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Un servizio di EWTN News

Il vaccino anti-COVID è moralmente accettabile, dice la Dottrina della Fede

Il Palazzo del Sant'Uffizio, sede della Congregazione della Dottrina della Fede

Nessuna apertura all’aborto, nessun cambiamento dottrinale. E però, in queste particolari condizioni, mentre non c’è ancora una varietà di vaccini anti-COVID, il cattolico può anche accettare di farsi somministrare i vaccini che sono stati sviluppati con linee cellulari ottenute da feti abortiti. E questo perché, specifica la Congregazione per la Dottrina della Fede, perché “il tipo di cooperazione al male (cooperazione materiale passiva) dell’aborto procurato da cui provengono le medesime linee cellulari, da parte di chi utilizza i vaccini che ne derivano, è remota”.

È una nota breve, in sei punti, che serve ad affrontare un punto fondamentale che riguarda proprio la liceità di vaccini che sono stati sviluppati – scrive la nota – “facendo ricorso, nel processo di ricerca e produzione, a linee cellulari che provengono da tessuti ottenuti da due aborti avvenuti nel secolo scorso”. Una nota necessaria perché ci sono stati vari pronunciamenti e dubbi da parte di vescovi e fedeli.

La Congregazione rimanda al documento del giugno 2005 della Pontificia Accademia della Vita su “Riflessioni morali circa i vaccini preparati a partire da cellule prevenienti da feti umani abortiti”, ma anche alla Dignitatis Personae della Congregazione stessa del 2008, e su una nota successiva dell’Accademia per la Vita del 2017.

La CDF ci tiene a sottolineare che il chiarimento non giudica la sicurezza e l’efficacia dei vaccini, “ma soltanto riflettere sull’aspetto morale dell’uso di quei vaccini contro il Covid-19 che sono stati sviluppati con linee cellulari provenienti da tessuti ottenuti da due feti abortiti non spontaneamente”.

Già nella Dignitatis Personae si parlava di responsabilità differenziate di cooperazione all’aborto, per esempio “nelle imprese, che utilizzano linee cellulari di origine illecita, non è identica la responsabilità di coloro che decidono l’orientamento della produzione rispetto a coloro che non hanno alcun potere di decisione”.

Per questo, “quando non sono disponibili vaccini contro il Covid-19 eticamente ineccepibili (ad esempio in Paesi dove non vengono messi a disposizione dei medici e dei pazienti vaccini senza problemi etici, o in cui la loro distribuzione è più difficile a causa di particolari condizioni di conservazione e trasporto, o quando si distribuiscono vari tipi di vaccino nello stesso Paese ma, da parte delle autorità sanitarie, non si permette ai cittadini la scelta del vaccino da farsi inoculare) è moralmente accettabile utilizzare i vaccini anti-Covid-19 che hanno usato linee cellulari provenienti da feti abortiti nel loro processo di ricerca e produzione”.

Il perché sia accettabile è che la cooperazione al male è “remota”, e “il dovere morale di evitare tale cooperazione materiale passiva non è vincolante se vi è un grave pericolo, come la diffusione, altrimenti incontenibile, di un agente patogeno grave: in questo caso, la diffusione pandemica del virus SARS-CoV-2 che causa il Covid-19”.

Per questo, la CDF ritiene che si possono usare “tutte le vaccinazioni riconosciute come clinicamente sicure ed efficaci”, con coscienza certa che “il ricorso a tali vaccini non significhi una cooperazione formale all’aborto dal quale derivano le cellule con cui i vaccini sono stati prodotti”.

Ma non si tratta – specifica – di una “legittimazione indiretta della pratica dell’aborto”, e anzi “presuppone la contrarietà a questa pratica da parte di coloro che vi fanno ricorso”, perché “l’uso lecito di tali vaccini non comporta e non deve comportare in alcun modo un'approvazione morale dell’utilizzo di linee cellulari procedenti da feti abortiti”.

La CDF chiede quindi “sia alle aziende farmaceutiche che alle agenzie sanitarie governative, di produrre, approvare, distribuire e offrire vaccini eticamente accettabili che non creino problemi di coscienza, né a gli operatori sanitari, né ai vaccinandi stessi”.

La Congregazione sottolinea anche che la vaccinazione non è “un obbligo morale”, sebbene “la moralità della vaccinazione dipende non soltanto dal dovere di tutela della propria salute, ma anche da quello del perseguimento del bene comune”. Si tratta di un bene che “in assenza di altri mezzi per arrestare o anche solo per prevenire l’epidemia, può raccomandare la vaccinazione, specialmente a tutela dei più deboli ed esposti”.

Per questo, chi rifiuta di sottoporsi alla vaccinazione da vaccini prodotti con linea cellulari di feti abortiti, è chiamato ad adoperarsi “per evitare, con altri mezzi profilattici e comportamenti idonei, di divenire veicoli di trasmissione dell’agente infettivo. In modo particolare, essi devono evitare ogni rischio per la salute di coloro che non possono essere vaccinati per motivi clinici, o di altra natura, e che sono le persone più vulnerabili”.

La Congregazione richiama anche ad “un imperativo morale, per l'industria farmaceutica, per i governi e le organizzazioni internazionali, di garantire che i vaccini, efficaci e sicuri dal punto di vista sanitario, nonché eticamente accettabili, siano accessibili anche ai Paesi più poveri ed in modo non oneroso per loro. La mancanza di accesso ai vaccini, altrimenti, diverrebbe un altro motivo di discriminazione e di ingiustizia che condanna i Paesi poveri a continuare a vivere nell'indigenza sanitaria, economica e sociale.”.

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