Città del Vaticano , 25 November, 2021 / 1:30 PM
Fare sì che la Parola di Dio corra. Lo diceva, seguendo San Paolo, il Beato Giacomo Alberione, che a questo dedicò tutta la sua vita e che su quest’opera mise tutte le congregazioni. Apostolo dei media, Papa Francesco ne incontra le varie famiglie di consacrati che si sono sviluppate intorno alla sua opera per ricordarne la figura. E a loro chiede, nonostante la moderna tecnologia rientri sempre più nella pastorale ordinaria, di non far mai mancare il loro lavoro sul campo, di non perdere il contatto umano.
Sono passati cinquanta anni dalla morte del Beato Giacomo Alberione, fondatore di varie congregazioni e apostolo dei media. I frutti del suo apostolato dei media, nato in una veglia di Capodanno quando gli risuonarono nelle orecchie le parole di uno scrittore tedesco (“Se San Paolo fosse vissuto oggi, avrebbe fatto il giornalista”), si vede oggi in una diffusa casa editrice e in riviste dal taglio innovativo. Non solo la celebre Famiglia Cristiana, che arrivò persino ad una tiratura di un milione di copie, ma anche Jesus, Credere e Il Giornalino, giornale per ragazzi che ha formato generazioni.
Paolo VI lo andò persino a trovare sul letto di morte, considerando don Alberione come una mente in grado di “scrutare i segni dei tempi”, e lo volle anche come uditore al Concilio Vaticano II. E sono proprio le parole di Paolo VI che Papa Francesco prende a prestito per raccontare il Beato Alberione, definito, “Umile, silenzioso, instancabile, sempre vigile, sempre raccolto nei suoi pensieri, che corrono dalla preghiera all’opera, sempre intento a scrutare i ‘segni dei tempi’ cioè le più geniali forme di arrivare alle anime”.
E sempre riprendendo Paolo VI, Papa Francesco esorta la famiglia Paolina a rivedere quelle parole e di sentirsi interpellati “nella concretezza della vostra esistenza di consacrati, che dalla preghiera riceve la capacità di scrutare i ‘segni dei tempi’ per adeguare i progetti apostolici alle situazioni e ai bisogni della gente di oggi”.
Papa Francesco ricorda che Don Alberione considerava l’Apostolo Paolo come “vero fondatore”, come “modello da imitare”, “e la sua intuizione forte e chiara è stata che questa via è per voi la via dell’apostolato, vale a dire il servizio dei fratelli assetati, magari inconsapevolmente, della luce e della gioia del Vangelo”.
Brilla, nelle iniziative apostoliche della Famiglia Paolina, la “passione per il Vangelo”, dice Papa Francesco. Tutti i Paolini sono “spiritualmente figli e figlie di San Paolo, con un’unica tensione spirituale verso Gesù Cristo, il Maestro, la Via, la Verità e la Vita”.
Ogni congregazione paolina, ricorda il Papa, “concorre a dare il proprio peculiare contributo al servizio dell’evangelizzazione”. E le elenca: “la Società San Paolo e le Figlie di San Paolo attraverso l’editoria libraria, periodica, multimediale e digitale. Le Pie Discepole del Divin Maestro attraverso l’apostolato liturgico, sacerdotale ed eucaristico. Le Suore di Gesù Buon Pastore nella pastorale parrocchiale. Le
suore dell’Istituto Regina degli Apostoli con l’apostolato vocazionale”.
E poi – aggiunge Papa Francesco - “c’è il contributo specifico degli Istituti di vita secolare consacrata: l’Istituto San Gabriele Arcangelo; l’Istituto Maria Santissima Annunziata; l’Istituto Gesù Sacerdote e l’Istituto Santa Famiglia. I membri di questi
Istituti, come pure i Cooperatori Paolini, servono il Vangelo soprattutto nel dialogo con il mondo contemporaneo, nel quale, come laici e secolari, sono pienamente inseriti”.
A loro, il Papa chiede di continuare a rimanere sul campo, nonostante l’evoluzione tecnologica abbia “condotto tutta la comunità ecclesiale ad assumere gli strumenti moderni della comunicazione come elementi di pastorale ordinaria”. E chiede di partecipare al percorso sinodale, e di approfondire la figura del fondatore in questo cinquantenario anni dalla sua nascita al cielo.
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