Firenze, 11 November, 2015 / 8:37 PM
Se Papa Francesco aveva chiesto un maggiore slancio sinodale alla Chiesa italiana, oggi a Firenze si è fatta parola generale, attraverso un'intera giornata dedicata a quelli che si possono definire i "circoli minori" del quinto convegno ecclesiale nazionale.
È stato il momento della partecipazione attiva di tutti i duemiladuecento delegati, seduti intorno a tavoli da dieci persone al massimo, per riflettere su come coniugare la traccia di preparazione all'assise, i messaggi del Papa di ieri e le cinque vie per un nuovo umanesimo - uscire, abitare, educare, annunciare, trasfigurare - con la società di oggi. Ad ogni gruppo il compito di individuare alcune "scelte possibili", alcune "pratiche" per ogni via, partendo dal "confronto avvenuto in gruppo", come suggeriva il testo in mano ai "facilitatori" e "moderatori".
Una scelta, quella dei gruppi di studio, fortemente voluta dal comitato preparatorio di Firenze2015 per provare a sviscerare e indicare alcune linee guida partendo dal tema del Convegno: "In Gesù Cristo il nuovo umanesimo". Dopo la prima trance di discussione di oggi, da cui emergerà una sintesi "per tavolo", si arriverà ad una sintesi complessiva per aree, passando da una "per stanze": circa ventimila battute per ogni "via", da offrire come sintesi ai vescovi italiani.
Ampio il racconto delle esperienze, dalle più semplici alle più complesse: ai tavoli infatti, c'erano tutti, cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici, in una sorta di via equanime di condivisione voluta e lunga, partita da un'icona biblica che indicasse per ciascuno la via scelta nello "stile" di Gesù.
A precedere i "circoli minori", due relazioni, nella sala plenaria di Fortezza da Basso.
Per Mauro Magatti, professore di sociologia alla Cattolica di Milano, "il nostro contributo come Chiesa italiana e come cittadini italiani a un nuovo umanesimo può derivare dal riscoprire la nostra storia, la nostra identità più profonda: dal creare cioè un terreno favorevole alla fioritura di un umanesimo della concretezza che, facendo i riscoprire l'infinito di Dio attraverso la cura della carne dell'altro e della natura che ci ospita, sia paradigma per un vero rilancio del nostro Paese e farmakon contro gli esiti del trans-umano e del disumano".
È solo uscendo che la Chiesa italiana potrà accompagnare la società italiana verso la riscoperta della sua vocazione più profonda".
Si è parlato di "umanesimo della concretezza" , anche attraverso espressioni già vive nella storia del Bel Paese, che passano da "comuni, ospedali, conventi, convitti per i bambini, casse mutue, comunità terapeutiche": "non si tratta di cominciare da zero, ma di riconoscere le tante iniziative che già ci sono, di farle maturare dal punto di vista del metodo e soprattutto di inserirle nella cornice di un cammino comune".
Per quanto riguarda la società, inoltre, l'"uscita dalla crisi finanziaria offre l'occasione per andare al di là della società dei consumi", generando "valore condiviso", "rilegando quello che in questi anni è stato slegato: le generazioni, i territori, le istituzioni, le famiglie, le vite".
Secondo mons. Giuseppe Lorizio, invece, tutto il nuovo corso generato dal Convegno non può non partire da una "cultura dell'incontro", per dirla alla Papa Francesco, e da una "teologia che sappia farsi carico dei conflitti ponendosi alla frontiere".
"Il nuovo umanesimo - ha detto il professore teologo presso la Pontificia Università lateranense - che si genera dalla fede è l’umanesimo della nuova alleanza, il cui memoriale si rinnova in ogni celebrazione eucaristica". E ha aggiunto: "Questa nuova alleanza, realizzatasi in Cristo, va vissuta e attualizzata nelle alleanze, spesso infrante o compromesse, che ciascuno di noi e le nostre comunità, con sporgenza verso la società civile, è chiamato a porre in atto, custodendo legami e vincoli autentici e chiedendo e offrendo misericordia, perché avvenga ai diversi livelli una vera riconciliazione sul piano individuale e su quello comunitario".
Inoltre: "L'attualizzazione di questa nuova alleanza pone l’agire ecclesiale delle nostre comunità in uno stato di conversione, aiuta a rifuggire la tentazione del "si è fatto sempre così", spinge a superare una pastorale fondata sulle strutture e facile preda di un "dispersivo faccendismo pastorale" muovendo verso l’attenzione alle persone, dove “uscire, abitare, annunciare, educare, trasfigurare” non siano solo degli slogan o delle formule, bensì costituiscano le motivazioni stesse del nostro personale impegno quotidiano".
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