Città del Vaticano , 13 November, 2015 / 1:00 PM
“Sono convinto che Guardini sia un pensatore che ha molto da dire agli uomini del nostro tempo, e non solo ai cristiani”. Lo ha ribadito stamane Papa Francesco, ricevendo in udienza i partecipanti alla Conferenza promossa dalla “Fondazione Romano Guardini” di Berlino.
Riprendendo un passaggio de “Il mondo religioso di Dostoevskij”, il Papa ricorda l’importanza del sacramento della Riconciliazione: “nella confessione” si viene trasformati e si “riceve di nuovo speranza”.
Citando Guardini, Francesco afferma: “accettando con semplicità l’esistenza dalla mano di Dio, la volontà personale si trasforma in volontà divina e così, senza che la creatura cessi di esser unicamente creatura e Dio veramente Dio, si attua la loro unità vivente. Per Guardini, tale unità vivente con Dio consiste nella relazione concreta delle persone con il mondo e con gli altri intorno a sé. Il singolo si sente intessuto in un popolo, cioè in una unione originaria degli uomini che per specie, paese, ed evoluzione storica nella vita e nei destini sono un tutto unico”.
Per Guardini il popolo “significa il compendio di ciò che nell’uomo è genuino, profondo, sostanziale. Possiamo riconoscere nel popolo, come in uno specchio, il campo di forze dell’azione divina. Il popolo sente questa dappertutto operante e ne intuisce il mistero, l’inquietante presenza”.
Una concezione che, suggerisce il Papa, può essere attualizzata nel nostro tempo. In questo modo “potremmo forse riconoscere che Dio, nella Sua sapienza, ha inviato a noi, nell’Europa ricca, l’affamato perché gli diamo da mangiare, l’assetato perché gli diamo da bere, il forestiero perché lo accogliamo, e l’ignudo perché lo vestiamo. La storia poi lo dimostrerà: se siamo un popolo, certamente lo accoglieremo come un nostro fratello; se siamo solamente un gruppo di individui, saremo tentati di salvare innanzitutto la nostra pelle, ma non avremo continuità”.
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