Padova, 24 December, 2021 / 4:00 PM
E poi innumerevoli volte si è messo e si mette alla ricerca della sua creatura. Anche l’uomo Lo cerca, da sempre, nonostante gli infiniti tradimenti e travisamenti. Ha sempre tentato di immaginare come e dove potesse mostrarsi la Sua presenza, dove poter incontrarLo anche in questo pellegrinaggio terreno. Ogni religione ha individuato o luoghi sacri in cui ci si aspetta che il divino si faccia presenza di cui sia possibile una sia pur imperfetta esperienza. Dalle grotte preistoriche ai templi dell’antichità pagana, dalle sinagoghe alle moschee, dalle cattedrali alle più minuscole cappelle il percorso si snoda attraverso i millenni, la storia, lo sforzo creativo ed estetico.
Ciascuno può provare a individuare il luogo in cui più acutamente ha percepito la presenza del divino, del mistero. Può accadere tra le oniriche colonne dell’Alhambra, a Granada, o al cospetto del Muro del Pianto, a Gerusalemme, tra le volte della cattedrale di Chartres o nella penombra di una chiesa romanica lungo la via Francigena. Chi scrive ha fatto questa esperienza in particolare tra le pareti senza volta dell’abbazia di San Galgano, nei pressi di Siena, e nel complesso di san Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo, in provincia di Foggia: nel cielo al tramonto che filtrava la sua luce lungo le pareti di pietra medievale, nel fumo delle candele e nel brusio delle preghiere mormorate dai pellegrini, mentre nella penombra si disegnava il profilo dell’Arcangelo difensore dalle insidie di satana, abbiamo provato concretamente – fosse anche solo per un attimo - cosa potesse significare la definizione “dimora di Dio”.
Anche oggi, in questo nostro tempo desacralizzato e votato al perpetuo consumismo, le tracce tangibili di questo percorso ci richiamano e ci affascinano. Analisi e studi ci fanno sapere che le chiese si svuotano ma non così i santuari e gli edifici sacri meta di pellegrinaggi, persino in questi lunghi mesi oscurato dalla pandemia. Alla Mecca milioni di persone continuano ad affollarsi e a pregare, così come nei templi più importanti dell’induismo e del buddismo. Nonostante tutto, questo significa che gli uomini, in ogni latitudine e spinti dalle fedi più diverse, cercano ancora l’incontro con Dio.
E questa convinzione si fa più forte nel periodo in cui si festeggia il Natale. Ecco allora appena arrivato in libreria un libro prezioso, sia per la sua veste editoriale, sia per il suo contenuto e l’importanza del suo autore: “Le dimore di Dio. Dove abita l’eterno”, scritto da Franco Cardini, edizioni Il Mulino.
E’ ormai diffusa l’opinione che Dio sia già sceso almeno una volta sulla terra per venirci a cercare, accettando per questo lui, re del cielo, di giacere bambino in una grotta. Spetta a noi adesso andare a cercarlo. Ed è così che d sempre l’uomo costruisce templi per incontrare Dio, spiega in sintesi l’autore, che propone dunque questo viaggio affascinante alla ricerca delle “dimore di Dio” e, in fondo, del senso della nostra esistenza terrena. Cercare, come spiega Cardini, “l’introvabile onnipresente”. Introvabile, ma alla cui ricerca non si può rinunciare.
Abbiamo citato prima l’abbazia di San Galgano e Monte Sant’Angelo: nel libro se ne parla, ci sono foto che le illustrano, insieme a moltissimi altri luoghi spiritualmente e anche artisticamente importanti. Un’occasione, quindi, anche per fare un viaggio senza confini e limiti, almeno con la mente, visto che ci sono, in questo momento, mille altri impedimenti. Cardini, poi racconta quando e dove ha percepito “un barbaglio della fulgida dimora di Dio”. Ossia nel tempo sospeso e reso quasi eterno di un’alba autunnale, sulle pendici del monte della Penna, “che sovrasta il luogo nel quale Francesco ricevette le stimmate e dove ora sorge il famoso convento della Verna”. E ancora una domenica mattina di freddo intenso e di luce limpida a Parigi, entrando di buon’ora nella Sainte Chapelle , in modo da poterla ammirare in santa pace, senza le solite orde di turisti: “e venni inondato dalla luce liquida e iridescente – porpora, smeraldo, topazio – che scendeva dalle altissime vetrate in un arcobaleno alchemico”. Una sensazione che spesso si prova quando si sosta in silenzio sotto le vetrate delle grandi cattedrali che a partire dal 1000, 1100, hanno cominciato a punteggiare il paesaggio europeo, a rifulgere come una scia di costellazioni nel cuore della civiltà occidentale.
In una recente intervista il professor Cardini ha spiegato che esistono molte “porte di Dio”, individuandole ad esempio a Venezia, a Ravenna, con i suoi mosaici che non cessano di stupire e commuovere, a Bari, che restano sempre “aperte” e disponibili all’incontro. Però oggi noi “viviamo come se Dio non ci fosse. Abbiamo sostituito Dio con l’economia, la finanza, la volontà di potenza.”. E sempre più spesso al posto della fede avanza “il fanatismo”. La naturale conseguenza di questo processo è anche l’incapacità di riconoscere sempre più faticosamente i segni del sacro. Che pure continuano a “resistere”, a farsi presenza. “Non sono queste le dimore di Dio”, conclude l’autore, “Ma forse la luce che da esse promana, ne reca il riflesso della fede, l’aroma della speranza, il respiro della carità”.
Franco Cardini, Le dimore di Dio, edizioni Il Mulino, pp.342, euro 28
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