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Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, il nuovo preside segna la transizione definitiva?

Monsignor Philippe Bordeyne, nuovo preside del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II

La nuova era del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia è cominciata il 22 febbraio scorso, con la nomina di monsignor Philippe Bordeyne come nuovo preside dell’Istituto.

La nomina non è passata in un bollettino della Sala Stampa della Santa Sede, perché si tratta di nomina della Congregazione per l’Educazione Cattolica. E, infatti, il rescritto che destina il professore francese finora presidente dell’Institute Catholique di Parigi, porta la firma del Cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione, e dell’arcivescovo Vincenzo Zani, segretario. Nemmeno la nomina è stata ufficialmente comunicata dal sito dell’istituto, dove invece si dà notizia dell’ultimo incontro dell’arcivescovo Vincenzo Paglia, cancelliere dell’Istituto, con Papa Francesco, cui ha presentato il nuovo logo.

La nomina, tuttavia, è già ufficiale, anche se non ufficializzata, e segna in qualche modo la fine della transizione del Pontificio Istituto che fu voluto da San Giovanni Paolo, il quale lo avrebbe dovuto inaugurare il 13 maggio 1981, il giorno in cui poi fu vittima dell’attentato in piazza San Pietro. Nel corso degli anni, il Pontificio Istituto si era fatto una reputazione scientifica solida, ed era punto di approdo per molti studenti che volevano avere una solida formazione morale tradizionale sui temi della famiglia e del matrimonio. Non è un caso che tra i corsi più seguiti ci fossero quelli di Teologia Morale Fondamentale e anche di pianificazione naturale delle nascite.

Nel 2017, però, Papa Francesco ha voluto che l’istituto diventasse un Pontificio Istituto Teologico, un upgrade che però richiedeva anche di adeguarsi alla multidisciplinarietà richiesta dalla Veritatis Gaudium, la costituzione apostolica del Papa sulle università e facoltà cattoliche. Non che si dovesse lasciare la morale tradizionale. Ma gli insegnamenti di morale dovevano essere arricchiti, completati, anche con quelli di Scienze Sociali.

Con il nuovo preside, monsignor Pierangelo Sequeri, l’Istituto lavorò dunque per riscrivere gli statuti ed aggiornare i corsi di studio. Nel 2020, la svolta: terminano incarichi e contratti, gli Statuti vengono approvati, e l’istituto ha un nuovo inizio. Non vi compaiono più professori storici come monsignor Livio Melina, che dell’istituto era stato anche preside. E con lui era scomparsa la cattedra di Teologia Morale Fondamentale, che era centrale nell’istituto voluto da Giovanni Paolo II e affidato all’allora monsignor Carlo Caffarra, poi cardinale ed arcivescovo di Bologna.

Del “vecchio corso” sono rimasti i professori Stephan Kampowski, José Granados, Juan Perez Soba. Ma si erano aggiunti professor Gilberto Marengo, che ha pubblicato un imponente studio sulla genesi dell’Humanae Vitae, e il professor Maurizio Chiodi, che aveva creato diverse controversie per un suo intervento alla Pontificia Università Gregoriana in cui apriva alla contraccezione, rovesciando il paradigma della Humanae Vitae di Paolo VI. Un paradigma, tra l’altro, di cui il Cardinale Karol Wojtyla era stato uno strenuo difensore.

La nomina del nuovo preside si iscrive in questo dibattito. Alcuni dicono addirittura che gli studenti hanno abbandonato i corsi dell’istituto, altri che non si sia raggiunto nemmeno il numero minimo di studenti per attivare i corsi. L’esodo c’è stato, mentre sono floridissimi progetti come il Veritas Amoris Project, che prende le mosse proprio dall’impostazione classica del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II.

L’era della transizione è finita: monsignor Pierangelo Sequeri ha finito il suo quadriennio da preside ed ha compiuto 76 anni, dunque è in età da pensione. Aveva fatto da ponte tra il vecchio e il nuovo, difendendo l’impostazione dell’Humanae Vitae, ma anche mediando con le nuove anime che si affacciavano nell’istituto.

Con monsignor Bordeyne, potrebbe non essere così. Il rettore dell’Institute Catholique è un teologo morale molto conosciuto, che è stato anche chiamato da Papa Francesco come esperto al Sinodo della Famiglia del 2015.

