Roma, 26 September, 2020 / 10:00 AM
La Chiesa italiana è stata “riferimento” per tanti nel periodo più duro della pandemia da Covid 19 rispondendo ai bisogni materiali e spirituali di tanti fedeli. I vescovi sono coscienti di questo e lo hanno ribadito con forza durante l’ultimo incontro del Consiglio Permanente della Cei che si è svolto in questa settimana. Il parlamentino della Cei ha espresso parole di ringraziamento per “la generosità di cui il popolo di Dio ha saputo dar prova nell’emergenza”.
In una stagione di disorientamento e anche di distanza – è stato osservato – questa caratteristica di prossimità della Chiesa italiana “diventa ancora più significativa”. Si esprime in una “santità della porta accanto”, nella cura delle relazioni, nel ritrovare amore amicale per le persone, nello stile di umiltà di chi “non presume di essere superiore agli altri, nell’eloquenza dei gesti che portano a curvarsi sui più deboli, nella disponibilità ad ascoltare le sofferenze e le domande profonde sul dolore, la morte, la figura stessa di Dio”. Ed è veramente tanto quello che si è fatto in modo silenzioso.
E dopo l’esperienza del lockdown cosa vuole dire essere “cristiani”, quale insegnamento possono trarre le Chiese locali e la catechesi in generale da questa stagione? Domande alle quali cerca di dare una risposta il Documento elaborato dall’ Ufficio Catechistico Nazionale della Cei che propone piste da percorrere e spunti di riflessione per una conversione ecclesiale che favorisca una maggiore aderenza alla vita delle persone e maggior efficacia nell’azione catechistica.
“Siamo consapevoli che anche la Chiesa italiana si trova in un delicato tempo di passaggio, che è anche una grande opportunità: se da un lato riprenderà al più presto la proposta catechistica con le dovute precauzioni sanitarie, dall’altro sentiamo forte l’esigenza di un nuovo discernimento sulla realtà pastorale e sociale e sul rilancio dei percorsi catechistici”, spiega mons. Valentino Bulgarelli, direttore dell’Ufficio e neo sottosegretario della Cei (eletto durante l’ultimo Consiglio Permanente insieme a don Roberto Malpelo e don Michele Gianola). E proprio l’Ufficio Catechistico della Cei ieri sera ha promosso il primo convegno nazionale on line sul tema "Ripartiamo insieme".
E domani, domenica 27 settembre, in tutte le diocesi italiane e del mondo la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. In tutte le diocesi celebrazioni e iniziative mentre a livello nazionale, in Italia, la celebrazione principale sarà a Torino, nel duomo della città presieduta dall’arcivescovo Cesare Nosiglia con la partecipazione delle comunità etniche e dei rappresentanti Migrantes del Piemonte e della Valle d’Aosta. Per l’occasione l’ufficio Migrantes diocesano ha composto un inno mettendo in musica le provocazioni sulle quali papa Francesco invita a riflettere e a lavorare nel suo Messaggio per la Giornata che ha come titolo “Come Gesù Cristo costretti a fuggire: accogliere, proteggere, promuovere, integrare gli sfollati interni”. Nelle strofe si possono rintracciare tutte le sei coppie di verbi indicate dal papa: conoscere per comprendere, farsi prossimo per servire, ascoltare per riconciliarsi, condividere per crescere, coinvolgere per promuovere, collaborare per costruire.
E dal Papa, in piazza San Pietro, domenica mattina una rappresentanza delle comunità etniche cattoliche di Roma che parteciperanno all’Angelus in Piazza San Pietro. L’iniziativa è dell’Ufficio Migrantes diocesano. “Ci saranno dieci delegati per comunità con le bandiere dei Paesi di provenienza. Non vogliamo che il Covid ci impedisca di essere vicini al Papa”, dice il direttore Migrantes, mons. Pierpaolo Felicolo: “vogliamo ringraziarlo perché non perde occasione per ribadire costantemente l’attenzione e il sostegno della Chiesa verso il mondo della mobilità umana che non è solo quello dei migranti ma ci sono rifugiati, richiedenti asilo, apolidi, migranti lavorativi. Questi ultimi non sono da trascurare perché cercano di lavorare onestamente per aiutare i familiari rimasti a casa”.
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