Città del Vaticano , 05 July, 2022 / 2:00 PM
Quando Sant' Ignazio viveva a Roma la basilica di San Pietro altro non era che il grande cantiere voluto da Giulio II. I lavori erano iniziati nel 1547 e la basilica di Costantino spariva per far posto a quella pensata da Michelangelo.
Ignazio e i suoi confratelli era proprio in quella basilica ormai vetusta che si recavano in pellegrinaggio. Lo fecero nel 1523 in primavera, poi nel 1537 e il giorno della professione il 22 aprile 1541. Si iniziava così il famoso pellegrinaggio alle sette chiese, sempre a San Pietro.
Il 6 marzo del 1544 il padre Ignazio ebbe proprio a San Pietro un'esperienza mistica. Ecco come la descrive nel suo diario: "Arrivato a San Pietro cominciai a pregare davanti all'altare del Santissimo Sacramento e mi si rappresentò, sempre nello stesso colore luminoso, l' Essere Divino stesso, in modo che non era in mio potere non vederlo. Poi durante la messa celebrata dal cardinale Marcello Cervini, nello stesso modo l'immagine e la visione tornarono con nuove mozioni dell'intelletto. Due ore dopo, andando nello stesso luogo del Santissimo Sacramento, e desiderando riprovare la stessa esperienza e cercandola, non c'era alcun modo di riaverla".
La Cappella del Santissimo non è quella che conosciamo oggi, ma era più vicino alla confessione più o meno dove oggi si trova l'altare della Trasfigurazione di Raffaello.
Anche Pietro Canisio, primo gesuita della provincia germanica, olandese di Nimega, il 4 settembre 1549, alla vigilia della professione solenne, inginocchiato all'altare della 'Confessione', ebbe la visione del Sacro Cuore di Gesù. Così ne parla nelle "Confessioni": "Mi pareva di vedere aperto il Cuore del tuo santissimo Corpo e che tu mi ordinassi di bere da questo, invitandomi ad attingere acqua alle sorgenti della mia salvezza".
Ma a San Pietro Ignazio è legato anche perché scrisse le Costituzioni per la riforma del Monastero delle Murate di San Pietro. Fu il cardinale Farnese a chiedere allo spagnolo questo lavoro. Le Murate ebbero così anche la assistenza spirituale dei Gesuiti. Si trattava di monache di strettissima clausura che vivano nell' Oratorio della basilica. Verso il lato della basilica avevano la "ruota" per le comunicazioni e per ricevere i sacramenti. Furono le ultime due "murate" a fa rinascere l' ospizio di Santa Marta quando nel 1571 Pio V decise di chiudere il monastero.
Altre "memorie ignaziane" nella Basilica sono il monumento sepolcrale di Paolo III che accettò i primi gesuiti come ricorda Pietro Favre, e le tombe di Giulio III che diede rendite fisse al Collegio Romano, e Marcello II che volle sempre nel Palazzo Apostolico due padri della Compagnia. Il suo pontificato durò solo 21 giorni. Ma suo nipote Roberto Bellarmino diventerà gesuita nel 1560.
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