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Un servizio di EWTN News

Finanze vaticane, la Santa Sede vara una politica per gli investimenti. È davvero novità?

Veduta di piazza San Pietro dalla Basilica

Dal primo settembre, ci sarà una politica unitaria degli investimenti per la Santa Sede, che sarà messa in pratica da un comitato per gli investimenti il cui presidente, si sa dal 7 giugno, è il Cardinale Kevin J. Farrell, e regolato da una serie di linee guida abbastanza rigide, che sembrano restringere la scelta ai pochissimi enti (se non unici) che investono in quella che viene chiamata “la finanza cattolica”. Un martedì di luglio, senza conferenza stampa, senza dichiarazioni, prosegue la riforma delle finanze del Papa, che in realttà sembra ancora essere tutta da decifrare.

Del Comitato degli investimenti si sapeva dal 7 giugno, meno si sapeva del compito del comitato di vigilare su tuti gli investimenti e in particolare sui principi sulla base di cui questi vengono fatti, perché ogni scelta in questo campo è da considerarsi una “scelta morale”. Parole che lasciano pensare che la Santa Sede, prima, avesse solo investimenti speculativi, a reddito alto e grosso rischio di perdita. Eppure, nel giugno 2012 la dirigenza dello IOR, parlando con i giornalisti, sottolineò che come principio nella Santa Sede tutti gli investimenti erano conservativi e non speculativi.

Perché, allora, la necessità di mostrare un cambio di rotta? Perché c’è un processo vaticano che rischia di mettere in crisi la Segreteria di Stato vaticana e la sua politica di investimenti, ora passata completamente all’Amministrazione del Patrimonio della Chiesa Cattolica. E perché c’è bisogno di mostrare un cambio di passo, anche quando questo è difficile da definire.

La Segreteria per l’Economia fa sapere che il documento è stato discusso nel Consiglio con “specialisti del settore”, ed è stato “indirizzato ai Capi Dicastero della Curia e ai Responsabili delle Istituzioni e enti collegati alla Santa Sede dal Prefetto della Segreteria per l’Economia, Padre Juan Antonio Guerrero Alves”.

“La nuova Politica di Investimento – si legge ancora nel comunicato - intende far sì che gli investimenti siano mirati a contribuire ad un mondo più giusto e sostenibile; tutelino il valore reale del patrimonio netto della Santa Sede, generando un rendimento sufficiente a contribuire in modo sostenibile al finanziamento delle sue attività; siano allineati con gli insegnamenti della Chiesa Cattolica, con specifiche esclusioni di investimenti finanziari che ne contraddicano i principi fondamentali, come la santità della vita o la dignità dell’essere umano o il bene comune”.

Il comunicato spiega anche che gli investimenti devono essere “finalizzati ad attività finanziarie di natura produttiva, escludendo quelle di natura speculativa, e soprattutto siano guidati dal principio che la scelta di investire in un luogo piuttosto che in un altro, in un settore produttivo piuttosto che in un altro, è sempre una scelta morale e culturale”.

Un passaggio che escluderebbe, ad esempio, gli investimenti immobiliari come quello dell’APSA in un immobile nella zona dell’Arc de Triomphe a Parigi che ha poi permesso di pagare vari servizi ai poveri (lo spiegava la stessa amministrazione nel suo bilancio dello scorso anno).

Questa nuova politica di investimenti è stata approvata ad experimentum per 5 anni, ed entrerà in vigore dall’1 settembre. L’APSA diventa sempre più “banca centrale” vaicana, perché “le istituzioni curiali – si legge nel comunicato - dovranno affidare i loro investimenti finanziari all’APSA, trasferendo la propria liquidità da investire - oppure i propri titoli depositati presso banche estere o presso lo stesso IOR - al conto dell’APSA predisposto allo IOR per questa finalità”.

Ci sarà, dunque, un solo strumento finanziario della Santa Sede, definito dall’APSA, che opererà come una sorta di fondo sovrano per tuti gli enti collegati della Santa Sede.

Il Comitato sarà invece chiamato a svolgere “le adeguate consultazioni volte ad implementare la strategia di investimento e valuterà l’adeguatezza delle scelte, con particolare attenzione alla conformità degli investimenti effettuati ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa, nonché ai parametri di rendimento e di rischio secondo la Politica di Investimento”.

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