Edmonton, 25 July, 2022 / 7:50 PM
Primo giorno di attività per Papa Francesco in Canada. Questa mattina ( ore 18 per Roma) Francesco si è recato nell’area di Maskwacis (“colline dell’orso”, in lingua cree), a circa 70 chilometri a sud della città di Edmonton, per incontrare le popolazioni indigene First Nations, Métis e Inuit.
Il Papa viene accolto all’ingresso della chiesa dedicata alla Madonna dei Sette Dolori dal Parroco e da alcuni anziani delle popolazioni First Nations, Métis e Inuit, poi prosegue su una golf car fino al cimitero, accompagnato da suoni di tamburo. Entrato nel cimitero, in forma strettamente privata, il Papa si sofferma in preghiera silenziosa.
Poi il Pontefice si trasferisce al Bear Park Pow-Wow Grounds, dove all’ingresso viene accolto da una delegazione di capi indigeni provenienti da tutto il Paese.
I popoli aborigeni, che abitano il territorio del Canada da migliaia di anni, comprendono tre grandi gruppi: le First Nations, i Métis e gli Inuit, al cui interno esiste una grande varietà di popolazioni, con usi, costumi e lingue diverse. Le Prime Nazioni rappresentano la comunità predominante di indigeni del Canada, nella parte meridionale del territorio della nazione; gli Inuit fanno parte di uno dei gruppi principali che abitano la zona artica; e i Métis, situati nella parte più occidentale del Canada, sono i meticci discendenti dall’unione fra indigeni ed europei.
"Giungo nelle vostre terre natie per dirvi di persona che sono addolorato, per implorare da Dio perdono, guarigione e riconciliazione, per manifestarvi la mia vicinanza, per pregare con voi e per voi", dice subito il Papa nel suo discorso.
"Ricordo gli incontri avuti a Roma quattro mesi fa. Allora mi erano state consegnate due paia di mocassini, segno della sofferenza patita dai bambini indigeni, in particolare da quanti purtroppo non fecero più ritorno a casa dalle scuole residenziali. Mi era stato chiesto di restituire i mocassini una volta arrivato in Canada; lo farò al termine di queste parole, per le quali vorrei prendere spunto proprio da questo simbolo, che ha ravvivato in me nei mesi passati il dolore, l’indignazione e la vergogna. Il ricordo di quei bambini infonde afflizione ed esorta ad agire affinché ogni bambino sia trattato con amore, onore e rispetto. Ma quei mocassini ci parlano anche di un cammino, di un percorso che desideriamo fare insieme. Camminare insieme, pregare insieme, lavorare insieme, perché le sofferenze del passato lascino il posto a un futuro di giustizia, guarigione e riconciliazione", Francesco è chiaro.
"Il luogo in cui ci troviamo fa risuonare in me un grido di dolore, un urlo soffocato che mi ha accompagnato in questi mesi. Ripenso al dramma subito da tanti di voi, dalle vostre famiglie, dalle vostre comunità; a ciò che avete condiviso con me sulle sofferenze patite nelle scuole residenziali. Sono traumi che, in un certo modo, rivivono ogni volta che vengono rievocati e mi rendo conto che anche il nostro incontro odierno può risvegliare ricordi e ferite, e che molti di voi potrebbero trovarsi in difficoltà mentre parlo. Fare memoria delle esperienze devastanti avvenute nelle scuole residenziali colpisce, indigna, addolora, ma è necessario.", dice il Pontefice agli indigeni in Canada.
"Anche attraverso il sistema delle scuole residenziali, le vostre lingue e culture sono state denigrate e soppresse; di come i bambini hanno subito abusi fisici e verbali, psicologici e spirituali; di come sono stati portati via dalle loro case quando erano piccini e di come ciò abbia segnato in modo indelebile il rapporto tra i genitori e i figli, i nonni e i nipoti", denuncia Papa Francesco.
Durante l'incontro gli indigeni presenti espongono per la prima un banner con tutti i nomi delle vittime delle scuole residenziali. Sono i nomi e cognomi di 4120 bambini e oggi è la prima volta che viene esposta quella lista in una cerimonia pubblica. Il Papa benedice e bacia lo striscione.
"Sono qui perché il primo passo di questo pellegrinaggio penitenziale in mezzo a voi è quello di rinnovarvi la richiesta di perdono e di dirvi, di tutto cuore, che sono profondamente addolorato: chiedo perdono per i modi in cui, purtroppo, molti cristiani hanno sostenuto la mentalità colonizzatrice delle potenze che hanno oppresso i popoli indigeni. Sono addolorato. Chiedo perdono, in particolare, per i modi in cui molti membri della Chiesa e delle comunità religiose hanno cooperato, anche attraverso l’indifferenza, a quei progetti di distruzione culturale e assimilazione forzata dei governi dell’epoca, culminati nel sistema delle scuole residenziali. Vorrei ribadirlo con vergogna e chiarezza: chiedo umilmente perdono per il male commesso da tanti cristiani contro le popolazioni indigene.", Francesco chiede umilmente perdono.
"Prego e spero che i cristiani e la società di questa terra crescano nella capacità di accogliere e rispettare l’identità e l’esperienza delle popolazioni indigene. Auspico che si trovino vie concrete per conoscerle e apprezzarle, imparando a camminare tutti insieme. Da parte mia, continuerò a incoraggiare l’impegno di tutti i Cattolici nei riguardi dei popoli indigeni. L’ho fatto in più occasioni e in vari luoghi, mediante incontri, appelli e anche attraverso un’Esortazione apostolica. So che tutto ciò richiede tempo e pazienza: si tratta di processi che devono entrare nei cuori, e la mia presenza qui e l’impegno dei Vescovi canadesi sono testimonianza della volontà di procedere in questo cammino", conclude così il Papa un incontro davvero commovente. Sono tanti gli indigeni presenti che ricordando quelle ferite non hanno nascosto lacrime e commozione.
Alla fine un indigeno pone sulla testa del Papa il loro cappello tradizione con le piume.
La giornata di Francesco in Canada continua con l'incontro con le Popolazioni Indigene e con i Membri della Comunità Parrocchiale nella Chiesa del Sacro Cuore ad Edmonton.
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