Città del Vaticano , 19 August, 2021 / 12:05 AM
“Il titolo scelto – «Il coraggio di dire io» –, tratto dal Diario del filosofo danese Søren Kierkegaard, è quanto mai significativo nel momento in cui si tratta di ripartire con il piede giusto, per non sprecare l’occasione data dalla crisi della pandemia”. Si apre così il messaggio a firma del Cardinale Segretario di Stato Parolin che il Papa ha inviato per l’apertura Meeting per l’amicizia tra i popoli al Vescovo di Rimini Francesco Lambiasi.
“Mentre ha imposto il distanziamento fisico, la pandemia ha rimesso al centro la persona, l’io di ciascuno, provocando in molti casi un risveglio delle domande fondamentali sul significato dell’esistenza e sull’utilità del vivere che da troppo tempo erano sopite o peggio censurate. E ha suscitato anche il senso di una responsabilità personale” scrive Parolin.
Senza persona non c’è società e del resto il Papa “non si stanca di mettere in guardia coloro che hanno responsabilità pubbliche dalla tentazione di usare la persona e di scartarla quando non serve più, invece di servirla. Dopo quello che abbiamo vissuto in questo tempo, forse è più evidente a tutti che proprio la persona è il punto da cui tutto può ripartire”.
Serve coraggio e il Servo di Dio Luigi Giussani “avvertiva di un duplice pericolo: «Il primo pericolo […] è la dubbiezza. Annota Kierkegaard: “Aristotele dice che la filosofia comincia con la meraviglia, e non come ai nostri tempi con il dubbio”. Il dubbio sistematico è, come dire, il simbolo del nostro tempo. […] La seconda obiezione alla decisione dell’io è la meschinità. […] Dubbiezza e comodismo, questi sono i nostri due nemici, i nemici dell’io» (In cammino 1992˗1998, Milano 2014, 48˗49)”.
Il coraggio di dire io arriva dall’ incontro e “il rapporto filiale con il Padre eterno, che si rende presente in persone raggiunte e cambiate da Cristo, dà consistenza all’io, liberandolo dalla paura e aprendolo al mondo con atteggiamento positivo. Genera una volontà di bene”.
Il cardinale cita la Lumen Fidei: “L’incontro con Cristo, il lasciarsi afferrare e guidare dal suo amore allarga l’orizzonte dell’esistenza, le dona una speranza solida che non delude. La fede non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita. Essa fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena di consegnarsi ad esso, perché il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità”.
Ecco che “la ragione profonda del coraggio del cristiano è Cristo. È il Signore risorto la nostra sicurezza, che ci fa sperimentare una pace profonda anche in mezzo alle tempeste della vita” e “la gioia del Vangelo infonde l’audacia di percorrere nuove strade”.
Conclude il messaggio il cardinale Paroli: “ È il contributo che il Santo Padre si aspetta che il Meeting dia alla ripartenza, nella consapevolezza che «la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti» (Enc. Lumen fidei, 34), nessuno escluso, perché l’orizzonte della fede in Cristo è il mondo intero”.
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