venerdì, novembre 22, 2024 Donazioni
Un servizio di EWTN News

La guerra in Ucraina aggrava la crisi alimentare nel Corno d'Africa ?

Il blocco russo nel Mar Nero, conseguenza immediata e diretta della guerra contro l’Ucraina, oltre agli orrendi effetti del mese trascorso, produce altri effetti ripugnanti che non si vedono, soprattutto nello Yemen e nel Corno d’Africa. Anche Papa Francesco, condannando la guerra, ha citato queste due situazioni che da anni vivono una crisi alimentare estrema. 

Il relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto al cibo, Michael Fakhri, ha avvertito su un peggioramento della carestia: “I tassi globali di fame e di carestia sono aumentati e sicuramente la situazione complessiva andrà peggiorando con il prolungarsi della guerra… Con l’invasione russa, ora, siamo di fronte al rischio carestia-fame in più luoghi del mondo. Tutto peggiorerà se l’interruzione si prolunga a causa dei combattimenti in corso cosa che mette a repentaglio la stagione della semina in Ucraina e Russia”.

Ed ancora una volta la  Chiesa cattolica ha denunciato la situazione disperata del Tigrai, completamente dimenticata dalla comunità internazionale: nella regione autonoma dell’Etiopia settentrionale una catastrofe umanitaria causata dalla guerra civile scoppiata due anni fa e da un blocco degli aiuti ha già ucciso decine di migliaia di persone e rischia di diventare irreversibile. La tregua dichiarata il 24 marzo scorso dal governo del premier Abiy Ahmed e accettata dalle autorità tigrine regge ancora, ma è insufficiente perché gli aiuti tanto attesi dalla popolazione non stanno arrivando.

Abuna Tesfaselassie Medhin, vescovo dell'Eparchia di Adigrat, in due pagine scritte lo scorso 6 aprile ha ricordato le atrocità subite dalla popolazione in quasi 18 mesi di guerra e di assedio: “E’ molto doloroso e inaccettabile vedere madri, bambini e adulti che stanno morendo ogni singolo minuto perché privati del diritto alla vita e ai servizi di base, e per il fallimento dell’arrivo di quanto promesso, a lungo atteso e negoziato, in termini di rifornimenti illimitati di aiuti umanitari salvavita per la popolazione qui in Tigray”.

L’appello è stato rilanciato da Caritas italiana, secondo la quale nella regione si stimano in centinaia di migliaia le vittime dirette e quelle indirette per fame o mancanza di assistenza sanitaria. Tra la popolazione colpita, ci sono anche circa 25.000 rifugiati eritrei nei due campi profughi della regione che non ricevono cibo da mesi. Sino ad oggi sono state raggiunte oltre 90.000 persone con beni di prima necessità, alloggi, sostegno nutrizionale, acqua e servizi per l’igiene. Intanto nella regione degli Irob, a maggioranza cattolica e contesa tra Eritrea e Tigrai, le forze di occupazione asmarine, alleate di Addis Abeba e responsabili di molti crimini di guerra, dopo aver occupato l’area continuano a imporre i documenti eritrei alla popolazione senza i quali non è più possibile recarsi al mercato. 

Per comprendere meglio la situazione nel Corno d’Africa abbiamo contattato abba Mussie Zerai, sacerdote eritreo e fondatore dell’Agenzia Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo, a cui chiediamo di spiegarci le conseguenze economiche ha questa guerra in questo territorio africano? 

“Questa guerra peggiora la situazione già precaria del Corno d'Africa messa a dura prova da guerre e carestia; ora il costo elevato dell’energia, l’importazione di grano, olio... dalla Russia e dall’Ukraina rendono difficile la vita a causa del conflitto in corso; anche le sanzioni complicano tutto. Un danno economico notevole per i già fragili paesi del Corno d'Africa. Il costo della vita è insostenibile per milioni di abitanti del Corno d'Africa; il conflitto in Ucraina, se si prolunga, avrà effetto devastante anche per molte nazioni africane”.

Allora per quale motivo l’Eritrea ha votato contro la risoluzione dell'assemblea generale dell'Onu  sull’invasione russa dell’Ucraina?

“Il legame del regime in Eritrea con la Russia è storico: ora il regime sta restituendo il favore per tutte le volte che la Russia ha difeso il regime eritreo nel consiglio di sicurezza ONU. Un alibi favorevole per il regime per quello che sta facendo nella regione del Tigray a sostegno del governo federale dell’Etiopia”.

Ci  può aggiornare su cosa sta succedendo nel Tigray? 

“Nel Tigray dopo 17 mesi di conflitto sembra aprirsi uno spiraglio con la tregua annunciata pare accettata da ambedue le parti in conflitto. Se questa tregua regge, almeno gli aiuti umanitari potrebbero raggiungere le popolazioni più stremate dalla fame, che si stimano in circa 500.000 persone, oltre 2.500.000 di sfollati e circa 9.000.000 bisognosi di sostegno. Ora ci preoccupa il nuovo fronte di conflitto nella regione di Afar che rischia di far ripiombare le popolazioni in un’altra guerra devastante. Le popolazioni di Afar già colpiti da una carestia protratta nel tempo ora rischia di peggiorare la loro situazione il conflitto”.

Durante questa guerra nell’Europa orientale molti sono fuggiti verso l’Occidente. E molte Ong hanno denunciato il diverso trattamento dei rifugiati da parte dell’Europa: per quale motivo?

“La diversità di trattamento dei profughi è palese, rasenta discriminazioni e razzismo. Molti governi europei si giustificano, dicendo che questo conflitto è troppo vicino. Però si dimentica che le bombe che cadono in Siria od in Etiopia sono le stesse che cadono in Ucraina; i profughi in fuga sono gli stessi. Cambia solo il colore della pelle, o la provenienza geografica, ma sono tutti esseri umani. Anche coloro che fuggono dall’Ucraina hanno ricevuto diversi trattamenti: gli studenti africani che fuggono dall’Ucraina hanno subito discriminazioni, come chi è di etnia rom... Quindi è palese il razzismo che si è manifestato”. 

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