venerdì, novembre 22, 2024 Donazioni
Un servizio di EWTN News

Papa Francesco in Iraq, il vaccino della speranza combatte ogni pandemia

“Le difficoltà fanno parte dell’esperienza quotidiana dei fedeli iracheni. Negli ultimi decenni, voi e i vostri concittadini avete dovuto affrontare gli effetti della guerra e delle persecuzioni, la fragilità delle infrastrutture di base e la continua lotta per la sicurezza economica e personale, che spesso ha portato a sfollamenti interni e alla migrazione di molti, anche tra i cristiani, in altre parti del mondo”.

Papa Francesco lo ha detto ai religiosi iracheni che ha incontrato in questo primo giorni di visita in Iraq nella  Cattedrale Siro-Cattolica di “Nostra Signora della Salvezza”, sede dell’Arcieparchia Siro-Cattolica di Baghdad. A riceverlo Sua Beatitudine Ignace Youssif III

Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri, e l’Arcieparca Mons. Ephrem Yousif Abba. Il Patriarca Younan e l’Arcieparca Abba gli ha porto il crocifisso e l’acqua benedetta per l’aspersione, due giovani gli donano dei fiori che depone davanti al tabernacolo, dove sosta in silenzio per un breve momento di preghiera.

Nel suo discorso il Papa ricorda che “in questa Cattedrale di Nostra Signora della Salvezza, benedetti dal sangue dei nostri fratelli e sorelle che qui hanno pagato il prezzo estremo della loro fedeltà al Signore e alla sua Chiesa. Possa il ricordo del loro sacrificio ispirarci a rinnovare la nostra fiducia nella forza della Croce e del suo messaggio salvifico di perdono, riconciliazione e rinascita”.

Sfide pastorali difficili “aggravate in questo tempo di pandemia” e “Sappiamo quanto sia facile essere contagiati dal virus dello scoraggiamento che a volte sembra diffondersi intorno a noi. Eppure il Signore ci ha dato un vaccino efficace contro questo brutto virus: è la speranza che nasce dalla preghiera perseverante e dalla fedeltà quotidiana al nostro apostolato”. 

La gioia della fede è contagiosa dice il Papa e “l’amore di Cristo ci chiede di mettere da parte ogni tipo di egocentrismo e di competizione; ci spinge alla comunione universale e ci chiama a formare una comunità di fratelli e sorelle che si accolgono e si prendono cura gli uni degli altri. 

Come un tappeto con tanti fili intrecciati che sono la fraternità e portano alla fonte, “Dio stesso è l’artista che ha ideato questo tappeto, che lo tesse con pazienza e

lo rammenda con cura, volendoci sempre tra noi ben intrecciati, come suoi figli e figlie”.

Parla di ponti da costruire il Papa, e chiede che se sorgono incomprensioni nodi che ostacolano la tessitura della fraternità, c’è la Grazia a scioglierli. 

Ai vescovi dice: “che non vi vedano come amministratori o manager, ma come padri, preoccupati perché i figli stiano bene, pronti a offrire loro sostegno e incoraggiamento con cuore aperto”. Ai seminaristi dice: “Sappiamo che il nostro servizio comporta anche una componente amministrativa, ma questo non significa che dobbiamo passare tutto il nostro tempo in riunioni o dietro una scrivania. È importante uscire in mezzo al nostro gregge” e “non dimenticatevi delle vostre mamme e delle vostre nonne, che vi hanno “allattato” nella fede”.

In conclusione un ricordo ai martiri “la cui causa di beatificazione è in corso. La loro morte ci ricorda con forza che l’incitamento alla guerra, gli atteggiamenti di odio, la violenza e lo spargimento di sangue sono incompatibili con gli insegnamenti religiosi. E voglio ricordare tutte le

vittime di violenze e persecuzioni, appartenenti a qualsiasi comunità religiosa”. Ai giovani in particolare il Papa dice siate “portatori di promessa e di speranza, e soprattutto in questo Paese. Qui infatti non c’è solo un inestimabile patrimonio archeologico, ma una

ricchezza incalcolabile per l’avvenire: sono i giovani!” E infine chiede ai cristiani di essere parte della Soria della Salvezza che nasce qui “testimoniando fedelmente le promesse di Dio, che mai vengono meno, e cercando di costruire un nuovo futuro. La vostra testimonianza, maturata nelle avversità e rafforzata dal sangue dei martiri, sia una luce che risplende in Iraq e oltre, per annunciare la grandezza del Signore e far esultare lo spirito di questo popolo in Dio nostro Salvatore”. Nel libro d'onore della cattedrale il Papa ha scritto: "Penitente e pellegrino di fede e di pace in Iraq, invoco da Dio per questo popolo, con l’intercessione della Vergine Maria, la forza di ricostruire insieme il Paese nella fraternità".

Nei loro saluti iniziali si sono ricordati i 48 cristiani uccisi 10 anni fa con un grazie da parte del Patriarca Sako per la Enciclica Fratelli tutti, e il ricordo dell’esodo dei cristiani. “Questa vostra visita paterna - ha detto Sako- ci dà la forza di superare le avversità, ci rassicura che non siamo dimenticati, e genera in noi fiducia ed entusiasmo per continuare il nostro cammino di fede e di testimonianza evangelica, nonostante le difficoltà, e per contribuire con i nostri compatrioti musulmani e gli altri a costruire il nostro paese su regole solide e a stabilire i valori della cittadinanza e della convivenza sulla base di una fraternità rispettosa della diversità e del pluralismo. A Dio piacendo, grazie alle vostre preghiere, al vostro continuo interessamento, e alla buona volontà degli iracheni, usciremo dalle nostre crisi verso un futuro migliore”.

La cattedrale attuale è del 1962 progettata dall'architetto polacco Kafka in stile moderno, rappresenta una nave che sostiene i credenti, come la barca che portava Gesù e i suoi discepoli nella tempesta. Dopo l'attacco del 2010, la chiesa è stata ristrutturata e per le vittime è stato eretto un memoriale. I due sacerdoti uccisi sono stati sepolti nella cripta della chiesa. Prima della guerra in Iraq, circa 5.000 famiglie visitavano regolarmente la Cattedrale di Sayidat-al-Nejat. Dal 2018, le tre chiese siro-cattoliche di Baghdad sono state visitate regolarmente da non più di 1.000 famiglie. 

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