Palermo, 30 October, 2015 / 9:00 AM
Dopo quasi tre anni di attesa – dalle dimissioni del card. Paolo Romeo (febbraio 2013) – Papa Francesco ha nominato arcivescovo di Palermo don Corrado Lorefice, un sacerdote di origini ragusane, docente di teologia morale e vicario episcopale a Noto, ma soprattutto parroco della chiesa di San Pietro a Modica.
Nel curriculum vitae del nuovo arcivescovo – oltre a titoli e incarichi teologici di rilievo – emerge con predominante insistenza una particolare stima nei confronti del sacerdote e martire palermitano don Pino Puglisi, con il quale mons. Lorefice ha collaborato per quasi un triennio al Centro Regionale Vocazioni di Sicilia. Nella lettera inviata alla Chiesa di Palermo, immediatamente dopo l’annuncio ufficiale della sua nomina ad arcivescovo, don Corrado non nasconde lo stupore per l’inattesa elezione e il senso di inadeguatezza avvertito di primo acchito; sentimenti, questi, che lo hanno portato a fissare il Crocifisso per ripetere insieme a san Paolo: «tutto posso in colui che mi dà la forza» (Fil 4, 13). «Nessuno – prosegue Lorefice – nella Chiesa è costruttore, ma solo una pietra che Dio pone sulla pietra angolare che è Gesù Cristo (cfr. 1Pt 2, 4-8)».
Ogni anticipazione relativa al programma pastorale che vorrà mettere in atto è certamente prematura, ma qualche dettaglio, tuttavia lo si può evincere da quella singolare stima che il Parroco-vescovo nutre nei confronti del beato Pino Puglisi. «Don Puglisi, – scrive Lorefice in uno dei suoi libri “La compagnia del Vangelo. Discorsi e idee di don Pino Puglisi a Palermo” – con la scelta della povertà, al di là delle parole, ha “pro-vocato” non solo la sua comunità parrocchiale ma altresì la Chiesa palermitana e dell’intera Isola a riscoprire la sua nativa chiamata ad essere povera, con e per i poveri. […] Con lui, amico e compagno di cammino […] condividiamo la visione evangelica di una Chiesa in diaconia del mondo; di comunità cristiane fraterne, animate da preti che le aiutino a storicizzare creativamente l’unico ed esclusivo mandato […]: condividere con tutti gli uomini, nella povertà dei mezzi e con la forza della mitezza, l’energia liberante e risanante dell’Evangelo del regno».
Parole che sembrano già mettersi in movimento verso il cuore di ogni periferia umana, e come aspetto programmatico e pastorale di un nuovo ministero episcopale si dirigono velocemente verso Palermo, parole che – non vi è dubbio – non vogliono rimanere impresse in un bel libro e che Papa Francesco non si è lasciato sfuggire per decidere sul futuro della Chiesa palermitana.
«La condivisione del Vangelo non esclude nessuno, – afferma il cinquantatreenne sacerdote – la nostra comunità diocesana promuoverà il dialogo con il mondo della cultura, specialmente con l’Università e con gli altri centri di ricerca e di studio». Un dialogo aperto verso tutti «con ogni donna e ogni uomo di questa terra che diventa mia, con i fratelli di tutte le confessioni cristiane e di ogni religione».
La prima cosa che farà il nuovo arcivescovo di Palermo: «Ascoltare, ascoltare… e volere bene». «È mia ferma intenzione – prosegue don Corrado – accogliere tutti, dialogare con tutti». A tal proposito abbiamo chiesto a don Salvatore Priola, Rettore del Santuario di Altavilla Milicia e Direttore della Scuola Teologica di Base di Palermo, un breve commento. «Il nuovo Arcivescovo – dichiara don Salvatore Priola – viene a trovare una Chiesa che ha bisogno di essere ascoltata, e soprattutto un presbiterio che chiede di essere ascoltato, che vuole essere preso in considerazione, accompagnato, sostenuto, incoraggiato. Mons. Lorefice viene a trovare le più belle disponibilità da parte del presbiterio e la più sincera collaborazione da parte di tutti. Di questo abbiamo bisogno e di questo è capace anche il presbiterio di Palermo. Ci sono tante belle risorse umane, di intelligenza di volontà di spiritualità, tanti ministeri e tanti carismi che fanno bella la nostra Chiesa di Palermo. Noi attendiamo questo nuovo pastore che il Signore ci manda, offrendogli tutto questo e nello stesso tempo chiedendogli di saperlo accoglierlo, valorizzare e organizzare». A proposito delle etichette (prete di strada, di periferia ecc.) circolate in questi giorni, don Priola risponde: «Io credo che un prete e un vescovo non abbiano bisogno di etichette, le etichette non fanno bene a nessuno. Noi abbiamo bisogno di un vescovo che venga a fare ciò che gli compete, con tutto il cuore, col senso di donazione di sacrificio che gli è richiesto».
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