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Un servizio di EWTN News

Francia, libertà di culto lesa dalle norme anti COVID? Respinto il ricorso dei vescovi

La sede della Conferenza Episcopale Francese a Parigi

Il nuovo stop in Francia alle Messe con i fedeli non è piaciuto ai vescovi francesi, che riuniti in assemblea generale la scorsa settimana, hanno deciso di presentare un ricorso al Consiglio di Stato, sottolineando come le nuove disposizioni siano lesive delle libertà di culto. Ma il Consiglio di Stato ha respinto l’appello, sottolineando che il decreto non mina la libertà di culto, che può essere esercitata sia individualmente che collettivamente, e che comunque le norme saranno rivisitate dopo una consultazione il prossimo 16 novembre.

“Attendiamo con ansia questa consultazione”, hanno fatto sapere i vescovi francesi, in una nota pubblicata sul sito della Conferenza Episcopale. La memoria contro il decreto n° 2020-1310 del 29 ottobre 2020 era stata presentata dall’arcivescovo Eric de Moulins-Beaufort, di Reims, presidente della Conferenza Episcopale Francese. Nella memoria, si definiva “sproporzionato” il divieto di celebrare le Messe ed altri sacramenti in comunità, anche perché “i fedeli cattolici rimangono pienamente mobilitati contro l’epidemia e rispettano tutte le indicazioni sanitarie che sono state imposte fin dall’inizio sul Paese”.

A seguito della risposta del Consiglio di Stato, l’arcivescovo de Moulins-Beaufort ha sottolineato che rimarrà “vigile di fronte a qualsiasi limitazione della libertà di culto in un momento in cui, per motivi di sicurezza, le autorità pubbliche vogliono rafforzare la loro sorveglianza su tutte le religioni”.

In particolare, i vescovi francesi hanno deplorato l’impossibilità di partecipare alla Messa, “vertice della loro fede e incontro insostituibile con Dio”. Allo stesso tempo, i vescovi, secondo il principio di San Paolo di obbedire alle autorità, “con rammarico e consapevole dello sforzo spirituale che richiede, il Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Francese chiede ai fedeli e ai sacerdoti di rispettare questa decisione”, ricordando che comunque le chiese restano aperte, e che dunque possono essere frequentate per la preghiera, l’adorazione, ma anche per confessarsi.

Motivando il suo diniego, il Consiglio di Stato aveva precisato che erano state impartite istruzioni alle autorità pubbliche affinché chiunque potesse recarsi in una chiesa vicino casa, munendosi di una autocertificazione in cui si segnalava un “motivo familiare impellente”, mentre i sacerdoti non solo possono ricevere i fedeli, ma possono anche andare nelle loro case e visitare gli istituti di cui sono cappellani.

Il giudice ha anche sottolineato che le norme saranno, entro il 16 novembre, “oggetto di un riesame della loro natura adeguata e proporzionata, che presuppone l'avvio anticipato della con tutti i rappresentanti delle religioni, inteso a specificare le condizioni in cui queste restrizioni potrebbero evolversi ”.

I vescovi avevano fatto già ricorso al Consiglio di Stato a maggio, per contestare la decisione del governo che, alla riapertura del lockdown, aveva comunque mantenuto il divieto delle celebrazioni religiose. In quel caso, il Consiglio di Stato aveva decretato contro la decisione del governo, permettendo il ritorno delle Messe con i fedeli.

Fedeli che, tra l'altro, sono scesi in strada questo fine settimana, per radunarsi fuori dalle chiese e pregare, in segno di protesta contro le restrizioni. Manifestazioni di questo genere si sono svolte in diversi posti, e in particolare a Versailles e a Nantes.

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