Città del Vaticano , 14 March, 2022 / 6:00 PM
Una grande iscrizione marmorea di oltre 3 metri di altezza, posta nel 1928 presso il corridoio che collega la Sagrestia alla Basilica, riporta i nomi dei 148 pontefici sepolti a San Pietro in quasi venti secoli di storia della Chiesa: da San Pietro († 64 o 67), primo papa, a San Giovanni Paolo II († 2005), che ha traghettato la Chiesa nel terzo millennio. Di questi 148 papi, solo per 50 pontefici si conserva in Basilica il sarcofago o il monumento sepolcrale.
Ecco la storia delle iscrizioni dedicate ai Pontefici la racconta un libro un po’ speciale che sembra solo per addetti ai lavori e che invece può diventare addirittura una guida per un visitatore che non sia solo un turista vagante: “HIC REQUIESCIT PAPA Le iscrizioni funerarie dei papi nella basilica di San Pietro in Vaticano (secoli V-XII)” di Ottavio Bucarelli edito da GBP, la editrice della Università Gregoriana.
Nel volume sono raccolte e presentate quarantadue epigrafi funerarie di pontefici sepolti presso la basilica di San Pietro in Vaticano, tra il V e XII secolo, Papa Leone Magno (440-461) Eugenio III (1145- 1153). Un accurato lavoro che mette a confronto i testi epigrafici, le sepolture e il contesto topografico di riferimento ma anche i testi contenuti nelle iscrizioni.
Nelle iscrizioni che si trovano nella basilica e che sono state recuperate dall’antico edificio di Costantino grazie a Papa Paolo V, si trovano interessanti sintesi delle attività del Vescovo di Roma. I Papi erano sepolti “ad sanctum Petrum”, manifestando così anche visibilmente la petrinitas della Chiesa di Roma.
Un esempio interessante, come ha spiegato Pietro Zander Direttore dell’Ufficio Necropoli, Conservazione e Restauro Beni Artistici e Comunicazione della Fabbrica di San Pietro in Vaticano presentando il volume, è quello di San Leone Magno che nel 461 fu il primo papa ad essere sepolto nella Basilica di San Pietro e che ebbe ben cinque diverse sepolture: tre nella Basilica antica, due nella nuova.
Leone I fu originariamente sepolto nella camera funeraria sotto il Secretarium, la già ricordata sacrestia papale; 207 anni dopo, il 28 giugno 668, papa Sergio I traslò le sue spoglie al centro del portico in facciata, in publico loco – come leggiamo nel suo epitaffio, riscritto in tale circostanza e forse ispirato al testo più antico; nel IX secolo papa Leone IV trasferì il corpo di Leone I all’interno della Basilica, nel transetto di sinistra.
E’ da ricordare anche che all’inizio del XII secolo Pasquale II (1099-1118) pose presso la tomba di Leone I anche i corpi dei tre Santi papi, suoi successori, di nome Leone: Leone II (682-683), Leone III (795-816) e Leone IV (847-855); il 26 maggio 1607 fu scavata la tomba e, con stupore di tutti, fu ritrovato il Corpo di San Leone Magno ancora integro e perfettamente conservato. Il giorno seguente avvenne la traslazione solenne delle reliquie del santo Dottore della Chiesa all’altare della Madonna della Colonna, ubicato presso l’angolo sud-ovest della basilica; l’11 aprile 1715, trascorsi 108 anni dal rinvenimento del corpo del venerato pontefice, i resti mortali del Papa vennero traslati dall’altare della Madonna della Colonna al vicino altare di San Leone, che nel frattempo era stato dotato di una magnifica pala d’altare in marmo, scolpita da Alessandro Algardi e recentemente restaurata. Fu questa la quarta e ultima traslazione. Non proprio un “riposare in pace” quindi per molti pontefici.
Le zone funerarie della basilica di Costantino erano tre: il secretarium, ovvero l’antica sacrestia all’angolo sud della facciata; il portico in facciata; e la porticus pontificum, corrispondente alla navata meridionale, a cui si accedeva dalla cosiddetta Porta di Sant’Andrea. Di queste tombe di papi rimane ancora oggi una memoria iconografica nella nuova Basilica.
Come ricorda Zander “il portico in facciata, denominato nelle guide anche “atrio”, è infatti dominato da 38 statue dei primi pontefici, collocate sul cornicione e realizzate in stucco dorato da maestranze del Canton Ticino nel 1618.
Tra questi papi santi, con il triregno in capo e con la palma del martirio, riconosciamo anche, nel cosiddetto vestibolo di Calo Magno, la statua di San Leone Magno, che si trova - non per caso - a sinistra del portico dove era il secretarium, luogo della sua originaria sepoltura.
C’è poi la porticus Pontificum, la tradizione di collocare le tombe dei papi lungo la navata meridionale della basilica, era ancora viva nel XV e XVI secolo, basti pensare ad esempio alle tombe dei papi Marcello II, Nicolò V e Paolo II”.
Nelle Grotte c’è la cappella della “Madonna delle Partorienti” con gli affreschi di Giovan Battista Ricci da Novara del 1618. Fu Paolo V Borghese a volerli per ricordare delle vedute generali dell’antica basilica che non si sarebbero più viste.
Era il 1605 quando venne demolita l’ultima parte della basilica costantiniana per allungare la chiesa rinascimentale. Le Grotte Vaticane diventano così luogo di memorie storiche, devozioni e tombe di papi. I cimeli della basilica di Costantino vengono “salvati” . Sono marmi, mosaici, bassorilievi, affreschi e, naturalmente iscrizioni, tante iscrizioni, ma in realtà pochissime se rapportate all’immenso patrimonio epigrafico dell’antica basilica andato perduto.
A salvare le iscrizioni fu soprattuto l’erudito canonico di San Nicola in Carcere Francesco Maria Torrigio autore della prima guida sulle Grotte Vaticane, stampata a Viterbo nel 1618 e più volte ampliata e ristampata.
Era un primo vero museo di antichità cristiane. Molte delle iscrizioni sono riportate nel volume di Bucarelli. E la lettura di queste iscrizioni riserva sorprese anche per gli amanti della letteratura classica. Molte sono in versi distici ed esametri)con numerose citazioni e riferimenti alle Sacre Scritture, ma anche con molte citazioni di testi classici, soprattutto di Ovidio e Virgilio.
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