Città del Vaticano , 14 June, 2021 / 6:00 PM
Estonia, Lettonia, Lituania, i Paesi Baltici come ha vissuto la Chiesa cattolica in quei paesi il passaggio dall’ Unione Sovietica alla indipendenza?
Alla domanda rispondono una serie di saggi raccolti nel volume “ Giovanni Paolo II e la Chiesa cattolica in Unione Sovietica e nei paesi sorti dalla sua dissoluzione”, curato da Jan Mikrut ( Gabrielli editori).
Proprio Mikrut riassume la vicenda estone riprendendo i fili della storia dal 1918 e con un legame speciale con la Polonia fino al viaggio storico di Giovanni Paolo II nel 1993 di cui il saggio riassume le tappe principali. In Estonia i cattolici non sono numerosi ma la visita del Papa diede un nuovo impulso anche alla comunicazione. “Per molti- scrive Mikrut-si trattava senza dubbio di uno dei primi contatti con l’impegno socio- religioso della Chiesa cattolica”.
Nel 2005 si tenne la prima consacrazione episcopale dal periodo della riforma protestante.
La piccolissima comunità cattolica estone, meno di 6000 persone, ha trovato nuova forza non solo nella libertà politica, ma nella rinnovata libertà intellettuale.
I cattolici in Estonia avevano avuto vita difficile fin dai tempi della Riforma protestante per la vicinanza di Finlandia e Svezia.
L’Estonia come gli altri paesi baltici ebbe tra il 1918 e il patto di Yalta un breve periodo di indipendenza, che diede anche alla Chiesa cattolica la possibilità di vivere liberamente. E furono anche stati dove cercare il dialogo con il mondo ortodosso.
Una ricerca che anche in Lettonia aveva il suo spazio. Ma la prima necessità era la libertà dalle persecuzioni sovietiche.
“Avete ancora la speranza di diventare liberi?”. Fu questo il primo scambio avvenuto nei corridoi del Palazzo Apostolico nel 1975 tra il giovane cardinale Wojtyła e un gruppo di sacerdoti lettoni tra cui il futuro cardinale di Riga Pujats”. Così si legge nel saggio Mihails Volohovs che ripercorre le tappe del viaggio di Giovanni Paolo II in Lettonia.
Una in particolare è stata significativa con il ripristino del culto di San Meinardo.
Nella visita alla cattedrale cattolica di Riga il Papa polacco rimise al centro della vita dei fedeli la vita del missionario primo vescovo della Livonia, e stabilì la memoria liturgica il 14 agosto legandolo alla Solennità dell’ Assunta che si celebra al santuario di Aglona. Un gesto di grande significato pastorale.
Un aspetto molto interessante della “politica” di Giovanni Paolo II per le Chiese dei paesi usciti dall’ URSS è stata la attenzione ai vescovi. Andris Priede esamina la questione legata anche al post Concilio, ma ricordando il prima e il dopo Giovanni Paolo II.
Della Chiesa in Lettonia parla che Inese Runce attraverso le intense parole del diario del cardinale lettone Julijans Vaivods morto nel 1990. Infine uno sguardo agli archivi lettoni che mettono in evidenza come Wojtyła fosse considerato “pericoloso” dal regime sovietico.
Una eredità importante quella di Giovanni Paolo II per il popolo lettone anche per la costruzione della identità culturale.
Della Lituania scrive Kęstutis Smilgevičius che ricorda come venne data voce alla Chiesa del silenzio, la voce ad una Chiesa distaccata ed isolata tanto che dal 1940 a nessun vescovo venne permesso di andare a Roma.
Solo dopo il lavoro diplomatico di Giovanni Paolo II nel 1983 si ottenne la possibilità di una visita ad Limina.
“ Salendo sul trono pontificio Giovanni Paolo II arricchì il modus operandi dei pontefici di preziosissimi elementi nuovi che provenivano dalle sue esperienze personali” scrive Smilgevičius.
Uno sguardo anche agli archivi del KGB. Anche da quegli archivi si comprende l’importanza del ruolo svolto da Giovanni Paolo II.
Nel 1980 il KGB aprì delle sezioni apposite relative alle attività di Giovanni Paolo II.
Anche se non è un paese baltico aggiungo la sezione dedicata alla Moldavia scritta da Petro Ciobanu che scrive: Giovanni Paolo II è davvero il padre di questa Chiesa locale”. L’autore ricorda che la Chiesa venne di fatto ricostituita grazie al papa polacco. La nascita di diocesi, le nomine dei vescovi, i nuovi rapporti con le autorità politiche ebbero il loro culmine con il Giubileo del 2000 quando la Chiesa moldava dopo anni di isolamento si sentì di nuovo parte della Chiesa Universale.
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