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Un servizio di EWTN News

Letture, imparare a pregare alla scuola di Fulton Sheen

 

In ogni caso, per noi uomini contemporanei la dimestichezza con la preghiera non è affatto così semplice e naturale. Neppure molti decenni fa ai bambini venivano insegnate le preghiere “basilari”, per così dire: il Padre Nostro, l’Ave Maria, il Gloria, l’invocazione all’Angelo Custode. Oggi trovare non un bambino ma un ragazzo o un giovane, persino un quarantenne che sappia recitare queste preghiere costituisce una rara sorpresa.

Anche se comunque fossimo in grado di recitare ogni forma di invocazione conosciuta, questo non significherebbe che fossimo sostanzialmente  in grado di metterci davvero in contatto con Dio. Tradizioni millenarie insegnano come meditare, come introdurre alla “preghiera profonda”, come fare spazio nel nostro essere più intimo alla presenza del Mistero. Ma forse tutto questo ci intimidisce, ci fa pensare di non essere adeguati, di non avere gli strumenti o la concentrazione adatti. Ricadendo nell’apatia, a volte, di invocazioni meccaniche, limitate, infantili.

“Non pensare a Dio Onnipotente come a una specie di padrone di casa assente con cui difficilmente osi avere familiarità, o da cui vai per riparare le tue perdite, o per tirarti fuori da un pasticcio. Non pensare a Dio come a un agente assicurativo, che può proteggerti contro le perdite causate dagli incendi. Avvicinati a Lui non timidamente, come un impiegato potrebbe avvicinarsi al capo per un aumento, timoroso e quasi convinto che non riceverà mai ciò che chiede. Non temerLo con un timore servile, perché Dio è più paziente con te che tu con te stesso. Per esempio, oggi saresti paziente con il mondo malvagio come lo è Lui? Saresti altrettanto paziente con chiunque altro abbia i tuoi stessi difetti?”. 

Ecco come Fulton Sheen  indica, con la consueta schiettezza e ironia, i nostri più comuni “errori” nella preghiera. Di Sheen, arcivescovo statunitense, prossimo alla beatificazione e prolifico scrittore, nonché grande comunicatore attraverso  radio e televisione negli anni Cinquanta e Sessanta (vinse anche numerosi premi per queste sue qualità universalmente riconosciute) ora la casa editrice Ares pubblica una serie di testi che hanno come denominatore comune proprio la capacità di pregare realmente, qualcosa che può essere insegnato a partire da Gesù stesso, e che Lui stesso può concederci come grazia.

Il libro si intitola infatti “Signore insegnaci a pregare”, così come richiesto da chi oltre duemila anni fa aveva incontrato il Maestro in Galilea e lo aveva seguito. Come si diceva, per numerosi anni, a partire dal 1930, Fulton J. Sheen spopolò con le sue trasmissioni in radio e in televisione. Questa antologia di testi, basata sulle sue trasmissioni, rappresenta una specie di viaggio interiore sui passi del faticoso cammino che si snoda tra il Getsemani e il Calvario. Il punto di partenza è la nostra concretezza umana fatta di imperfezioni, di dolori e di dubbi, che però possono essere trasformati e resi meno pesanti da portare alla luce di un incontro altrettanto concreto con Cristo. 

Come spiega il curatore della raccolta, Allan Smith, ognuno dei sei capitoli di cui si compone il volume ha un unico tema: “Il Padre Nostro”, “La Messa”, “L’Ora Santa”, “Pensieri per la meditazione”, “La Via Crucis”, “Preghiere di meditazione e supplica”.

Gesù, dunque, spiega ai discepoli come pregare. Lo fa  insegnando loro il Padre Nostro e poi indica modalità concrete : “Quando preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”, come si legge nel Vangelo secondo Matteo. L’arcivescovo ha ricevuto molte volte la richiesta di un aiuto a capire come pregare e di conseguenza dedicò molte riflessioni al tema. Lui stesso, sottolinea ancora Smith, aveva un’intensa vita spirituale e di preghiera,  perché, prima di ogni altra cosa, diceva, “non voglio che la mia vita appartenga a me. Io voglio essere di Cristo”. 

 Se dunque è piuttosto inutile e limitante  avvicinarsi al Signore come ad “capoufficio” o ad una sorta di distributore automatico di favori e grazie, o come un gancio che dal Cielo deve scendere per tirarci fuori dai guai – anche se, spesso, la paura e l’angoscia per le nostre tribolazioni ci spingono a chiedere aiuti concreti e miracoli – il modo autentico di rivolgersi a Dio è quello di un figlio “amorevole” che nel tempo scoprirà che, imparando a pregare veramente, la natura delle proprie richieste cambierà e si chiederanno sempre meno cose per se stessi “e sempre di più per il Suo Amore”.

Un modo pragmatico, semplice e coinvolgente di spiegare le cose, tipico di Sheen, che del resto ha sempre sostenuto che la fede è una quindi adesione alla realtà, di gioia e di umorismo, in linea ideale con la lezione del grande Chesterton.

Fulton J.Sheen, Signore insegnaci a pregare, Edizioni Ares, pp.296, euro 16

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