Minsk, 23 December, 2020 / 11:00 AM
Dopo quattro mesi e ad un passo dalla pensione, l’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz di Minsk può rientrare in patria. Bloccato alla frontiera lo scorso 31 agosto, di ritorno dalla Polonia, perché il suo passaporto non era stato dichiarato valido, l’arcivescovo è stato in esilio muovendosi tra Polonia e Lituania. La Santa Sede ha lavorato sottotraccia per garantire un ritorno in patria.
È stata la nunziatura apostolica a Minsk a dare notizia della fine dell’esilio dell’arcivescovo Kondrusiewicz, con uno scarno comunicato diffuso sul portale della Chiesa Cattolica bielorussa.
La nota afferma che “la nunziatura apostolica nella repubblica di Bielorussia informa che il 22 dicembre 2020 ha ricevuto informazioni dagli organi statali competenti che l’arcivescovo Tadesuz Kondrusiewicz non ha ostacoli per il rientro nel territorio della Repubblica di Bielorussia”.
La nunziatura ha anche espresso “gratitudine alle autorità statali della Repubblica di Bielorussia per aver risposto positivamente alla richiesta di Papa Francesco di far tornare l’arcivescovo Kondrusiewicz per celebrare la nascita del Signore con il gregge di cui è pastore.”
Come detto, l’arcivescovo Kondrusiewicz non poteva rientrare in patria dal 31 agosto, quando gli fu negato il passaggio alla frontiera di ritorno dalla Polonia. Le spiegazioni ufficiali arrivarono solo molto dopo, e parlarono di un “passaporto non valido” per l’arcivescovo. Ma le dichiarazioni del presidente Lukashenko lasciavano comprendere che, in realtà, l’arcivescovo Kondrusiewicz pagava la presenza della Chiesa cattolica nelle proteste che erano seguite alla sua rielezione.
C’è da dire che né Kondrusiewicz, né gli altri vescovi di Bielorussia hanno mai preso una posizione politica, e questo lo stesso arcivescovo lo ha sempre ribadito. Ma la vicinanza ai protestanti (Kondrusiewicz era anche andato a visitare i prigionieri e avevo chiesto garanzie sulla loro condizione al ministro dell’Interno in un incontro che ha avuto luogo poco prima del suo esilio) era stata sicuramente il casus belli.
Dall’esilio sono successe molte cose: una visita dell’arcivescovo Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, in Bielorussia a parlare con il governo, un viaggio dello stesso arcivescovo Kondrusiewicz a Roma per parlare con la Segreteria di Stato, le dichiarazioni di Lukashenko che hanno oscillato dalla sua disponibilità a lasciare all’attacco diretto a quanti protestano, lamentando l’influenza straniera sulla Chiesa. E poi, l’arrivo dell’arcivescovo Ante Jozic come nunzio, la mediazione dell’arcivescovo Antonio Mennini, già nunzio in Russia, e infine la visita come inviato del Papa dell’arcivescovo Claudio Gugerotti, nunzio in Gran Bretagna con un passato da “ambasciatore del Papa” in Bielorussia.
Quest’ultima iniziativa sembra sia stata decisiva. L’arcivescovo Gugerotti ha incontrato Lukashenko il 17 dicembre. Il presidente lo ha molto in simpatia, e l’arcivescovo ha anche sfruttato la volontà di Lukashenko di mostrarsi vicino alla Santa Sede – in tutte le dichiarazioni, si parla della volontà di rafforzare le relazioni bilaterali, e magari anche di un viaggio di Papa Francesco nel Paese.
Quale sia stato il tono delle conversazioni è tenuto nel massimo riserbo. Vladimir Makei, ministro degli Esteri di Bielorussia, ha detto che l'arcivescovo Gugerotti ha consegnato al presidente una lettera personale di Papa Francesco, cui il presidente ha deciso di dare seguito in nome dei buoni rapporti personali.
Dalla Bielorussia si fa notare che l’arcivescovo Kondrusiewicz compirà 75 anni il prossimo 3 gennaio, l’età cui è richiesto al vescovo di presentare le dimissioni per limiti di età al Papa. Tutti pensano che queste dimissioni saranno accettate, e che questa eventualità sia stata decisiva nel far propendere Lukashenko per trovare una soluzione, almeno per permettere all'arcivescovo di trascorrere il Natale a Minsk.
Più complicato trovare un successore all’arcivescovo Kondrusiewicz: il suo ausiliare Yuri Kasabutsky è anche lui sotto osservazione del governo per le sue forti prese di posizione che non mancavano di denunciare una persecuzione contro la Chiesa. E il clero non se la passa meglio: se il vescovo Kasabutsky è stato convocato in procura, sono tre i sacerdoti che sono stati arrestati in quest’ultimo periodo.
Si pensa, dunque, che il Papa nominerà un amministratore apostolico per Minsk, una figura di raccordo che guidi la transizione fintanto che le acque non si calmino e si possa procedere alla nomina di un arcivescovo titolare. E questa idea sembra sia piaciuta al presidente Lukashenko.
L’arcivescovo Kondrusiewicz torna quindi in patria dove celebrerà la festa del Natale. Durante l’esilio, ha dato mandato di consacrare la Bielorussia al Cuore Immacolato di Maria, mentre l’11 settembre le chiese di Minsk hanno percorso una Via Crucis in cui chiedevano anche la fine delle persecuzioni.
Di certo, il ritorno dell’arcivescovo Kondrusiewicz non potrà servire a fermare le proteste, che sono continuate nel Paese in forme diverse, ma senza mai fermarsi davvero. E non significa che il governo bielorusso abbia smesso di guardare alle religioni come una forza contro la loro politica da tenere sotto controllo.
In una recente intervista con il portale d’informazione cattolica eKai.pl, l’arcivescovo di Minsk ha sottolineato di aver sempre chiesto alle parti di sedersi per un negoziato, e ricordato di non essere mai stato coinvolto in decisioni politiche. Io – ha detto – “ho sempre predicato il Vangelo e cercato di realizzare la Dottrina Sociale della Chiesa”.
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