Milano, 15 October, 2022 / 2:00 PM
Mente creativa, spirito letterario accompagnato da umanità profonda; studioso e appassionato del melodramma; critico di letteratura italiana e straniera; uomo dalle mille sfaccettature al pari di un policromo variopinto; ma soprattutto, e prima di tutto, sacerdote vicino ai giovani, un uomo di Dio che ha vissuto la sua missione con una forza, un coraggio, una perseveranza, difficilmente eguagliabili. E’ don Luigi Giussani, il fondatore della comunità di Comunione e Liberazione (1954), del quale, oggi, ricorre il centesimo anniversario della sua nascita.
C’è un vecchio adagio popolare che dice: “Dimmi che libri leggi e ti dirò chi sei”. E di libri, don Giussani, ne aveva letti tanti, anzi tantissimi: pietre miliari del suo cammino spirituale e terreno; tappe che rappresentavano non solo un accrescimento personale della cultura letteraria e poetica, ma un “qualcosa” da dover condividere con gli altri: la cultura è anche fraternità. Nascono così le sue letture-conferenze pubbliche - tenute nelle università o durante i ritiri spirituali di Comunione e Liberazione - sui grandi autori della letteratura di tutti i tempi; meditazioni, poi, racchiuse in Le mie letture, volume edito nel 1996 dalla casa editrice Rizzoli, per la collana (diretta dallo stesso sacerdote) dal titolo I libri dello spirito cristiano.
Affascina come don Giussani riesca a percorrere, in queste sue letture, itinerari letterari di autori così distanti tra loro sia cronologicamente, sia per tematiche; autori come Claudel e Péguy, Leopardi, Pascoli, Montale, fino ad arrivare a T.S. Eliot - grazie alla sua attenta lettura critica - riescono a convergere in un unico punto d'incontro: la presenza di Gesù Cristo in tutti gli uomini. Ma non mancano anche alcune incursioni nel mondo cinematografico: in un corso di Esercizi spirituali dei Memores Domini (associazione laicale formatasi nel 1964 in seno a CL, i cui membri vivono i precetti di povertà, castità e obbedienza), verrà affrontata la pellicola di C.T. Dreyer, Ordet, penultimo lungometraggio del celebre regista danese, ispirato all'omonima opera teatrale del pastore protestante Kaj Munk.
Giussani cita versi, pagine di libri, parti di opere drammaturgiche: è un oceano di sapere che lascia senza fiato il pubblico, quasi in apnea, affascinato dalla sua cultura; le analogie trovate e i confronti tra le parole dei grandi autori e il mondo della società contemporanea, sono di un’attualità sconvolgente; vi sono delle visioni letterarie che hanno del rivoluzionario e che, con la lente dell’oggi, hanno tutto il sapore di profetiche chiavi di lettura del mondo odierno. E’ il caso delle letture critiche su Eugenio Montale, autore che viene affrontato in due conferenze: l’una, tenuta a Bassano del Grappa, il 6 ottobre 1995; l’altra, all’università di Bologna, il 15 novembre dello stesso anno. Giussani si sofferma su un componimento, in particolare: Forse un mattino andando in un’aria di vetro, tratto dalla raccolta poetica Ossi di Seppia. Addentrandosi nell’esperienza umana descritta da Montale nel verso “il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro”, non esita ad affermare: “E’ uguale a quella che viene vissuta del mistico religioso cristiano che, vedendo le cose così concrete - la faccia così afferrabile, il corpo così abbracciabile, il cielo e la terra così evidenti nel loro grande spazio -, dice: Com’è grande il mondo, com’è potente la realtà; permanente è la realtà, niente può vincere la realtà. Eppure tutto quello che vedo, domani non ci sarà più! Allora la realtà è tutto segno della parola di un Altro”.
E sempre la “realtà” sarà al centro del commento sul poeta Clemente Rebora, prima insegnante di lettere, poi collaboratore di diverse riviste culturali come “La Voce”, divenuto infine sacerdote a cinquantuno anni. Il fondatore di Cl, in una lettura tenutasi a Vercelli il 6 aprile del 1987, spiega così il Frammento XXVIII di Rebora: “Tu, per le case le patrie la terra/ Sei l’urto e del ritmo seguito/Dai passi che leva e che sferra/ Tra mete e ritorni/ Il gigante che va per l’infinito”. In questi versi, Giussani riesce a leggere tutta l’epopea dell’“uomo che va per l’infinito, <>, ma questo gigante vive momento per momento, portando dunque valore dell’essere nell’istante effimero. L'istante effimero, infatti, non è effimero (...), ma dimostra la sua connessione col tutto. La positività rende grande l’uomo che cammina dentro la realtà, ma in quanto rende grande ogni attimo, ogni istante”.
Risulta assai originale il confronto fra San Paolo e Dante (che anima una meditazione svolta durante un ritiro d’Avvento), imperniato sul tema dell’ “io” di tutti gli uomini: “Questo eis, questo <> di cui parla San Paolo, è Cristo ed è <> che si compie in tutti gli io, in tutte le persone”. E così il famoso verso paolino “Vivo, non io; sei Tu che vivi in me” viene accostato a quello dantesco del nono canto del Paradiso: “Già non attendere’ io tua domanda,/s’io m’intuassi, come tu t’inmii”.
Fra gli autori, non poteva mancare il poeta mistico Paul Claudel. Giussani, si trova a un ritiro di universitari a Colfosco, località nel cuore delle Dolomiti; è l’agosto del 1982.“L’amore è generatore dell’umano secondo la sua dimensione totale, vale a dire è generatore della storia della persona in quanto generazione di popolo”, sintesi estrema de L’Annuncio a Maria, opera drammaturgica dell’autore francese, “una delle opere più grandi che siano state scritte in questo secolo” e nella quale è concentrato tutto “il genio del cristianesimo cattolico”. E da Paul Claudel a Charles Péguy, il passo è breve, e quasi naturale: l’altro autore-simbolo del cristianesimo letterario diviene spunto per spiegare - durante gli Esercizi spirituali per Cl, tenuti a Corvara dal 4 al 6 agosto del 1991 - il concetto di “libertà”: “Il vertice della libertà si chiama fede. Se la libertà è rapporto con l’Infinito, col Mistero, la cosa più importante della libertà è il riconoscimento del Mistero”.
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