Il nuovo presidente ha 61 anni, è rettore dell’Institute Catholique de Paris dal 2011, è co-editore e direttore del Bollettino di Teologia Morale di Ricerca nelle Scienze Religiose e fondatore della collana “Teologia all’università”.

Tra le sue pubblicazioni, “Portare la legge a compimento. Amoris laetitia sulle situazioni matrimoniali fragili” (Libreria Editrice Vaticana – Dicastero per la comunicazione), la traduzione in lingua italiana del testo francese “Divorcés remariés: ce qui change avec François”.

Il testo dice molto chiaramente la linea teologica di monsignor Bordeyne, in particolare sul tema dei divorziati e risposati. Bordeyne è favorevole ad una apertura all’accesso alla comunione, in determinati casi e su determinati percorsi.

“Il Papa – scrive Bordeyne non prevede di fare coincidere un cammino di discernimento con il periodo del nuovo matrimonio civile”, né “prevede alcuna forma di celebrazione in chiesa in occasione di queste nozze”. Piuttosto, ha scritto Bordeyne, il Papa “focalizza l’attenzione su condizionamenti e circostanze “che attenuano la responsabilità morale’”. Tra queste ultime, “fattori psichici e sociali” per i quali “l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere diminuite o annullate”.

In questo modo, non si può più dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta irregolare vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante”.

Per Bordeyne, si tratta infatti di “conoscere l’ideale” ma anche “riconoscere ‘il bene possibile’” in quel determinato momento e cercare di raggiungerlo.

In una intervista alla radio francese RCF nel 2017, Bordeyne ha notato che in Amoris Laetitia il Papa “prima di guardare alle situazioni irregolari, guarda al Battesimo, che è un dono dello Spirito Santo”. E questo è “un cambiamento radicale per il teologo, incoraggiando uno sguardo benigno sulle situazioni”.

Sempre nel 2017, parlando a Salt and Light Tv, monsignor Bordeyne sostenne che prima di tutto il “teologo è uno che aggiusta”, perché “non si può chiedere alle persone di fare l’impossibile”.

Un tema che porat avanti anche per quanto riguarda la contraccezione, al punto da notare, in un incontro pre-Sinodo sulla famiglia tra teologi francesi e tedeschi che è stato definito ‘un Sinodo ombra’ – che Humanae Vitaeinsegna che solo la pianificazione naturale delle nascite è lecita”, ma che allo stesso tempo “si deve riconoscere che c’è sempre più differenza tra la pratica dei fedeli e l’insegnamento del magistero”.

Per questo, aveva detto Bordeyne – “la Chiesa potrebbe ammettere una pluralità di cammini per rispondere all’appello generale a mantenere l’apertura della sessualità alla trascendenza e al dono della vita. […] La via dei metodi naturali che implica la continenza e la castità potrebbe essere raccomandata come un consiglio evangelico, praticato dalle coppie cristiane o non, che richiede la padronanza di sé nell’astinenza periodica. L’altra via la cui liceità morale potrebbe essere ammessa, con la scelta affidata alla saggezza degli sposi, consisterebbe nell’usare dei metodi contraccettivi non abortivi”. 

Resta da vedere in che modo monsignor Bordeyne organizzerà i corsi del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II. Tra i suoi impegni, anche quello di membro del board accademico dell’INTAMS (Accademia Internazionale per la Spiritualità Matrimoniale), che ha un approccio molto aperto anche sulla questione dell’omosessualità e la Chiesa, arrivando in un numero del 2019 della loro rivista, a sostenere le adozioni per coppie omosessuali e a mettere in discussione se la condanna della Chiesa sulle unioni omosessuali possa essere applicata anche a relazioni a lungo termine. Monsignor Bordeyne, a dire la verità, non ha preso posizioni, né ha scritto, sulla questione in quel numero.

Di certo, il suo approccio non è di mediazione, ma è piuttosto un approccio di rottura. Tanto che già sono cominciate le preoccupazioni. Thibaud Colin, professore di teologia al college Stanis di Parigi, ha pubblicato una lunga riflessione sul blog di Sandro Magister, arrivando alla conclusione che l’istituto ha ormai tradito la memoria di San Giovanni Paolo II, e sarebbe dunque più consono chiamarlo “Istituto Amoris Laetitia”. Ironico, nell’anno della famiglia dedicato proprio al quinto anniversario dell’esortazione papale.

 

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