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Un servizio di EWTN News

Quando la società rifiuta Dio diviene disumana. XXIX Domenica del Tempo Ordinario

Nella seconda lettura della Santa Messa di questa domenica ci viene descritta la vita della comunità cristiana. Essa cresce e diventa sempre più famiglia di Dio se si lascia guidare dalla presenza dello Spirito Santo. Con quest’anima divina i cristiani  sono in grado di crescere nella fede, di vivere nella carità, di essere fortificati nella speranza. Soprattutto, l’uomo è in grado di conoscere il destino che Dio gli ha riservato e che ci è pienamente rivelato da Cristo.

“Dio nessuno lo ha mai visto” dichiara l’evangelista Giovanni, tuttavia noi di Dio sappiamo quello che appare dal Volto di Cristo. Gesù Cristo è la Parola, il pensiero del Padre, è il progetto che Dio ha sul mondo e sulla storia. E Lui e solo Lui è in grado di aiutarci a comprendere qual è il cammino che l’ umanità è chiamata a compiere per accedere al suo destino di gloria.

Noi accogliendo la sua Parola e mettendola in pratica impariamo a vivere nel mondo. Il cristiano come Cristo vive delle cose penultime ma crede nelle ultime… cammina nel tempo ma è destinatario dell’eternità.  In Cristo, vero Dio e vero Uomo, il tempo e l’eternità, il divino e l’umano, il mortale e l’immortale si uniscono. Cristo, dunque, ci rivela la piena rivelazione della vocazione dell’uomo: divenire figli di Dio e partecipi della sua stessa vita divina. Tale vocazione si vive nella storia mettendo in pratica il precetto dell’amore, perché Dio ama, salva e porta a compimento la storia.

Da Gesù impariamo anche come comportarci con Cesare, cioè il potere politico. Cristo accetta l’esistenza dei regni di questo mondo, ma nello stesso tempo è critico nei loro riguardi. In altre parole, Gesù non pone Dio e Cesare sullo stesso piano, perchè la preoccupazione di Cristo è quella prima di tutto di salvaguardare, in ogni situazione, anche nella politica, i diritti di Dio. Cesare è Cesare, ma non è Dio.

Certo ci sono anche i diritti dello Stato, che si trasformano in doveri di coscienza quando questi rimangono nel proprio ambito. Per questo motivo i cristiani pregano per coloro che sono costituiti in autorità, dal momento che si assumono grandi responsabilità. E’ però necessario precisare che lo Stato non può erigersi a valore assoluto. Nessun potere politico, qualunque esso sia, può arrogarsi diritti che competono solo a Dio, può assorbire tutto il cuore dell’uomo, può sostituirsi alla coscienza. Quando lo Stato ha preteso di “farsi Dio” l’uomo è stato umiliato, sacrificato, distrutto nella sua dignità.

Con la sua vita e le sue parole, Gesù non ha fatto altro che affermare questa totale dipendenza dell’uomo da Dio. Creato a immagine e somiglianza di Dio l’uomo è chiamata a partecipare della stessa vita divina e poiché la sua destinazione è Dio , Egli merita un rispetto assoluto.

Dare a Dio quello che è di Dio significa, allora, comprendere e vivere l’assoluto di Dio, per cui ogni situazione - compresa quella politica - è giudicata alla sua luce.  Il servizio a Cesare è sempre settoriale o parziale. Invece, dare a Dio quelle che è di Dio comporta da parte dell’uomo l’adorazione e la lode, l’obbedienza e la dedizione al proprio Creatore. Quando la società rifiuta Dio diviene disumana perché una simile scelta porta l’uomo a separarsi dalla sua radice originaria e a rinnegare la propria natura . E questa porta a dimenticare che la vita delle persone fin dal suo concepimento appartiene; è del Signore la famiglia, che ha santificato a Nazareth, fondata su un matrimonio indissolubile; è del Signore la coscienza, la quale deve essere formata perché sia luce capace di illuminare il cammino della vita.

 Chi rivela questa grandiosa vocazione dell’uomo è Cristo. E’ Lui il Principio e la Fine dell’intera rivelazione.

 

 

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