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Piacenza, il perdono offerto dalla Chiesa è un “prodotto introvabile” nel nostro tempo

“Il sacramento della Riconciliazione, sacramento di guarigione, è anche per eccellenza il sacramento della gioia(…)Certamente parliamo di una gioia soprannaturale, che non possiamo confondere in alcun caso con la cessazione o l’eliminazione del senso psicologico di colpa”. Lo ha ricordato il cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere maggiore, aprendo al Palazzo della Cancelleria il  XXXII Corso sul Foro Interno ieri pomeriggio. 

Il Corso si concluderà il 25 mattina con la udienza del Papa e suo completamento è la celebrazione Penitenziale il 25 pomeriggio con la Consacrazione al Cuore di Maria.

Nella sua Lectio il cardinale ha ricordato ai sacerdoti che “ogni assoluzione sacramentale vissuta nella fede è, sia per il penitente, sia per il confessore, un’esperienza di exousia divina, della potenza di Cristo Salvatore, che ancora oggi tocca l’umanità ferita, malata, morente o morta, e la guarisce e la richiama in vita”.

Come il sacramento vero e proprio anche la direzione spirituale è “anche una dimensione essenziale del sacerdozio ministeriale, poiché in essa trova concretezza sia l’esercizio del munus profetico, nel quale la parola e la volontà di Dio sono indicate al singolo, sia l’esercizio del munus regale, capace, nella forza dello Spirito, di indicare, con paternità ed autorevolezza, la strada da percorrere, quella che, insieme al penitente o al figlio/a spirituale si è individuata come volontà di Dio”.

Si tratta certamente di due aspetti molto diversi, uno sacramentale e l’altro no, che non vanno confusi da parte del confessore o del penitente. 

E se “la Riconciliazione è il sacramento della gioia nel quale il penitente risorge ed il confessore esulta, per l’opera mirabile compiuta di Dio; se esso fiorisce nella direzione spirituale, capace di edificare le anime, la Chiesa e il mondo; allora ne deriva che realmente possiamo affermare che la nuova evangelizzazione, una autentica nuova evangelizzazione di cui avvertiamo sempre più il bisogno, inizia dal confessionale! Dal confessionale e non da convegni, non da operazioni cervellotiche o analoghe iniziative. Inizia, cioè, dalla riscoperta del senso del peccato, dal riconoscimento umile e realistico del proprio limite, e dalla conseguente disposizione a domandarne umilmente perdono, per essere riedificati in Cristo”.

Il sacramento della Riconciliazione, sottolinea Piacenza, “deve essere la priorità di ogni sacerdote, di ogni pianificazione della vita parrocchiale e pastorale, priorità perfino di ogni piano pastorale diocesano. Sono personalmente convinto che un sacerdote, che trascorra anche solo un’intera settimana senza confessare alcuno, perda qualcosa del proprio sacerdozio e rischi di venire meno al compito straordinario a lui affidato con l’imposizione delle mani e la configurazione a Cristo”.

É quindi importante “offrire la propria disponibilità a quei luoghi nei quali le confessioni sono più frequenti, o più semplicemente essere ostinatamente fedeli a tempi e luoghi indicati, trascorrendo in essi il tempo in preghiera e in studio, e chiedendo dal Signore che susciti nel cuore dei fedeli il desiderio della riconciliazione sacramentale”.

Un impegno soprattutto per la pastorale giovanile: “dobbiamo essere coscienti della straordinarietà di ciò che, come Chiesa, offriamo ai giovani e a tutti con il sacramento della Riconciliazione. In un mondo fatto di violenza e di rivendicazioni, di rapporti concorrenziali e di prevaricazione sull’altro, in un mondo di bullismo e di conflitti, la Chiesa offre la parola del perdono, offre una visione completamente diversa dell’uomo e delle sue relazioni con gli altri uomini e con Dio; la Chiesa – perdonatemi il linguaggio – offre un “prodotto introvabile” nel nostro tempo! Dobbiamo esserne coscienti, dobbiamo offrirlo con convinzione, senza iattanza ma anche senza alcun complesso di inferiorità; dobbiamo umilmente far sì che, anche attraverso la celebrazione del sacramento della Riconciliazione e l’accompagnamento spirituale, si possa davvero offrire una visione del mondo alternativa, più umana perché più vera, più umana perché divina”.

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