Padova, 03 December, 2021 / 6:00 PM
Nella notte buia che avvolge e isola ogni cosa, rendendola magica e silenziosa, il Suo piccolo corpo emana la luce, un corpo appena lavato nell’acqua del catino.
La Madre è insieme alla levatrice, una scena che Lorenzo Lotto deve aver visto, o sentito descrivere molte volte, come si nasce nelle campagne e nelle città del Cinquecento. Un atto difficile, doloroso, a volte persino mortale – e sembra un paradosso – quello di nascere, in quel tempo. Nella Natività Lotto mette in scena la grandezza della nascita di Gesù come un mistero quotidiano, a cui la levatrice assiste quasi incredula, stupefatta. Quel corpicino di neonato riluce, è il miracolo quotidiano della vita ma è anche l’atto della salvezza: può mai davvero compiersi, la salvezza dell’uomo, grazie a questa piccola, fragile creatura che guarda alla Madre perdutamente?
Questo quadro di straordinaria intensità e bellezza, dipinto appunto da Lotto, fa parte della magnifica “galleria immaginaria” creata da Rosa Giorgi, storica dell’arte e direttrice del Museo dei Cappuccini di Milano, esperta di iconografia e iconologia cristiana, che nel libro-strenna “Il presepe nell’arte”, pubblicata da Terra Santa Edizioni, invita il lettore a immergersi nel mistero della nascita del Salvatore attraverso opere come quella del Lotto, l’Adorazione dei Magi di Beato Angelico, di El Greco e molti altri ancora. Anche seguendo la traccia dei molteplici simboli, significati biblici, curiosità e leggende.
Nessuno degli evangelisti ha dato una descrizione precisa della Natività. Eppure l’arte ha cominciato molto presto a rappresentarla. Fin dai primi secoli, le rappresentazioni artistiche hanno fondato il loro contenuto teologico sulle tradizioni orali e poi, successivamente, sulle fonti scritte, apocrife e canoniche, in particolare il Vangelo secondo Luca. Un filo rosso che si dipana tra pale d’altare, grandi affreschi e mosaici, trittici in avorio, piccole tavole per la devozione domestica e pagine miniate.
Siamo ormai entrati nel tempo dell’Avvento e forse quest’anno più che mai sentiamo il bisogno di avere un concreto punto di riferimento per vivere queste festività nella profondità dello spirito, con la percezione sempre più chiara che il brilluccichio esteriore di luci, oggetti, feste, corse frenetiche, viaggi e l’imperativo categorico di “divertirsi” a tutti i costi non ci riempie l’anima.
Quest’anno, come nel 2020, dobbiamo convivere con la presenza incombente della pandemia, con le paure, le solitudini, le angosce per il futuro…Quale luce più calda e davvero vicina di quella che emana dalla grotta di Betlemme?
Il presepe, allora, ritorna ad essere al centro delle meditazioni e delle letture, una bellezza prossima e coinvolgente. Dalle composizioni casalinghe, a quelle elaborate delle grandi cattedrali o delle mostre artistiche, dalle grandi opere dell’arte alle storie per i bambini, persino fino agli intrighi di una vicenda che si tinge di “giallo”.
Al centro del romanzo ''Il restauratore di vetri'', infatti, compare un ricco e raffinato presepe di vetro di Murano, composto di duecentocinquantacinque pezzi, realizzato a metà Cinquecento come dono della Serenissima Repubblica di Venezia per il duca di Parma e Piacenza Pier Luigi Farnese. Un romanzo con precisi connotati storici per lettori che sappiano apprezzare anche un uso ricercato della scrittura, quello proposto da Bruno Tobia, docente universitario di storia e fotografo. Il prezioso e delicato presepe lo ritroviamo poi a Napoli nel 1799, nel periodo della Repubblica partenopea, dove è oramai ridotto a centossessantaquattro pezzi che vengono sequestrati dal capitano Bellier per portarli in Francia.
Si arriva quindi a Roma verso la metà dell’Ottocento sotto il pontificato di Gregorio XVI, quando ne entra in possesso il principe Domenico Orsini che lo perde, sotto una pioggia di pietre e calcinacci nel suo palazzo per un violento terremoto da cui si salva solo il gruppo centrale della Sacra Famiglia, col Bambinello a parte conservato in un astuccio di pelle rossa. Il racconto passa a descrivere la Roma nel febbraio del 1956, quando sulla Capitale cadde per giorni una storica e abbondantissima nevicata. Poi il delitto come da programma, quando entra in scena il commissario Rinaldi a indagare, con Roma e il presepe di vetro, in primo piano.
Con “Testimoni del Natale. Un pastore e un magio raccontano” (Edizioni Messaggero Padova) entriamo nel mondo incantato dell’infanzia, dove realtà e fantasia convivono, si intrecciano, compongono e scompongono racconti. Giorgio Ronzoni, parroco di Santa Sofia e insegnante di teologia pastorale e di catechetica, insieme al grafico Alessandro Chiarini, sono gli autori di questo singolare libro che descrive il Natale a partire dalla “testimonianza” diretta di un pastore e di un magio. In una dimensione diversa in cui, sia pure lasciando spazio alla fantasia, si sfatano anche alcuni luoghi comuni a favore di una rilettura più aderente alla realtà storica. Ad esempio, rivelando che Gesù non è nato proprio il 25 dicembre dell’anno 0 e la stella di Betlemme non era esattemente una cometa. Spiegando com’è nata la tradizione dell’allestimento del presepio, rispondendo alle domande più classiche: c’erano davvero, nel luogo dov’è nato Gesù, il bue e l’asinello? I Magi chi erano veramente? Ed erano proprio in tre? Al di là delle risposte e della curiosità soddisfatte, resta intatta la magia del Natale.
Rosa Giorgi, Il Presepe nell’arte, Edizioni Terra Santa, euro 34, pp.368
Bruno Tobia, Il restauratore di vetri, Gemma Editore, pp.278, euro 18
Giorgio Ronzoni, Alessandro Chiarini, Testimoni del Natale, Edizioni Messaggero Padova, euro 5
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