Città del Vaticano , 11 May, 2021 / 2:00 PM
Un nuovo ministero, per promuovere “ulteriormente la formazione e l’impegno del laicato”, spiega l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. E il vescovo Franz- Peter Tebartz-van Elst, delegato per la catechesi del dicastero, sottolinea: “Non è la clericalizzazione del laicato, ma nemmeno una laicizzazione del clero”.
Conferenza stampa di presentazione del motu proprio Antiquum Ministerium, con il quale Papa Francesco istituisce il ministero del catechista, che si aggiunge a quello dell’accolito e del lettore. Una istituzione nuova, che ha radici profonde, tanto che Papa Francesco si rifà direttamente all’esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi di San Paolo VI del 1975. Una istituzione che cambierà anche un po’ le cose, perché, spiega l’arcivescovo, è “ovvio che non tutti quelli che fino ad ora sono stati catechisti potranno accedere al ministero del catechista”.
L’arcivescovo Fisichella sottolinea che “solo nell’unità tra un’attenzione profonda alle nostre radici e uno sguardo realista al presente è possibile comprendere l’esigenza della Chiesa di giungere all’istituzione di un nuovo ministero ecclesiale”.
Il presidente del Pontificio Consiglio della Nuova Evangelizzazione afferma che “sono dovuti passare quasi 50 anni perché la Chiesa arrivasse a riconoscere che il servizio reso da tanti uomini e donne con il loro impegno catechistico costituisce realmente un ministero peculiare per la crescita della comunità cristiana”.
Cosa significa istituire un ministero? Equivale, spiega l’arcivescovo Fisichella, “a stabilire che la persona investita di quel carisma realizza un autentico servizio ecclesiale alla comunità”.
È un ministero che si associa “alle prime comunità”, perché la catechesi “ha sempre accompagnato l’impegno evangelizzatore della Chiesa e si è resa ancora più necessaria quando era destinata a quanti si preparavano per ricevere il battesimo, i catecumeni. Questa attività era considerata di primaria importanza a tal punto da portare la comunità cristiana a stabilire la condivisione dei beni e
il sostentamento dei catechisti”.
Con questo ministero, si punta ad avere “un laicato maggiormente formato”, perché “non ci si improvvisa catechisti”, in quanto “il ministero di catechista sa che parla a nome della Chiesa e trasmette la fede della Chiesa. Questa responsabilità non è delegabile, ma investe ognuno in prima persona”.
Sottolinea l’arcivescovo Fisichella che “questo ministero è riservato a quanti corrisponderanno ad alcuni requisiti che il Motu proprio elenca”, a partire dalla dimensione vocazionale a servire la Chiesa dove il vescovo lo ritiene più qualificante.
Ricorda l’arcivescovo Fisichella che “in diverse regioni dove la presenza dei sacerdoti è nulla o rara, la figura del catechista è quella di chi presiede la comunità e la mantiene radicata nella fede”.
Ora saranno le Conferenze Episcopali a dover trovare le forme di formazione per il ministero. Ma – aggiunge il vescovo Tebartz van Elst - “il ministero del catechista si oppone ad una clericalizzazione dei laici e ad una laicizzazione del clero”.
Sottolinea il vescovo che “nel punto settimo di questa lettera Apostolica parla della vocazione missionaria del catechista, che dovrebbe essere attuata in modo tale da non cadere in nessuna forma di clericalizzazione. A voler dare un contributo personale alla vita di tutti coloro che sono battezzati, sulla base della dignità del Battesimo dove l’individuo si comprende nella sua interezza, si deve evitare ogni tentazione in tal senso; pertanto il fatto che il ministero si diversifichi sempre più nella catechesi dispensata, incoraggia la valorizzazione della dimensione prettamente laicale del ministro istituito”.
Altro punto – spiega il vescovo Tebartz van Elst – è che “il ministero del catechista si svolge in una spiritualità comunitaria e in una spiritualità di preghiera”. E quindi “il ministero del catechista è un servizio acquisito con specifica e solida formazione”.
Spiega l'arcivescovo Fisichella che il ministero viene stabilito con "un rito viene compiuto personalmente dal vescovo. Il catechista è a servizio del vescovo, è a servizio della diocesi". L'arcivescovo chiede anche di ricordare che "nessuno è abilitato a dare il patentino per essere catechista, questo significa svilire il ministero. Dobbiamo fare in modo tale che ciascuno si metta in un orizzonte di sostegno e di progresso del catechista e della catechista che non può essere svilito da sotterfugi che non aiutano a recepire l’istanza sottesa".
A chi dice che il motu proprio può essere un modo di non affrontare altri temi, come i viri probati o il diaconato femminile, l'arcivescovo Fisichella chiede realismo, e spiega che il motivo profondo del motu proprio non è di "supplire i sacerdoti, perché il ministero dei sacerdoti non può essere supplito". E aggiunge che "deve essere chiaro che il ministero catechista non ha competenze liturgiche".
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