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Un servizio di EWTN News

Papa Francesco in Canada, contro la colonizzazione ideologica che genera la cancel culture

Papa Francesco durante l'incontro con le autorità alla Citadelle di Quebec City

Il viaggio di Papa Francesco in Canada non è solo un no al colonialismo che portò al sistema scuole residenziali, ed a quelle che il Papa definisce le responsabilità anche dei cattolici nel gestire quegli istituti. Perché se è vero che in quel tempo, in nome della costruzione di uno Stato canadese culturalmente omogeneo, si strapparono i bambini alle famiglie, non è da meno la colonizzazione ideologica di oggi, che allo stesso modo impone punti di vista e “soffocano il naturale attaccamento ai valori dei popoli, tentando di sradicarne le tradizioni, la storia, i valori religiosi”.

È un passaggio cruciale del discorso di Papa Francesco di fronte alle autorità civili e diplomatiche del Canada. Perché il Canada non è solo il Paese delle scuole residenziali, il luogo in cui ancora oggi c’è il dramma degli indigeni strappati alle famiglie per una foster care (affido) forzata (e c’è una sentenza della Corte dei Diritti Umani Canadesi, cui lo Stato si è appellato). È anche il laboratorio del progressismo occidentale, che a partire dalla revolution tranquille del Quebec ha imposto modelli di secolarizzazioni sfociati in avanzate leggi per l’eutanasia e per l’aborto, e in raffinati metodi per superare la questione dell’obiezione di coscienza. Non solo. Dopo il ritrovamento di Kamloops dello scorso anno, per cui Papa Francesco si scusò, sono state bruciate chiese, con atti di vandalismo che mirano a sradicare la tradizione cattolica dalla nazione. Quando il Papa parlò di Kamloops, parlò di colonizzazione ideologica. E lo fa di nuovo in questo articolato discorso alle autorità.

È una cerimonia che inizia con una ora di ritardo, quella che comincia la parte più ufficiale del viaggio di Papa Francesco in Canada. In Quebec, c’è l’incontro con le autorità, con il presidente, con il governatore, e anche un bilaterale tra Segreteria di Stato e primo ministro Justin Trudeau. Il Papa è venuto in un “pellegrinaggio penitenziale”, con il chiaro intento di portare le scuse per il contributo dei cattolici al sistema di assimilazione che aveva colpito il Paese. Il discorso alle autorità, però, presenta in controluce tutte le sfide che vivono i cattolici del Quebec. Sfide per le quali i vescovi hanno bisogno di sostegno, spesso lasciati soli a combattere contro una opinione pubblica sempre più aggressiva.

“Se un tempo – dice Papa Francesco - la mentalità colonialista trascurò la vita concreta della gente, imponendo modelli culturali prestabiliti, anche oggi non mancano colonizzazioni ideologiche che contrastano la realtà dell’esistenza, soffocano il naturale attaccamento ai valori dei popoli, tentando di sradicarne le tradizioni, la storia e i legami religiosi”.

Questa mentalità, aggiunge Papa Francesco, presume di aver “superato le pagine buie della storia”, ma allo stesso tempo fa spazio “a quella cancel culture che valuta il passato solo in base a certe categorie attuali”, impiantando “una moda culturale che uniforma, rende tutto uguale, non tollera differenze e si concentra solo sul momento presente, sui bisogni e i diritti degli individui, trascurando spesso i doveri nei riguardi dei più deboli e fragili: poveri, migranti anziani, ammalati nascituri”.

Sono loro – aggiunge Papa Francesco – “i dimenticati nelle società del benessere. Sono loro che, nell’indifferenza generale, vengono scartati come foglie secche da bruciare”.

Il riferimento alle foglie non è casuale, perché tutto il discorso del Papa si è incentrato dall’inizio sulla foglia d’acero, che è anche parte della bandiera del Canada perché tutti i bozzetti presentati per definire una bandiera per il nuovo Stato la includevano. E la foglia d’acero è una eredità dei nativi americani, che ne estraevano la linfa con cui realizzavano sciroppi, cosa – dice Papa Francesco – che “ci porta a pensare alla loro laboriosità, sempre attenta a salvaguardare la terra e l’ambiente, fedele ad una visione armoniosa del creato”, da cui c’è molto da imparare, specialmente “nella vorticosa frenesia del mondo odierno, caratterizzato da una costante rapidizzazione che rende arduo uno sviluppo realmente umano, sostenibile e integrale”.

