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Un servizio di EWTN News

Massara, cinque anni dopo il terremoto c'è da ricostruire la comunità e la diocesi

“Che tipo di ricostruzione vogliamo fare? Dove vogliamo andare? Vogliamo fare solo una ricostruzione strutturale, o vogliamo ricostruire il territorio nella sua interezza?”. Questi gli interrogativi che hanno introdotto l’intervento di mons. Francesco Massara, arcivescovo della diocesi di Camerino-San Severino Marche, a conclusione del convegno nazionale Anci, in occasione del quinto anniversario del sisma del 2016 per fare un bilancio tra i 130 sindaci del cratere.

Per l’arcivescovo non è sufficiente ricostruire solo le case: “Se la ricostruzione strutturale non viene accompagnata da un sostegno alle attività produttive e da una ricostruzione del tessuto sociale rischiamo di vederne il fallimento. Avremo solo case e chiese vuote che nessuno vivrà. E questi aspetti debbono pertanto essere portati avanti insieme altrimenti rischiamo di curare un unico aspetto della ricostruzione e questo territorio intanto rischia di morire. La verità è che ogni giorno la nostra gente non ne può più. Non ne può più di aspettare”.

A lui abbiamo chiesto di raccontarci la situazione post-sismica nell’arcidiocesi: “La ringrazio molto per questa domanda perché, del nostro territorio, a livello nazionale non si parla più se non in occasione degli anniversari del terremoto che diventano manifestazioni sempre più tristi ed insignificanti di un evento che si sta allontanando nel tempo, ma le cui conseguenze sono ancora sulla pelle delle nostre comunità. E’ vero che i nostri paesi, grazie a Dio, non hanno dovuto piangere vittime a causa dell’evento sismico, ma le conseguenze psicologiche che si sono manifestate a lungo termine hanno provocato oltre 25 suicidi, un aumento esponenziale (oltre il 70%) dell’uso di psicofarmaci ed ansiolitici, e l’incremento di decessi tra la popolazione anziana che, privata dei luoghi nativi e delle proprie case, si è lasciata andare alla depressione e alla morte.

La nostra situazione è ancora di emergenza, perché la ricostruzione tarda ad avviarsi e ciò che sta iniziando avanza con passo lentissimo, frenato da procedimenti farraginosi che rallentano l’avvio delle operazioni. Ci troviamo ingabbiati in una serie di procedure burocratiche che dilatano il ritardo già accumulato e ci fanno precipitare in estenuanti ed inutili rimpalli tra i vari uffici preposti.

Avvertiamo, sempre più fortemente, l’esigenza di cogliere questa complessità con uno sguardo d’insieme e di coordinare tutti i vari passaggi attraverso un’unica ‘cabina di regia’, altrimenti la ricostruzione resterà una parola vuota”.

Nel convegno lei ha detto che i ragazzi hanno ‘necessità di vedere riconosciuto il diritto ad avere una prospettiva in queste zone’: come ricostruire socialmente il territorio?

“Sono sempre più convinto che al centro vada posta sempre la persona, i suoi bisogni, le sue ansie e le sue aspettative. La maggiore attenzione va dedicata all’ascolto delle richieste che le nostre famiglie, i nostri lavoratori, i nostri giovani gridano da anni: riavere una casa, una chiesa, un lavoro, un luogo dove incontrarsi. Se non si ascoltano queste più che legittime istanze - che in fin dei conti racchiudono il semplice bisogno di vivere un’esistenza serena e normale - il nostro territorio è condannato a morire”.

Domenica 7 novembre è stata inaugurata la Chiesa della Madonna della Còna, fortemente danneggiata dal sisma del 2016 e posta a 1500 metri di altitudine su un territorio di confine tra Castelluccio di Norcia e Castelsantangelo sul Nera. Essa può essere un segnale di rinascita?

“La chiesa-rifugio ‘Madonna della Cona’ in località Spina di Gualdo, nei pressi di Castelsantangelo sul Nera (uno tra i centri più colpiti dal sisma), è sicuramente un segno di luce, di bellezza e di rinascita per tutta la montagna. Restaurata grazie all’aiuto di tanti volontari, la sua ricostruzione dimostra che quando le istituzioni e il volontariato collaborano in piena sinergia, si possono ottenere importanti risultati, forieri di speranza. Una speranza che non si esaurisce in vuote parole di circostanza, ma che è diventata un risultato visibile e fruibile da tutti”.

I musei riaprono: quale ruolo avrà la cultura nella rigenerazione del territorio?

“I musei sono un ‘salotto’ di bellezza, d’arte, di storia, di identità popolare. A Camerino, nel fine settimana, è aperto uno di questi ‘salotti’, pur se collocato dentro un ex garage reso sempre più accogliente da frequenti migliorie apportate in questi anni. In esso sono conservate e in parte esposte le opere d’arte recuperate dopo il sisma del 2016. Si tratta di capolavori di una bellezza unica e straordinaria che sono un nostro vanto, ma anche un invito a conservare e trasmettere il patrimonio inestimabile di questa terra che ha tutte le carte in regola per farsi conoscere in tutta Italia e nel mondo.

A breve, anche a San Severino Marche inaugureremo un grande museo che esporrà l’arte recuperata: centinaia di opere salvate e restaurate che rappresentano l’intero nostro territorio e custodiscono il desiderio di non far morire la storia e l’identità di queste popolazioni”.

Anche la diocesi di Camerino – San Severino Marche ha intrapreso il cammino sinodale: in quale modo la Chiesa locale cammina insieme alla popolazione?

“La Chiesa di Camerino – San Severino Marche ha sempre camminato con la gente, condividendo la tragedia del terremoto, le ansie e le speranze di tutti. Il Sinodo è una nuova opportunità che ci permette di riflettere ulteriormente sul futuro della nostra chiesa, delle nostre parrocchie e, soprattutto, sul ruolo e la responsabilità dei laici in un territorio dove i preti sono sempre di meno.

Confido che la riflessione appena iniziata rinnovi la consapevolezza di essere, noi tutti come singoli e come comunità, responsabili del nostro presente e, soprattutto, del futuro che ci attende e che consegneremo alle nuove generazioni le quali, così insistentemente, ci stanno interpellando. La sfida climatica non può certo essere disgiunta dalla ricerca di nuove soluzioni anche nell’ambito della ricostruzione, sia nel rispetto della natura geologica della nostra regione che nella ricerca di nuove fonti di energia rinnovabili e sostenibili”.

 

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