Valdocco, 06 April, 2021 / 9:00 AM
“Io e te faremo di tutto a metà” -si senti dire il piccolo Michele Rua- da un giovanissimo don Giovanni Bosco che gli tracciava con l'indice un segno sulla piccola manina, disegnandone la metà. Lui appena che un adolescente ed il santo già un grande educatore.
Michele Rua nasce il 9 giugno 1837, a Torino, da una buona e numerosa famiglia. Nel 1845 perde il padre e la mamma rimane vedova con nove figli.
La vita non è facile ed ancora piccolo, secondo l'uso del tempo, è mandato con i fratelli a lavorare. La mamma lo ama ed imparare un mestiere è l'unica strada possibile per garantirgli la sussistenza.
Il ragazzino è buono e particolarmente intelligente e dentro sente la chiamata a diventare sacerdote. Ma sembra solo un sogno, se la Provvidenza non scrivesse sulle linee storte del quotidiano.
Conosciuto don Bosco fu tutt'uno con il padre della gioventù. Giovanissimo, per interessamento del santo, entra nell'oratorio di Valdocco.
In questo luogo ha modo di completare gli studi ed approfondire la fede, vivendo con gli altri giovani, uniti dalla fede e dall'allegria che diffonde il giovane sacerdote.
In questa fucina di santità, nella quale brillò San Domenico Savio, Michele Rua è un esempio per tutti. Bravissimo a scuola è un vero modello.
Sereno, allegro e preciso sono le caratteristiche del ragazzo.
Proseguendo gli studi e continuando a sentire la chiamata allo stato sacerdotale, è ammesso tra i giovani chierici della nascente Società salesiana: puntuale e devoto per tutti è un esempio
I primi anni della fondazione della Società di San Francesco di Sales, ovvero i Salesiani, non sono semplici. Povertà e difficoltà varie sembrano essere tante, ma i giovani chierici sono allegri e legatissimi al loro fondatore, don Bosco, vanno avanti, con gioia, nel cammino intrapreso.
Alla vistosa penuria di beni oppongono la grande preghiera ed un ascesi che li rende vigili e pieni di speranza per il futuro e la storia gli darà ragione.
Il chierico Michele Rua, ancora seminarista, è nominato educatore e per la fiducia che don Bosco ha su di lui è chiamato alla cura di un oratorio. Fra i primi nello studio e nella preghiera non cessa di prodigarsi per gli altri.
Terminati, con profitto, gli studi teologici, è ordinato sacerdote. E' il 28 luglio 1860.
La Prima messa, com'era consuetudine per la liturgia dell'epoca, vede l'assistenza di don Bosco che, nella felicità del traguardo raggiunto, festeggia il novello presbitero.
Visti gli ottimi talenti è, da subito, chiamato all'organizzazione della famiglia salesiana, come segretario di don Bosco ma soprattutto come amico ed autentico salesiano.
Chi visse con lui ne ricorda la grande devozione alla Madonna che, tutte le sere, ricorda con la recita del Santo rosario, nel cortile dell'oratorio.
Alla morte di don Bosco, il 31 gennaio 1888, per la fiducia e la stima che gode nei confratelli, è eletto alla guida dei Salesiani.
In questa carica è premuroso e buonissimo. E' un autentico padre. Tutti ascolta e tutti sono consolati dalla sua parola, ma di più dalla sua santità. Sa dire la parola giusta ai cuori sfiduciati ed a tutti infonde la gioia e l'allegria della buona novella.
Affronterà, con chiarezza e fermezza, ogni prova guardando solo al Cristo ed a ciò che gli ha tramandato don Bosco. Dal santo prenderà il modo di essere, ma di più di pensare.
Rimane come un monumento della propria spiritualità, la storica circolare sulla povertà, inviata a tutta la Congregazione salesiana, nell'anniversario della scomparsa di don Bosco (31 gennaio 1907), nella quale invitò a guardare ai doni dello spirito. In questa si legge:”La povertà diventa una virtù solo quando è volontariamente abbracciata per amor di Dio, come fanno coloro che si danno alla vita religiosa. Tuttavia anche allora la povertà non cessa di essere amara; anche ai religiosi la pratica della povertà impone gravi sacrifizi, come noi stessi ne abbiamo fatto le mille volte l'esperienza. Non è perciò a stupire se la povertà sia sempre il punto più importante e nel tempo stesso più delicato della vita religiosa, se ella sia come la pietra di paragone per distinguere una comunità fiorente da una rilassata, un religioso zelante da un negligente. Essa sarà purtroppo lo scoglio contro cui andranno a rompere tanti magnanimi proponimenti, tante vocazioni che avevano del meraviglioso nel loro nascere e nel loro sviluppo. Di qui la necessità per parte dei Superiori di parlarne sovente e per parte di tutti i membri della famiglia salesiana di mantenerne vivo l'amore e intera la pratica. Cominciamo, com’è di dovere, col metterci alla scuola di Nostro Signore Gesù Cristo”.
Le lettera è il più fedele ritratto del suo modo di vivere la vocazione ricevuta. Incarnò quanto scrisse con l'adamantina volontà di seguire il Cristo.
Fu un vero salesiano ed un perfetto esempio di ciò che pensava della vita religiosa il santo dei giovani. Religioso autentico, i suoi voti sono la testimonianza del suo amore alla Chiesa ed al carisma ideato dal santo torinese.
Dotato di un forte spirito di preghiera, la sua giornata scorre tra la presenza di Dio ed il lavoro alla guida della società salesiana.
Fu eminentemente povero, casto ed obbediente. Chi visse con il beato ricorda che, alla morte di San Giovanni Bosco, don Rua si trasferì nella stessa camera appartenuta al santo, senza apportare alcuna modifica. Legatissimo al padre fondatore ne visse la memoria con affetto, amore ed ammirazione.
(La storia continua sotto)
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La sua esistenza è un modello di fedeltà al vangelo e a quella serenità ed allegria, incarnata dalla tradizione salesiana.
Anelando ai beni del cielo spira, il 6 aprile 1910, contemplando quei beni che erano stati compagni del proprio cammino religioso ed umano.
Il Pontefice Paolo VI, il 29 ottobre 1972, eleverà don Michele Rua al titolo di beato, nella gloria del Bernini e dell'imperituro carisma salesiano nel mondo.
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