Città del Vaticano , 24 December, 2021 / 8:16 PM
Il Vangelo della Notte di Natale insiste su un contrasto. “Racconta la nascita di Gesù cominciando da Cesare Augusto ma subito dopo ci porta a Betlemme dove di grande non c’è nulla: solo un povero bambino avvolto in fasce, con dei pastori attorno. Lì c’è Dio, nella piccolezza: Dio non cavalca la grandezza, ma si cala nella piccolezza. La piccolezza è la via che ha scelto per raggiungerci, per toccarci il cuore, per salvarci e riportarci a quello che conta”. Lo ha detto il Papa, questa sera, nell’omelia pronunciata celebrando in San Pietro la Messa della Notte di Natale.
“Contempliamo il Bambino. Nella sua piccolezza – ha ricordato il Pontefice - c’è tutto Dio. Lasciamoci attraversare da questo scandaloso stupore. Colui che abbraccia l’universo ha bisogno di essere tenuto in braccio. La tenerezza in persona ha bisogno di essere coccolata. L’amore infinito ha un cuore minuscolo, che emette lievi battiti. La Parola eterna è incapace di parlare. Il Pane della vita deve essere nutrito. Il creatore del mondo è senza dimora. Oggi tutto si ribalta: Dio viene al mondo piccolo. La sua grandezza si offre nella piccolezza”.
Natale – ha detto ancora Papa Francesco – è una sfida. “Dio si abbassa e noi vogliamo salire sul piedistallo. L’Altissimo indica l’umiltà e noi pretendiamo di apparire. Dio non ricerca forza e potere, domanda tenerezza e piccolezza interiore. Ecco che cosa chiedere a Gesù per Natale: la grazia della piccolezza”.
“ Accogliere la piccolezza – ha ribadito il Papa - significa ancora una cosa: abbracciare Gesù nei piccoli di oggi. In questa notte di amore un unico timore ci assalga: ferire l’amore di Dio, ferirlo disprezzando i poveri con la nostra indifferenza. Sono i prediletti di Gesù, che ci accoglieranno un giorno in Cielo”.
Alla sua nascita – ha spiegato Francesco - Gesù “è circondato dai poveri. I pastori. Gesù nasce lì, vicino a loro, vicino ai dimenticati delle periferie. Viene dove la dignità dell’uomo è messa alla prova. Viene a nobilitare gli esclusi e si rivela anzitutto a loro, a gente povera che lavorava. Dio stanotte viene a colmare di dignità la durezza del lavoro. Ci ricorda quanto è importante dare dignità all’uomo con il lavoro, ma anche dare dignità al lavoro dell’uomo, perché l’uomo è signore e non schiavo del lavoro. Nel giorno della Vita ripetiamo: basta morti sul lavoro! E impegniamoci per questo”.
Questa notte – ha concluso il Papa – “torniamo a Betlemme, torniamo alle origini: all’essenzialità della fede, al primo amore, all’adorazione e alla carità. Dio ci conceda di essere una Chiesa adoratrice, povera e fraterna”.
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