Città del Vaticano , 29 January, 2022 / 11:00 AM
Paradossale: così viene definito l’impatto della pandemia sul movimento ecumenico da un documento redatto dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Paradossale, perché “sebbene la pandemia abbia impedito molti contatti e progetti”, la crisi “è stata anche una opportunità di rafforzare e rinnovare le relazioni tra cristiani, e anche di creare nuove forme di comunione tra loro”.
Il documento di lavoro si chiama “Ecumenismo in tempo di pandemia: da crisi ad opportunità”, ed è il frutto di una indagine condotta nel 2021 tra tutte le Conferenze Episcopali e i sinodi orientali cattolici. Pubblicato in inglese, francese e spagnolo, fornisce un quadro generale che non evita di mettere in luce le difficoltà sorte, anzi, dà loro ampio risalto, ma allo stesso tempo sottolinea anche l’aspetto positivo, fino a chiedersi se si stia andando verso un nuovo “ecumenismo digitale” e se poi, in fondo, gli incontri faccia a faccia servano davvero.
L’indagine è stata sviluppata attraverso un questionario, intitolato “Comprendere la Comunione Ecclesiale in tempo di distanziamento sociale” inviato il 19 gennaio 2021 a 142 realtà. Di queste, hanno risposto in 88: 39 dall’Europa, 16 dall’Africa, 14 dall’America, 13 dall’Asia, 4 da Medio Oriente e Nord Africa e 2 dall’Oceania. Tra questi, sei risposte erano arrivati da Sinodi cattolici orientali.
Ne è venuto fuori un testo in tre parti: la prima sulle opportunità offerte dalla pandemia al movimento ecumenico, la seconda sulle conseguenze negative e la terza, appunto, sulle sfide ecumeniche. Il testo utilizza direttamente, citandole, le risposte delle Conferenze Episcopali, secondo un metodo di condivisione che permette, dunque, di identificare le sfide anche geograficamente.
Quali sono gli aspetti positivi, dunque? Prima di tutto, “l’esperienza di una vulnerabilità condivisa”, unità all’attenzione per le risposte che le altre Chiese hanno “dato alla pandemia”, valorizzando “pratiche e iniziative” di altri cristiani nel guardare alle risposte dalla pandemia. Con una eccezione: evangelici e pentecostali, con cui è stato difficile avere a che fare su temi come la comprensione della pandemia e l’attitudine verso le regole sanitarie.
Secondo l’inchiesta, “la crisi ha anche offerto nuove opportunità di pregare, di lavorare e di riflettere insieme”, ma ha soprattutto permesso di “riscoprire la sacramentalità della Parola di Dio”, e di rimettere al centro la Preghiera del Signore, mentre “in alcuni contesti, le posizioni di minoranza della Chiesa Cattolica sono risultai in una solidarietà ecumenica con altre comunità cristiane di minoranza”.
Altro dato positivo, una collaborazione nelle “relazioni con i governi nazionali”, considerando che molti rapporti indicano che “i cristiani hanno dovuto fare i conti con il fatto che durante la pandemia, la religione è stata considerata un servizio ‘non essenziale’.”
Poi, c’è stato il crescente lavoro insieme per aiutare quanti sono stati colpiti dalla crisi, la risposta alle sfide pastorali che ha rappresentato una grande preoccupazione ecumenica, con come conseguenza una serie di incontri online su temi affrontati da un punto di vista ecumenica, come la missione, il ministero, la liturgia, e le questioni di salute.
A fare le spese della crisi è stato, invece, il dialogo teologico, che ha risentito della mancanza di incontri. Ma, in generale, la pandemia – e siamo passati a guardare le conseguenze negative – ha portato alla luce “nuove profonde divergenze teologiche tra le tradizioni cristiane”, ampliando il divario tra chiese “sacramentali” e “non sacramentali”.
Le divisioni ci sono state anche sulle differenze nell’interpretazione della pandemia, tra teorie di cospirazione, interpretazioni della pandemia come una punizione divina o anche la questione dei vaccini.
Il documento nota che “se la difesa della libertà religiosa è stata una opportunità per la collaborazione ecumenica”, le tensioni sono comunque salite riguardo “il modo in cui implementare le restrizioni ecclesiali”.
Al di là della questione spirituale, la pandemia ha anche sollevato “sfide ecclesiali”, ha “favorito una crescente partecipazione del laicato”, ha mostrato “l’importanza della famiglia come nucleo di fede e culto”, ha avvicinato le persone attraverso le celebrazioni on line.
Resta, però, la preoccupazione di come far rimanere queste persone che si sono avvicinate. Ed è qui che viene il punto. “La pandemia – si legge nel documento – non solo sfida le Chiese con domande ecumeniche, ma sfida anche il movimento ecumenico con questioni ecologiche”, a partire dal concetto di comunione ecumenica, perché “la comunione è strettamente legata alla comunicazione”.
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