Betlemme, 27 December, 2021 / 4:00 PM
Oggi è un villaggio arabo che si chiama Beit Sahour. Non è lontano da Betlemme e di artistico non ha nulla. Nemmeno la chiesetta che ricorda una tenda beduina custruita negli anni ’50 del secolo scorso dai francescani, davvero bruttina.
Certo doveva essere molto più bello il monastero su una collinetta vicina di cui forse già parla San Girolamo che v secolo definiva una zona con il nome di “ Torre del gregge”.
Girolamo fa comprendere che un culto dei “pastori che vegliavano” era già vivo nel IV secolo e pur se non ci sono ovviamente resti degli accampamenti, nei secoli si è sviluppato un culto della veglia, e specialmente delle veglia monastica notturna. Ecco perché il monastero. Anche se gli scavi di metà ‘800 fecero pensare a Carlo Guarmani della Amabsciata di Francia, di aver trovato le “tombe dei pastori” come raccontava il pellegrino Arculfo. Ad inizio del ‘900 i francescani comprarono il terreno ed iniziarono negli anni’50 degli studi archeologici sistematici. E il monastero si trovò. Fondato nel 400 circa rifatto varie volte fu attivo per almeno 400 anni. Nelle grotte di cui come abbiamo visto è ricca la zona si sono trovate tracce di varie attività agricole e sulle pareti erano scritte diverse invocazioni.
La chiesa del monastero era costruita a terrazza e difficile da raggiungere. Sta di fatto che il luogo era frequentato sicuramente al tempo di Gesù proprio per la posizione, e in molte grotte della zona sono state ritrovate monete e ceramiche dell’epoca di Erode.
Questa parte è definita il campo “latino”, poco lontano a meno di mezzo chilometro infatti c’è il campo “greco”.
Sono stati gli ortodossi a gestire questa parte del campo, o meglio dei campi aperti ( ormai sempre meno per le crescita dell’abitato). Alcuni scavi in questa zona furono fatti negli anni ’70 e hanno fatto ritrovare ben 5 edifici sacri sovrapposti.
Una grotta coeva del monastero latino, dei sepolcri, una chiesetta del V secolo, poi una cappella pensile con un pavimento a mosaico e ancora una chiesa a tre navate distrutta dall’invasione persiana nel 614 e infine una ulteriore chiesa che rimase attiva fino al X secolo.
Ma la questione del campo dei pastori resta aperta, tanto che oggi i francescani pensano di riprendere gli studi e gli scavi.
Ci sono diverse domande cui rispondere anche per lo “sdoppiamento” degli edifici greci e latini.
Intanto i francescani che curano il luogo “latino” hanno iniziato la costruzione di un centro di accoglienza per i pellegrini. A sostenere le spese saranno dei donatori degli Stati Uniti e il lavoro è in territorio sottoposto all’Autorità Palestinese.
Sarà anche un modo per offrire lavoro a famiglie che durante il tempo della pandemia hanno particolarmente sofferto dal punto di vista economico per la sospensione prolungata del tradizionale flusso di pellegrini.
Il Campo dei pastori nonostante le divisioni e le difficoltà apre lo spazio alla meditazione sul senso della veglia e sul significato dell’annuncio ai più poveri della società dell’ Israele del tempo di Gesù. I primi testimoni del grande evento della nascita di Gesù sono appunto loro, i pastori che vegliano. “ Appartenevano ai poveri, alle anime semplici- scrive Benedetto XVI nel suo libro sul Vangeli dell’ Infanzia- che Gesù avrebbe esaltato, perché soprattutto ad essi è riservato l’accesso al mistero di Dio”. Così i monaci che vegliavano trovarono naturale vivere in quei luoghi. E infine c’è un legame con il Vecchio testamento. Davide, dalla cui stirpe viene Gesù, è un pastore. E il profeta Michea annuncia che da Betlemme uscirà il pastore di Israele. Gesù quindi nasce tra i pastori: “Egli è il grande pastore degli uomini” scrive Benedetto XVI ricordando le Scritture.
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