Città del Vaticano , 23 August, 2021 / 4:00 PM
Arrivando da Piazza Pia verso San Pietro camminando su Borgo Nuovo si apriva a sinistra ad un certo punto una piazza con un nome strano: Scossacavalli. L’origine è incerta, forse legata ad un ritrovamento di una “coxa caballi “ una coscia di cavallo di una statua romana o più romanticamente come vuole una leggenda, per il tremare lo scuotersi di cavalli di Sant’ Elena che portava a Roma le reliquie di Gesù dalla Terra Santa.
La piazzetta su ci si affacciavano Palazzo Spada, Palazzo dei Convertendi e Palazzo Ruspoli, aveva il quarto lato caratterizzato dalla chiesa di San Giacomo. Il titolo è del 1250 quando nella chiesetta preesistente vennero portate delle reliquie dell’ Apostolo.
La chiesa era un luogo si culto molto venerato a Roma e sosta di preghiera sulla via della Basilica. La prima citazione della chiesa sembra essere nelle bolle di Papa Sergio I nella seconda metà VII secolo, con il nome di San Salvatore di Coxa Caballi.
Nei secoli sono cambiate le intitolazioni e l’edificio è stato ricostruito soprattutto dopo il 1520 quando la custodia fu affidata alla Confraternita del Santissimo Sacramento che fino a qual momento era a Santa Maria in Traspontina.
San Giacomo era chiesa parrocchiale, e lo è stata fino al 1825, e per questo la Confraternita incaricò Antonio da Sangallo il Giovane di rifare l’edificio che fu completato nel 1592.
Molti i rifacimenti successivi con ampliamenti e rimaneggiamenti fino al 1778. Vandalizzata durante la presenza napoleonica e perso il titolo di parrocchia, San Giacomo andò in declino e quindi fu deciso il completo abbattimento nel 1937.
Roma perdeva uno dei più antichi luoghi di fede e di pellegrinaggio, altari e immagini smembrate e divise tra depositi del comune di Roma e altre chiese come la chiesa di Santa Maria del Carmine alle Tre Cannelle dove è stato ricomposto l’altare maggiore e la nuovissima( all’epoca) chiesa di Santa Giovanna Antida al Clodio dove è stato inserito uno degli altari minori.
La descrizione più antica dell’ interno è del 1649 di Francesco Maria Torrigio che dedica alla chiesa un volume intero.
La facciata invece è ritratta più volte soprattutto in stampe e piante come quella del Tempesta. E la facciata era decorata di affreschi che erano pian piano scomparsi.
Prezioso il tabernacolo, e gli affreschi interni degli altari laterali. Tra questi sei episodi della vita di Maria che nel 1937 vennero staccati e portati al Museo di Roma come alcuni santi e sibille che oggi versano in cattivo stato di conservazione. Altri affreschi sono andati perduti.
Dipinti di fine XVI secolo che furono realizzati forse per il Giubileo del 1600.
Tra le opere d’arte recuperate da segnalare un dipinto ad olio di una Madonna che da tempo giaceva nei magazzini della Fabbrica di San Pietro.
Il dipinto era molto deteriorato con ridipinture improprie. Non era di San Pietro ma era difficile capire la origine finché si è scoperto che la Madonna ritrovata proveniva dalla Chiesa di San Giacomo Scossacavalli. La tradizione vuole che proprio di fronte abitasse Raffaello. Dell’autore si sa poco, ma forse qualcuno che frequentava Raffaello. Un sapiente Maestro in grado di mutare in corso d’opera l’impostazione del volto della Madonna. Committente la moglie di un certo Pietro Pedreto e la tavola commissionata nel 1519 per l’ altare, “delle donne” dell’ Arciconfraternita che si occupavano di carità e che raccoglievano la dote per le ragazze povere da maritare e insegnavano il catechismo.
Il quadro è stato in mostra a Torino nel 2018.
Molte foto sono della Mostra e del Catalogo La Spina. Dall' Agro Vaticano a Via della Conciliazione
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