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Alla scuola della Famiglia di Nazareth

Immagini che la storia della Chiesa difficilmente potranno mai dimenticare. Vivi colori dipingono i fotogrammi delle riprese del viaggio di Papa Paolo VI a Nazareth: la prima volta di un pontefice nella Terra Santa, la terra di Cristo e di Maria. Un pellegrinaggio di tre giorni   - dal 4 al 6 gennaio del    1964 - che Papa Montini aveva voluto fortemente. Il viaggio si svolse nel pieno dei lavori del Concilio Vaticano II. Fu un pellegrinaggio denso di significati, di simboli: la Messa al Santo Sepolcro e - soprattutto - l’incontro a Gerusalemme con il patriarca di Costantinopoli Athenagoras. 

Fra le varie tappe del viaggio apostolico vi fu Nazareth. Era il 5 gennaio 1964 quando Papa Paolo VI visitò la basilica dell’Annunciazione, luogo in cui - secondo la tradizione - l’arcangelo Gabriele annunciò a Maria la nascita del Figlio Gesù. Per questo motivo è una delle mete principali e irrinunciabili dei pellegrini che visitano la Terra Santa. In questo luogo così denso di storia e di fede, dove tutto è cominciato con quell’annuncio dell’arcangelo alla Madre di Gesù, Paolo VI si soffermò            - in uno dei più poetici discorsi del suo pontificato - sul senso del silenzio della casa di Nazareth. A commemorare l’evento, una lapide: un medaglione in terracotta rossiccia rappresenta il volto del pontefice bergamasco e, sotto, un’iscrizione che reca la scritta in duplice lingua, italiana e araba: “Papa Paolo VI. Pellegrino a Nazareth. 5. 1. 1964”.

Il discorso pronunciato dal pontefice è un vero e proprio capolavoro di eloquenza. L’arte della parola è propria di Paolo VI. Un discorso che riesce a coniugare - in perfetto equilibrio di suoni e di significati dei termini utilizzati - spiritualità, teologia e addirittura sociologia.  Dalla cura delle parole scelte, sembra fuoriuscire il Montini giornalista degli anni giovanili. Il suo periodare è armonico, alto e profondo. Ogni parte del discorso invoglia alla meditazione, alla riflessione sul senso del silenzio della Sacra Famiglia di Nazareth. L’incipit cattura subito l’ascoltatore e lo proietta in un viaggio all’interno della casa di Gesù, Maria e Giuseppe: “La casa di Nazareth è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo. Qui si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato così profondo e così misterioso di questa manifestazione del Figlio di Dio tanto semplice, umile e bella”.

Paolo VI, poi, si sofferma sull’aspetto pedagogico di quella che lui stesso chiama “scuola di Nazareth” a cui tutti i cristiani sono chiamati a guardare come esempio. Montini ne parla con un linguaggio evocativo, carico di metafore che hanno tutto il suono e il senso della poesia:

“Qui tutto ha una voce, tutto ha un significato. Qui, a questa scuola, certo comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo. Oh! come volentieri vorremmo ritornare fanciulli e metterci a questa umile e sublime scuola di Nazareth! Quanto ardentemente desidereremmo di ricominciare, vicino a Maria, ad apprendere la vera scienza della vita e la superiore sapienza delle verità divine!”.

Ma nel discorso c’è anche spazio a una sorta di critica sociologica, se così può definirsi. Infatti, il pontefice del Concilio Vaticano II, dei nuovi tempi della Chiesa, prossima alle nuove frontiere a cui  la società dell’epoca si stava avvicinando, non risparmia parole riguardo a un “silenzio” che, a causa di una nuova industrializzazione dell’Italia e del Mondo, cominciava a perdersi. Siamo negli anni ‘60, in pieno boom economico, e le industrie, le fabbriche e i nuovi mezzi di comunicazione cominciavano ad espandersi in maniera prorompente. Papa Montini non può non osservare questo cambiamento sociale dell’epoca e cerca - allora - di sollecitare i fedeli a non smarrire la vita interiore, quella dello spirito:

“Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Oh! silenzio di Nazareth, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri”.

Il giorno dopo, il 6 gennaio, giorno dell’Epifania, il Papa celebrò la Messa nella Basilica della Natività di Betlemme, appellandosi alla pace nel mondo e all’unità dei cristiani. Dopo un nuovo incontro con Athenagoras, Paolo VI ripartì per Roma, definendo il suo viaggio “un anello che si collega ad una tradizione secolare” e “un inizio di nuovi eventi che possono essere grandi e benefici per la Chiesa e per l’umanità”. E fu proprio così.

 

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