Roma, 14 September, 2022 / 2:00 PM
Due assi di legno incrociate; sopra queste, inchiodato, vi è un Uomo sofferente, esanime, col capo reclinato: è il Cristo sulla Croce, simbolo del Cristianesimo, segno di contraddizione, segno di distinzione. E’ l’espressione della follia della Croce, quella che supera l’intelletto; che, nell’irrazionale logica di Dio, diviene fonte di speranza poiché Gesù ha vinto la morte e ha donato al mondo la salvezza, proprio su quella Croce. A seguirla, nel corso della storia, ci sono i santi che hanno guardato ad essa, al suo Mistero, incarnandolo nelle proprie esistenze.
Ci sono stati santi che con la Croce hanno avuto un rapporto intimo, profondo: un dialogo che non si ferma nel tempo, ma che continua tutt’oggi, per sempre. Uno degli esempi, più famosi, è sicuramente quello di San Francesco d’Assisi; e, il crocifisso di San Damiano, è la dimostrazione visibile dello stretto connubio tra il santo e Cristo: si tratta del famoso crocifisso davanti al quale San Francesco riceve la chiamata a lavorare per la Chiesa del Signore. Il crocifisso fu trasferito, nel 1257, nel Protomonastero di Santa Chiara in Assisi dove si trova tutt’oggi: si tratta di un’icona di dimensioni 210×130 centimetri, databile intorno al 1100, di autore sconosciuto; espressione dell'iconografia del “Christus triumphans” che trionfa sulla morte. La figura di Gesù è contornata da alcune figure: la Vergine Maria; San Giovanni; Maria Maddalena e Maria di Cleofa; Longino, il soldato romano che ferì il costato di Gesù; in basso a destra, Stephaton, identificato come il soldato che offrì a Gesù la spugna imbevuta nell'aceto; in ultimo, poco sopra la spalla sinistra del centurione, si nota un piccolo volto che, in accordo con la convenzione del tempo, potrebbe essere letto come il volto dell'artista che ha dipinto l’icona. A sigillo di tutto questo ricco apparato iconografico, vi sono sei angeli, disposti a entrambe le estremità del braccio orizzontale della croce.
Altro grande importante crocifisso è quello di San Camillo de Lellis, il fondatore dell’Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi, che - assieme ai suoi primi compagni d’avventura - era solito riunirsi a pregare in una saletta dell’ “Ospedale San Giacomo” di Roma dove era custodito un crocifisso in legno. La sua storia è narrata nella prima biografia del santo, Vita del Padre Camillo de Lellis di Padre Sanzio Cicatelli (1615): “Non molto tempo dopo che loro havevano cosi incominciato a congregarsi (...) occorse ch’un certo huomo maligno del istesso Hospidale sdegnato che Camillo non havesse chiamato anche lui all’Oratorio disse a’ Signori Guardiani non so che falsità di loro, mettendogli in sospetto quella lor radunanza come aspirasse ad impadronirsi del Hospidale”. Questa calunnia spinse i guardiani dell’ospedale a togliere il crocifisso dalla sala. Il santo rimase così turbato da questo episodio che dubitò persino della sua missione. Ma fu Cristo stesso a venirgli in soccorso: San Camillo, in un sogno, vide Cristo staccarsi dalla croce e pronunciare queste parole: “Non temere pusillanime, continua, perché questa non è opera tua, ma opera mia!”. Il crocifisso di San Camillo è custodito - oggi - nella chiesa della Maddalena a Roma, meta di molti pellegrini che, guardandolo, possono aver prova dell’avvenimento straordinario: le braccia del Cristo sono staccate da quel legno. Non era sogno, ma segno della tenerezza di Dio verso il santo degli ammalati.
Santa Brigida di Svezia e il crocifisso della basilica di San Paolo fuori le mura. Era il 1349, quando la santa partì alla volta di Roma per partecipare al Giubileo che si sarebbe tenuto nel 1350, anno in cui viene raggiunta dalla figlia Caterina. Assieme a lei, deciderà di fare visita alle basiliche romane, in pellegrinaggio. E fu proprio durante questo pellegrinaggio, che avvenne l’incontro tra Santa Brigida e il Crocifisso della basilica romana. Si narra - infatti - che in questo luogo, Brigida, mentre contemplava il sacro Legno, vide il volto di Cristo volgersi verso di lei. Cominciò, così, il dialogo fra i due: le “rivelazioni” saranno - poi - racchiuse nelle “Quindici Orazioni della Passione”, la cui devozione avrà grande diffusione. Ancora oggi, chiunque entri nella basilica, troverà nella “Cappella del SS. Sacramento” - fatta costruire in occasione del giubileo del 1725, dopo 375 anni dal prodigioso accadimento - quel crocifisso, opera lignea di Pietro Cavallini.
Città di Castello, vicino Perugia. Siamo nel Monastero delle Cappuccine di Santa Veronica Giuliani, la santa conosciuta come la “sposa di Cristo”. Qui, è conservato il crocifisso - che ai tempi della santa si trovava nell’infermeria del monastero - che parlò a Veronica. Tutte le notti, Veronica si rivolgeva a Gesù, pregando - soprattutto - per la conversione dei peccatori e in suffragio delle anime sante del Purgatorio. Passava le nottate a pregare dopo aver accudito le sorelle inferme. A riguardo, la santa, scriverà nel suo diario mistico: “Sposa mia mi sono gradite le penitenze che fai per chi è in disgrazia davanti a me… Poi, schiodando un braccio dalla croce, mi fece cenno di avvicinarmi al suo costato… E mi trovai tra le braccia di Cristo crocifisso. Quello che ho provato allora non riesco a raccontarlo: sarei voluta rimanere per sempre sul suo santissimo costato”.
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