Città del Vaticano , 11 June, 2021 / 2:00 PM
È un rapporto che tende a mettere in luce i risultati positivi, gli utili sensibilmente diminuiti così come gli asset, quello dell’Istituto delle Opere di Religione. Ed è un bilancio che sembra far partire la grande riforma dell’Istituto al 2013, quando in realtà da diversi anni l’Istituto si stava conformando alle normative internazionali.
Pubblicato sul sito www.ior.va, ma non scaricabile, e accompagnato da uno scarno comunicato stampa, il rapporto IOR 2019 ha toni molto positivi, nonostante quello che il direttore generale Gian Franco Mammì definisce “un anno particolarmente critico”.
Qualche numero: lo IOR ha 107 dipendenti, serve 14.991 clienti in 112 Paesi, ha avuto un utile di 36,4 milioni di euro dei quali 27,3 devoluti al Santo Padre e 9,1 milioni destinati a riserva.
Il patrimonio netto di 673,2 milioni di euro, sono state svolte 82 mila operazioni di pagamento, le risorse affidate ammontano a 5 miliardi di euro (sono tornate ai livelli 2018, menrte erano 5,1 nel 2019). I depositi bancari ammontavano a fine 2020 a 266,7 milioni di euro. Le spese amministrative hanno pesato a bilancio per 19,3 milioni di euro.
Da notare il crollo dei depositi bancari, che nel 2019 ammontavano a 976,6 miliardi di euro, mentre manca una statistica precisa della clientela dello IOR. È interessante anche vedere i dati degli utili. Fino al 2019, il trend negativo dell’Istituto era stato esponenziale: si va dall’utile di 86,6 milioni dichiarato per il 2012 – che quadruplicava gli utili dell’anno precedente – ai 66,9 milioni del rapporto 2013, ai 69,3 milioni del rapporto 2014, ai 16,1 milioni del rapporto 2015, ai 33 milioni del rapporto 2016 e ai 31,9 milioni del rapporto 2017, per arrivare ai 17,5 milioni di euro del 2018. Il rapporto 2019 invece quantificava gli utili in 38 milioni, attribuiti anche al mercato favorevole. Quest’anno l’utile è stato leggermente inferiore, di 36,4 milioni di euro.
Il presidente della Commissione Cardinalizia Santos Avril y Castetllò sottolinea che “nel 2020 è stato pubblicato il primo Regolamento Interno della storia dell’Istituto”, che è una applicazione dei nuovi Statuti del 2019 e che chiuderebbe un ciclo iniziato, secondo il Cardinale, con la promulgazione della Legge XVIII del 2013 e con il primo rapporto MONEYVAL sui progressi. In realtà, il lavoro di riforma dello IOR comincia molto prima, tanto che persino il primo rapporto di MONEYVAL del 2012 metteva in luce come le procedure IOR sull’adeguata verifica della clientela (customer due diligence) andassero “in alcuni casi oltre i requisiti disposti” dalla prima legge antiriciclaggio vaticana”
Il Cardinale Avril sottolinea anche i grandi risultati ottenuti, e tra questi “l’inserimento della Santa Sede nella White List del ministero dell’Economia e delle Finanze della Repubblica Italiana, la attuazione della Convenzione in Materia Fiscale con l’Italia e l’adesione dell’Istituto al circuito dei pagamenti SEPA (Area di Pagamenti Unica Europea). In realtà, non è lo IOR ad aderire alla SEPA, ma la Santa Sede. E lo IOR riuscì ad adeguare i suoi sistemi in ritardo rispetto all’inserimento della Santa Sede nella Area.
Il prelato dello IOR, Giovan Battista Ricca, nota piuttosto che “una preoccupazione che ha guidato l’operare di questi ultimi anni è stata quella di non puntare l’attenzione e l’impegno unicamente sul profitto, ma nel modo in cui il profitto si ottiene”. E il rapporto sottolinea che durante l’anno l’Istituto ha “contribuito alla realizzazione di numerose attività di tipo benefico e sociale”.
Il presidente del Consiglio di Sovrintendenza Jean-Baptiste de Franssu nota invece che, dopo l’ispezione dell’Autorità di Sorveglianza e Informazione Finanziaria, lo IOR ha “ulteriormente sviluppato e consolidato il controllo dei suoi rischi finanziari in aggiunta ai rischi operativi e informatici
Fino al 2019, il trend negativo dell’Istituto era stato esponenziale: si va dall’utile di 86,6 milioni dichiarato per il 2012 – che quadruplicava gli utili dell’anno precedente – ai 66,9 milioni del rapporto 2013, ai 69,3 milioni del rapporto 2014, ai 16,1 milioni del rapporto 2015, ai 33 milioni del rapporto 2016 e ai 31,9 milioni del rapporto 2017, per arrivare ai 17,5 milioni di euro del 2018. Il rapporto 2019 invece quantificava gli utili in 38 milioni, attribuiti anche al mercato favorevole. Quest’anno l’utile è stato leggermente inferiore, di 36,4 milioni di euro.
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