Rimini, 26 August, 2021 / 12:30 AM
Presentare alcune esperienze virtuose di accompagnamento e inclusione lavorativa e sociale a favore di soggetti deboli (giovani Neet, carcerati, migranti, disabili, donne vittime di violenza,) realizzate da realtà profit e non profit e istituzioni pubbliche che hanno costruito reti di solidarietà mettendo al centro la persona, la sua dignità: è quanto si propone la mostra ‘Costruttori di futuro’, presente al Meeting di Rimini e curata dal giornalista Giorgio Paolucci con la collaborazione di Laura Bellotti (ilsussidiario.net), Riccardo Bonacina, fondatore di ‘Vita’, Luciano Piscaglia, (TV2000), e un gruppo di studenti universitari di ‘Nuove Generazioni’.
Oppure la mostra ‘Vivere senza paura nell’età dell’incertezza’, che mette a fuoco l’irriducibilità dell’umano che, in età secolare, emerge con sorprendente evidenza. Il percorso comprende le testimonianze di Julián Carrón, Charles Taylor e Rowan Williams, continuamente intrecciate a provocazioni, fatti e domande riguardanti il mondo contemporaneo. Sono due delle molte mostre presenti all’edizione di quest’anno del Meeting dell’Amicizia tra i popoli.
Partendo da quest’ultima sollecitazione, proposta dal vincitore del Premio Ratzinger 2019, Charles Taylor, da Julian Carron, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, e dal già arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, ad Alessandra Vitez, responsabile delle mostre al Meeting, chiediamo di spiegarci, come si può vivere senza paura nell’età dell’incertezza: “Lo scopriremo nella mostra che nasce da un inaspettato circuito di amicizie internazionali che, negli anni, ha portato i curatori ad incontrare e stringere rapporti con persone di tutto il mondo. Sono proprio questi incontri a tutto campo che hanno mostrato che l’altro è un dono e che può sempre cominciare un cammino insieme, senza che le cose su cui la si pensa diversamente diventino un ostacolo definitivo. Il percorso comprende le testimonianze di don Julián Carrón, del filosofo Charles Taylor e dell’ex arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, continuamente intrecciate a provocazioni, fatti e domande riguardanti il mondo contemporaneo.
Più che vivere senza paura mi chiedo: si può vivere pieni di speranza il presente? La speranza non è semplicemente un atteggiamento naturale congenito alla natura umana, come ci ha insegnato sempre Pavese: se nessuno ci ha promesso niente perché attendiamo? Questa attesa costituisce il cuore dell’uomo. E malgrado ciò, quando la vita ci sfida così potentemente, come abbiamo visto nella pandemia o tante altre situazioni, senza aver fatto un cammino umano che ci abbia consentito di raggiungere una certezza su qualcosa che può sfidare qualsiasi situazione, qualsiasi imprevisto, è impossibile che ci sia speranza. La mostra illustra un percorso conoscitivo, nel quale nessuna domanda umana, anche la più scomoda, viene censurata ma accolta senza paura perché indispensabile dell’avventura umana”.
Perché il Meeting ha dedicato una mostra a Tolkien?
“Perché la vita e l’opera di Tolkien, se non lo vogliamo ridurre al sia pur fondamentale aspetto di autore della saga del Signore degli Anelli, illumina un aspetto particolare e prezioso del titolo del Meeting di quest’anno, ‘il coraggio di dire io’. All’interno delle sue storie, nella centralità data ai personaggi e alle vicende individuali, incluse quelle apparentemente più umili, ogni personaggio ha una sua irripetibile voce particolare. Parallelamente, l’io di ogni personaggio è condotto a sperimentare un’unità con i suoi compagni di viaggio che diventa collaborazione alla realizzazione del Grande Disegno. Al cuore dell’opera di Tolkien c’è la scoperta drammatica che ogni uomo è chiamato a collaborare, con i propri particolari desideri e pensieri, a un disegno più grande, a contribuire con il proprio io alla grande polifonia della creazione”.
Al Meeting c’è posto anche per la scultura: quale immagine dell’uomo offre?
“Il rapporto del Meeting con l’arte si rinnova fin dalle primissime edizioni della manifestazione. Nel percorso della mostra, a partire da un maestro indiscusso del secondo Novecento, Ilario Fioravanti, su cui han scritto i maggiori scrittori d’arte (da Testori a Paolucci) si realizzerà un viaggio nell’opera di alcuni scultori contemporanei, alcuni già affermati maestri, altri che si stanno consolidando, che affrontano il tema della figura umana. In un tempo in cui, come sottolineano i curatori, l’idea stessa di natura è al centro di inquietudini, sfide e fraintendimenti, sostare davanti alle opere significa uscire dalla retorica, dalla palude dialettica e creare uno spazio di attenzione, di stupore e di ferita commozione”.
Le Mostre sono itineranti e si possono comprare ed affittare
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