Ma questi insegnamenti del passato, ammonisce Papa Francesco, “sono stati violentemente avversati in passato. Penso soprattutto alle politiche di assimilazione e di affrancamento, comprendenti anche il sistema scolastico residenziale, che ha danneggiato molte famiglie indigene, minandone la lingua, la cultura e la visione del mondo. In quel deprecabile sistema promosso dalle autorità governative dell’epoca, che ha separato tanti bambini dalle loro famiglie, sono state coinvolte diverse istituzioni cattoliche locali”.

Ancora una volta, Papa Francesco esprime “vergogna e dolore”, e rinnova la sua “richiesta di perdono per il male commesso da tanti cristiani contro le popolazioni indigene”, sottolineando che è “tragico quando dei credenti, come accaduto in quel periodo storico, si adeguano alle convenienze del mondo piuttosto che al Vangelo”.

Insomma, nota Papa Francesco, “se la fede cristiana ha svolto un ruolo essenziale nel plasmare i più alti ideali del Canada, caratterizzati dal desiderio di costruire un Paese migliore per tutta la sua gente, è necessario, ammettendo le proprie colpe, impegnarsi insieme a realizzare quanto so che tutti voi condividete: promuovere i legittimi diritti delle popolazioni native e favorire processi di guarigione e di riconciliazione tra loro e i non indigeni del Paese”.

Papa Francesco reitera l’impegno di Santa Sede e comunità cattoliche locali a “promuovere le culture indigene, con cammini spirituali appositi e confacenti, che comprendano anche l’attenzione alle tradizioni culturali, alle usanze, alle lingue e ai processi educativi propri, nello spirito della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni”.

“È nostro desiderio – aggiunge Papa Francesco - rinnovare il rapporto tra la Chiesa e le popolazioni indigene del Canada, un rapporto segnato sia da un amore che ha portato ottimi frutti, sia, purtroppo, da ferite che ci stiamo impegnando a comprendere e sanare”.

Il Papa esprime gratitudini per i suoi incontri, a Roma e qui in Canada, con i rappresentanti delle popolazioni indigene. E ritorna alla metafora della foglia d’acero e degli alberi multicolori che “ricordano invece l’importanza dell’insieme, di portare avanti comunità umane non omologatrici, ma realmente aperte e inclusive”.

Papa Francesco chiede di valorizzare la famiglia, perché questa “è la prima realtà sociale concreta, ma è minacciata da molti fattori: violenza domestica, frenesia lavorativa, mentalità individualistica, carrierismi sfrenati, disoccupazione, solitudine dei giovani, abbandono degli anziani e degli infermi...

In questa tutela, il Papa vede una possibile alleanza con le popolazioni indigene, che “hanno tanto da insegnarci sulla custodia e la tutela della famiglia, dove già da bambini si impara a riconoscere che cosa è giusto e che cosa sbagliato, a dire la verità, a condividere, a correggere i torti, a ricominciare, a rincuorarsi, a riconciliarsi. Il male sofferto dai popoli indigeni ci serva oggi da monito, affinché la cura e i diritti della famiglia non vengano messi da parte in nome di eventuali esigenze produttive e interessi individuali”.

Ma la foglia d’acero era anche usata dai soldati in guerra come benda per lenire le ferite, e anche oggi, dice Papa Francesco, “abbiamo nuovamente bisogno di lenire gli estremismi della contrapposizione e di curare le ferite dell’odio”.

Ammonisce Papa Francesco: “Non abbiamo bisogno di dividere il mondo in amici e nemici, di prendere le distanze riarmarci fino ai denti. Non saranno la corsa agli armamenti e le strategie di deterrenza a portare pace e sicurezza. Non c’è bisogno di chiedersi come proseguire le guerre, ma come fermarle. E di impedire che i popoli siano tenuti nuovamente in ostaggio della morsa di spaventose guerre fredde allargate”.

