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Un servizio di EWTN News

Anziani e pandemia, dal Giappone un progetto per far rivivere il dialogo tra generazioni

“Il "Compact City Project” è un progetto di collegamento intergenerazionale in collaborazione con la nostra università e l'industria del giardinaggio paesaggistico”.

E’ uno dei progetti che combatte una mentalità che sembra voler cancellare gli anziani.

E’ la testimonianza della professoressa Etsuo Akiba, Docente all’Università di Toyama in Giappone, Accademico Ordinario della Pontificia Accademia per la Vita.

Il suo racconto parla di come i media giapponesi non riportino “la reale condizione della morte degli anziani, le loro vicende particolari, dove e come sono morti.  Il dolore dei nipoti e dei familiari che hanno perso una persona amata, non è condiviso dal grande pubblico. Sullo sfondo dell'indifferenza dell'opinione pubblica verso la morte degli anziani, c'è una grave discriminazione nei confronti dei malati di malattie infettive e anche il divario tra generazioni, causato dall’emergere della visione mononucleare della famiglia dal secondo dopoguerra”.

I giovani invece ha raccontato la professoressa vivono e lavorano nei grattacieli, in circoli chiusi “il bullismo in classe è molto diffuso. Quanti non reggono spesso vanno in isolamento, a volte per lunghi anni e, nel peggiore dei casi, si suicidano. Oggi, nel tempo della pandemia, il numero dei suicidi da parte delle studentesse è in aumento”.

Gli anziani vivono con la paura di non riconoscere nessuno, scrivono “una "Ending Note", rifiutando le cure terminali prima di perdere la capacità di autodeterminazione” e le generazioni non dialogano tra loro.

Ci sono poi “alcune città di provincia poco popolate e con una popolazione invecchiata, ma fortunate a causa della presenza di abbondanti risorse naturali, e che mantengono la cultura religiosa tradizionale giapponese, hanno cercato seriamente di creare una comunità regionale di mutuo soccorso, rifiutando la separazione tra generazioni”.

Così il "Compact City Project” e il "Toyama Day Care System", introdotto da un'infermiera in pensione 30 anni fa, è cresciuto fino a diventare un progetto nazionale. 

E così  le “persone anziane e bambini portatori di handicap vivono insieme nella tradizionale grande casa giapponese progettata per ospitare le tre generazioni, con il sostegno degli stessi appartenenti alla famiglia e aiutati da personale di supporto”.

Vantaggi se ne vedono a vari livelli e per questo si deve “scavare più a fondo nelle nostre radici, per ricondurre la nostra etica nazionale alla sua origine ultima, al bene comune supremo condiviso da tutti gli esseri umani”. 

Così per Etsuo Akiba la guerra al Covid-19  “è una rara possibilità per noi di sfuggire dalla mentalità solitaria di un paese insulare e raggiungere una prospettiva cosmopolita. Ora lo sviluppo della Bioetica Globale, promossa dalla Pontificia Accademia per la Vita, ci apre alla nostra comune origine, al Creatore dell'Universo, e potrebbe essere un potente strumento. Inoltre potrebbe essere uno strumento per il lavoro missionario. In effetti, è storia comune che non pochi intellettuali siano stati battezzati da adulti e anziani in Giappone”.

La professoressa ha proposto la sua testimonianza nella conferenza on line di presentazione del documento della Pontificia Accademia per la Vita nel Documento “La vecchiaia: il nostro futuro. La condizione degli anziani dopo la pandemia”. 

Nella conferenza L’arcivescovo  Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita  ha ricordato che nel sistema di cura e assistenza degli anziani molto è da rivedere. L’istituzionalizzazione degli anziani nelle case di riposo, in ogni paese, non ha garantito necessariamente migliori condizioni di assistenza, tanto meno per chi tra loro è più debole. È necessario un serio ripensamento non solo relativamente alle residenze per gli anziani ma per l’intero sistema assistenziale del vasto popolo di anziani che oggi caratterizza tutte le società” e Bruno-Marie Duffè, Segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale

 Ha sottolineato come l’emergenza sanitaria abbia “ portato alla luce una componente importante della relazione sociale. La capacità di raccogliere la sfida della vita,  le sue incognite e le sue gioie, si basa, in parte, sull'ispirazione, propria del dialogo tra generazioni: un dialogo che può essere fatto di parole o di silenzio, del disegno offerto da un bambino, che ancora fa sognare l’anziano, o dalla tenerezza dei loro sguardi, che si incrociano e si incoraggiano a vicenda.” 

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