Pietrelcina, 20 May, 2022 / 6:00 PM
Non era questione di intelligenza, ne’ si trattava di una personalità fuori dal comune. No, il piccolo Francesco era come…come se… attraverso la sua figurina smilza e fremente apparisse il mondo dello Spirito, fosse possibile dare un’occhiata alla realtà dell’ultraterreno.
Non che avesse capito tutto subito. No, ci era voluto del tempo, lui stesso, don Salvatore, aveva dovuto essere accompagnato, in un certo senso, verso il riconoscimento di quanto stava accadendo davanti ai suoi occhi, giorno per giorno.
La sua fede lo aveva certo abituato allo straordinario fatto carne, calato nella quotidianità. Ma con Francesco Forgione ci volevano altre “categorie” per interpretare quello che gli accadeva.
Ora che Francesco è diventato un giovanotto, non molto robusto per la verità e sofferente, deciso a diventare frate, se lo ritrova davanti malato, fragile, bisognoso di aiuto, anche per affrontare le complesse cerimonie della consacrazione che, dopo tanti ostacoli, ha ottenuto di ricevere in anticipo rispetto all’età canonica. Sono stati anni difficili, per il futuro padre Pio, che del resto ha cominciato a capire che per la sua restante esistenza terrena questa sarebbe stata la regola. E’ tornato a Pietrelcina, il suo paese, la cui aria ha sempre il potere di rendergli un po’ di serenità e di rinvigorirlo. Qui il 6 luglio 1910 lo raggiunge la notizia che finalmente potrà essere ordinato sacerdote, ma che è necessario accelerare la preparazione. Lo mandano nel vicino convento di Morcone, ma qui il giovane si ammala di nuovo e dunque rieccolo trascinarsi per le strade di Pietrelcina. Il fraticello pensa di «apprenderle dal parroco del mio paese, che spontaneamente si è offerto». Il parroco, don Salvatore Maria Pannullo, ha visto crescere il piccolo Francesco nella sua sacrestia. E ha visto crescere, ha seguito e incoraggiato la sua vocazione. Per il giovane frate è come uno di famiglia e continua a chiamarlo «zi’ Tore», come faceva quando era bambino. Don Salvatore non si accontenta, dunque, di insegnargli il cerimoniale liturgico necessario all’ordinazione sacerdotale, lo aiuta nello studio e si prodiga per risolvere ogni altro problema. E’ un uomo semplice, zi’ Tore, dai modi a volte sbrigativi, di grande cultura teologica, con una robusta esperienza di insegnamento alle spalle. Torna a Pietrelcina per succedere, nel 1901, al defunto parroco don Giovanni Caporaso. Don Salvatore conosce bene la vita spirituale di padre Pio – che tratta come un suo figlio - conosce i fenomeni mistici che il ragazzo sta vivendo, in quanto suo confessore ordinario in quel tempo, e, poi, certamente viene messo al corrente di tutto da parte dei superiori del novizio. A Pietrelcina don Salvatore lo segue con attenzione nella preparazione degli esami per l’ordinazione sacerdotale, si reca personalmente a Benevento, il 29 luglio, per fissare la data degli esami del suo allievo. E, avendo ottenuto la disponibilità per il giorno seguente, ci torna il 30 luglio per accompagnare fra Pio e per assistere, orgoglioso, all’interrogazione. E accoglie con gioia il giudizio favorevole della commissione dell’arcidiocesi.
Questo è uno dei tanti capitoli di cui è costituita la storia di questa figura straordinaria di sacerdote che viene raccontata da Raffaele Iaria in una bella biografia dal titolo accattivante "Zi’ Tore, Il parroco di Padre Pio, don Salvatore Pannullo", delle edizioni Tau. In queste pagine la storia di don Salvatore Maria Pannullo, sacerdote, si intreccia con l’incontro con la santità del giovane Francesco Forgione, il futuro santo, conosciuto in tutto il mondo come padre Pio. E si intreccia anche con la storia di Pietrelcina, con un territorio così segnata da una profonda religiosità. Ne emerge anche il racconto di un’Italia del primo Novecento, segnata prima dalla guerra mondiale, poi dalla terribile epidemia della “spagnola”. Dietro un grande santo e sacerdote, spesso c’è un altro grande sacerdote, spiega nella presentazione del volume monsignor Felice Accrocca, arcivescovo di Benevento, sottolineando il ruolo nella formazione del futuro santo un paese che si disegna, dal racconto dell’autore, proprio come un "mondo piccolo", simile a quello che descriverà qualche decennio più tardi Giovanni Guareschi. E fra gli abitanti di questo particolare e intenso "mondo piccolo" ecco la figura forte e familiare di don Salvatore, come ci appare anche dalle fotografie dell’epoca, sacerdote dotto ma capace di parlare al popolo, parroco fino al 1928. Padre Pio riconoscerà che zi’ Tore gli voleva bene "più" che un padre, facendo emergere la grande intimità spirituale che si era creata fra loro. Con un ruolo tutt’altro che secondario nella formazione di padre Pio.
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