Roma, 16 April, 2021 / 6:00 PM
A Sant’Elena, piccola isola sperduta nell’Atlantico, aveva passato gli ultimi anni, a guardare l’infinito, a ripensare alla sua fulminante esistenza, a quante cose aveva fatto, alle battaglie, alle sconfitte, ai dolori subiti e a quelli inflitti. Tutti gli anni passati a correre da una terra all’altra, a dare ordini, a vedere tremare sotto di se’ infinite schiere di uomini e donne, e ora ritrovarsi solo, malato, stanco, davanti all’infinito.
E’ stata vera gloria? O il momento essenziale, quello per cui vale la pena di vivere, sta arrivando proprio adesso, proprio nella debolezza e nella solitudine? Napoleone muore a Sant’Elena ai primi di maggio del 1821, e tutto il mondo apprende la notizia che non può non colpire. Chi la accoglie con sollievo, chi con stupore, chi con dolore. Alessandro Manzoni scrive una poesia che diventa tra le più conosciute e citate e che comincia con due sole brevi parole: Ei fu. Un inizio che schiocca come una frustrata e contiene tutto. E’ stato, è tutto finito su questa terra per l’uomo più temuto e più idolatrato, la parabola più scintillante del tempo. Ma, si chiede Manzoni, è stata vera gloria, la sua? E immagina che forse, proprio nel momento di esalare “il mortal respiro”, Napoleone possa aver incontrato la vera Gloria, la vera luce, la misericordia divina.
Proprio dai versi manzoniani del “Cinque maggio” comincia l’affascinante ricerca condensata nelle pagine di un libro appena pubblicato: Napoleone e i suoi due papi. La Chiesa alle prese con il primo Anticristo, di Luca Crippa, per le edizioni San Paolo. Come il titolo indica chiaramente si tratta di una ricostruzione della storia di Napoleone attraverso una prospettiva inedita, ossia quella del travagliato rapporto tra Bonaparte e la Chiesa e che, in definitiva, riuscì a trasformare quelle che sarebbero state le future relazioni tra Chiesa e Stato.
Luca Crippa, autore di libri di ricostruzione storica con la capacità di far rivivere i personaggi e i tempi di cui si occupa, anche in questo caso accompagna il lettore dentro lo scenario straordinario degli eventi in cui si muove Napoleone, circondato da una folla di “attori” comprimari o comparse, ma anche dentro le pieghe dell’animo di questo uomo la cui vicenda e personalità non smette di affascinare. Dalle pagine del saggio, dunque, emerge non solo nel ruolo ben noto del condottiero, ma anche in quello incarnato del “primo Anticristo” dell’epoca moderna.
E tale è apparso ai credenti del tempo e alla gran parte del clero dell’epoca: ha preteso di imporre il controllo proprio sui religiosi e sulle Chiesa in generale, ha costretto all’umiliazione e alla prigionia ben due Pontefici, Pio VI e Pio VII, ha soppresso ordini e congregazioni, chiuso monasteri e abbazie, razziato chiese e parrocchie, perseguitato religiosi di ogni ordine. Però ha anche spinto il mondo cattolico a ripensare al proprio ruolo e ai rapporti con il potere, con le istituzioni che stanno cambiando vorticosamente. E ovviamente c’è anche la questione della personale visione religiosa di Napoleone, nella sua vita privata e nella suo riflessione interiore. In primo piano il rapporto conflittuale e drammatico con i due papi che ne sono a capo in questo periodo cruciale: Pio VI, che nel 1798 i francesi addirittura cacciano da Roma e costringono a morire in esilio in Francia, e Pio VII, che di Napoleone rimane prigioniero dal 1809 al 1814. Momenti tragici, per la Chiesa anni di aperta persecuzione, con la requisizione forzata di beni ecclesiastici, la dispersione di interi ordini religiosi, la chiusura dei conventi, la nomina di vescovi fedeli al sovrano francese. Non a caso sembra davvero arrivato il tempo dell’Anticristo.
I giacobini in Francia sbeffeggiano Pio VI e urlano, come slogan: Questo sarà l’ultimo Pio! Insomma, secondo loro, e secondo Napoleone, sarà la fine della gerarchia cattolica come è stata per quasi 1800 anni. Eppure…arriva un nuovo Pontefice, che si fa chiamare Pio come il suo predecessore, facendo intendere che la storia della Chiesa non si ferma. Non si è fermata allora e non si ferma oggi.
E non sembra fermarsi neppure l’ascesa del generale corso, che riesce a farsi incoronare imperatore, anzi si incorona da se’. Ma la corsa tumultuosa si arresta: ci saranno i giorni durissimi della Russia, delle battaglie perse, dell’esilio umiliante all’Elba, il breve fuoco di paglia dopo la fuga… e di nuovo l’esilio, la malattia, la morte. Allora, nella abbacinante luce dell’oceano che giorno e notte accompagna la nuova esistenza dell’ex imperatore si fanno strada quei pensieri che non trovavano spazio nel tempo dei fasti e del potere.
Ecco che arriva il tempo della maturazione spirituale. Lo testimonia il celebre Memoriale di Sant’Elena di Emmanuel de Las Cases, insieme alle conversazioni tenute dall’Imperatore con generali e medici, francesi e inglesi, credenti e miscredenti, che lo assistono durante i sei anni di esilio. Nel 1840, meno di vent’anni dopo la morte, Robert-Antoine de Beauterne dà alle stampe la trascrizione dei discorsi sotto il titolo Sentiment de Napoléon sur le cristianisme, Conversations religieuses. Era convinzione diffusa che probabilmente Bonaparte si fosse convertito in fin di vita. Dalle conversazioni risulta in realtà che Napoleone si è sempre considerato cristiano cattolico. Anche all’abate Vignali che lo assiste fino al momento della morte, Napoleone lascia detto: “Sono nato nella religione cattolica, voglio adempiere ai doveri che me ne derivano, e ricevere i conforti che essa fornisce ai suoi figli. Lei celebrerà tutti i giorni la santa Messa nella stanza accanto, ed esporrà il Santissimo Sacramento durante le quarantore. Dopo la mia morte, lei porrà l’altare dalla parte della mia testa, nella camera ardente, continuando a celebrare la Messa e tutte le cerimonie del rito cattolico, che lei terminerà solo quando sarò sepolto”.
La sua esperienza lo porta a queste considerazioni: “Io conosco gli uomini e le dico che Gesù non era un uomo. (…) Cristo affida tutto il proprio messaggio alla propria morte: come può essere ciò l’invenzione di un uomo? Infatti, non lo è, ma è bensì un segno strano, una fiducia sovrumana, una realtà misteriosa”. Anche sulla Chiesa il suo giudizio diventa un’analisi lucida e sincera: “I popoli passano, i troni crollano ma la Chiesa resta. Allora, qual è la forza che tiene in piedi questa Chiesa assalita dall’oceano furioso della collera e del disprezzo del mondo? […] Il mio esercito ha già dimenticato me, mentre sono ancora in vita (…). Ecco qual è il potere di noi grandi uomini! Una sola sconfitta ci disintegra e le avversità si portano via tutti i nostri amici”.
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