Città di Castello, 14 November, 2020 / 12:30 AM
“Da pochi giorni la nostra regione è “arancione” con le conseguenti restrizioni che conosciamo e soprattutto con la drammatica sofferenza, ancor più grave, in atto in tante altre parti del nostro Paese e del mondo.
Di qui gli interrogativi angoscianti: come e quando ne usciremo? Verso dove andremo e vogliamo andare?”
Si apre così la omelia del vescovo di Città di Castello in Umbria per la festa dei santi patroni Florido ed Amanzio. Ma il covid ha impedito al vescovo di pronunciarla perché ha dovuto ritirarsi in casa propria perché costretto all’isolamento preventivo dopo aver fatto visita ed assistenza a domicilio ad una persona in seguito risultata malata di Covid anche se il tampone a cui è stato sottoposto ha dato esito negativo.
La celebrazione è stata guidata da Giovanni Cappelli, vicario generale che ha letto il testo del vescovo.
“La vita personale, familiare e sociale e la stessa storia dell’umanità senza tener conto del Signore, della sua presenza benevola, è in balia delle tempeste della vita che mettono paura e angoscia. L’invisibile virus che sta mettendo in ginocchio il mondo non è che l’ultima evidente prova. Siamo ancora tutti col fiato sospeso.
I Patroni e i tanti Santi e Sante della nostra amata regione fino al beato Carlo Acutis, ci invitano alla speranza cristiana, a riscoprire la fede, a invocare l’aiuto del Signore, a vivere secondo il Vangelo dell’amore, a partecipare all’eucarestia, a riconoscere i nostri peccati e l’urgenza della nostra conversione ad una vita più umana” scrive il vescovo.
E ancora: “La pandemia ci ricorda che navighiamo tutti sulla stessa barca. Siamo chiamati a prendere le giuste misure tra distanza e vicinanza per evitare il contagio e soprattutto per creare relazioni vere di amicizia, trasmettere efficaci anticorpi e prenderci cura gli uni degli altri”.
Come esempio di collaborazione e fraternità il vescovo presenta la “Beata Margherita di cui stiamo celebrando il settimo centenario della morte e di cui è in corso il processo di canonizzazione. Questa umile donna, cieca, zoppa, gobba, analfabeta, morta a 33 anni, dopo essere stata abbandonata nelle nostre strade, ci ricorda che si può superare il comprensibile risentimento, la rabbia e la disperazione. Si può anche in situazioni di infermità e disabilità trovare il coraggio di tirar fuori tante altre abilità umane e cristiane fino alla santità. Ci testimonia che anche quando si è penalizzati da sofferenze di vario genere possiamo ancora creare relazioni di aiuto fraterno e di amicizia”.
E conclude “tutti possiamo rimboccarci le maniche, allargare lo sguardo e dare il nostro convinto e pieno contributo per superare questo brutto momento innescando processi generativi di vita nuova”.
Prima della celebrazione il sindaco ha reso omaggio alla tomba dei patroni: “Davanti ad un simbolo della nostra comunità, che parla a tutti i tifernati, ci siamo ritrovati, in un momento difficile per tutti e, come durante il lockdown davanti all’immagine della Madonna delle Grazie, nella criticità generale dobbiamo rimanere uniti e stringerci in un abbraccio collettivo, combattendo questo virus insidioso attraverso il rispetto delle regole a tutela del contagio” ha detto il sindaco Luciano Bacchetta, sottolineando “la collaborazione che con la diocesi il Comune ha sempre avuto sul fronte della prevenzione e della lotta a questa seconda terribile ondata della pandemia”.
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