imparato osservando con fine attenzione sé stesso, fin nella sua prima giovinezza, e scrutando il cuore umano”.
E così, malgrado San Francesco di Sales “non abbia mai preteso di elaborare un vero e proprio sistema teologico, la sua riflessione sulla vita spirituale ha avuto una eminente dignità teologica”.
Una teologia che si basa su vita spirituale e vita ecclesiale, e che superava le dispute di scuola della sua epoca. “Il mondo – scriveva - sta divenendo così delicato, che fra poco non si oserà più toccarlo, se non con guanti di velluto, né medicare le sue piaghe, se non con impiastri di cipolla; ma che importa, se gli uomini vengono guariti e, in definitiva, vengono salvati? La nostra regina, la carità, fa tutto per i suoi figli”.
La carità intesa come amore, come risposta alla crisi. È probabilmente il tratto che Papa Francesco ha scorto come decisivo nella biografia del vescovo di Ginevra.
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