C’è piuttosto bisogno “di politiche creative e lungimiranti, che sappiano uscire dagli schemi delle parti per dare risposte alle sfide globali”, perché tutte le grandi sfide di oggi (pace, cambiamenti climatici, effetti pandemici e le migrazioni internazionali) sono proprio sfide che “riguardano tutti”, e per questo “la politica non può rimanere prigioniera di interessi di parte”, e anzi bisogna guardare, come sottolinea la sapienza indigena, alle “sette generazioni future, non alle convenienze immediate, alle scadenze elettorali, al sostegno delle lobby”, valorizzando “i desideri di fraternità, giustizia e pace delle giovani generazioni”, e allo stesso tempo ascoltare gli anziani “per recuperare memoria e saggezza”.

Ma soprattutto, aggiunge Papa Francesco, bisogna “abbracciare i bisogni dei giovani”, i quali “meritano un futuro migliore di quello che stiamo preparando, meritano di essere coinvolti nelle scelte per la costruzione dell’oggi e del domani, in particolare per la salvaguardia della casa comune”.

Su quest’ultimo aspetto, il Papa definisce come “preziosi” i valori e gli insegnamenti delle popolazioni indigene sul tema, ed esprime “apprezzamento per il lodevole impegno locale a favore dell’ambiente”.

Papa Francesco poi ci tiene a sottolineare che il Canada è fondato sul multiculturalismo, e che questo “è una sfida permanente”, consistendo nell’accogliere e abbracciare le diverse componenti “presenti, rispettando, al contempo, la diversità delle loro tradizioni e culture, senza pensare che il processo sia compiuto una volta per tutte”.

Il Papa loda anche l’apertura nell’ospitare numerosi migranti ucraini e afghani, chiede di lavorare per “superare la retorica della paura nei confronti degli immigrati e per dare loro, secondo le possibilità del Paese, la possibilità concreta di essere coinvolti responsabilmente nella società”.

È una sfida che si contrappone alla mentalità individualista, e che si fonda sui diritti e la democrazia. Sia le popolazioni indigene che i cattolici, nota Papa Francesco, sottolineano i valori della socialità. IN particolare la Chiesa “con la sua dimensione universale e la sua cura nei riguardi dei più fragili, con il legittimo servizio a favore della vita umana in ogni sua fase, dal concepimento e fino alla morte naturale, è lieta di offrire il proprio contributo”.

Un contributo che si concretizza nell’impegno per i più poveri da parte delle parrocchie, un dato interessante per il Papa, che lo porta ad osservare che “anche in un Paese tanto sviluppato e progredito come il Canada, che dedica molta attenzione all’assistenza sociale, non sono pochi i senzatetto che si affidano alle chiese e ai banchi alimentari per ricevere aiuti e conforti essenziali, che – non dimentichiamolo – non sono solo materiali”.

(La storia continua sotto)

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È proprio la presenza di questi fratelli e sorelle che ci invita ad “adoperarci per porre rimedio alla radicale ingiustizia che inquina il nostro mondo”, dove “l’abbondanza dei doni della creazione è ripartita in modo troppo diseguale”, e dove c’è lo scandalo di un “benessere generato dallo sviluppo economico” che però “non va a beneficio di tutti i settori della società”.

Un dato che deve far riflettere, e prontamente osservato dal Papa, è che “proprio tra i nativi si registrino spesso molti tassi di povertà, cui si collegano altri indicatori negativi, come il basso indice di scolarizzazione, il non facile accesso alla casa e all’assistenza sanitaria”.

Conclude Papa Francesco: “L’emblema della foglia d’acero, che compare abitualmente sulle etichette dei prodotti del Paese, sia di stimolo per tutti a compiere scelte economiche e sociali volte alla condivisione e alla cura dei bisognosi. È lavorando di comune accordo, insieme, che si affrontano le sfide pressanti di oggi”.

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