Minsk, 16 September, 2020 / 2:00 PM
Forse c’è una speranza in quelle che vengono considerate cattive notizie. È stato reso noto all’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz di Minsk che non può rientrare nel Paese perché il suo passaporto non è più considerato valido. Ma è proprio da qui che l’arcivescovo può partire per chiedere, come cittadino (perché non ha perso la cittadinanza) e come suo diritto costituzionale, un nuovo passaporto. È solo uno spiraglio burocratico, in una situazione che in Bielorussia è tesissima.
Tanto che il vescovo ausiliare di Minsk Yuriy Kasabutsky non ha esitato a parlare di una “persecuzione contro la Chiesa”, e per scongiurare questa persecuzione è stata organizzata lo scorso 11 settembre una Via Crucis, partecipata da centinaia di persone, le cui meditazioni chiedevano di liberare la Bielorussia dalle sue croci più pesanti: dalla corruzione alla perdita dei valori cristiani, dalla mancanza di rispetto per la vita dal suo concepimento al comportamento immorale, dalla superstizione all’alcolismo, dalla tossicodipendenza al suicidio.
Proprio quell’11 settembre, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati (una sorta di “ministro degli Esteri” vaticano) viaggiava verso Minsk, dove incontrava il ministro degli Esteri Vladimir Makei. Fino ad ora, dell’incontro aveva riportato solamente una nota del ministro degli Esteri bielorusso, che si era limitato a parlare di “questioni pertinenti dell’agenda bilaterale, anche nel contesto dello sviluppo della situazione post-elettorale in Bielorussia”. È stato il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, a margine di un evento presso l’Ambasciata di Italia presso la Santa Sede il 14 settembre, a dire che sì, uno dei temi di discussione era stato anche quello dell’impossibilità per l’arcivescovo Kondrusiewicz di ritornare in patria, e che la Santa Sede insista perché “l’arcivescovo possa ritornare in patria a guidare il suo gregge”.
Non c’è stata solo la pressione sulla Santa Sede. Anche il ministero degli Esteri di Ungheria ha scritto al suo omologo bielorusso chiedendo di far rientrare l’arcivescovo di Minsk nel Paese. Questi, dalla Polonia dove era andato per delle celebrazioni mariane, si è spostato in Lituania, per altre celebrazioni mariane, ma è sempre impossibilitato ad entrare nel Paese. Perlomeno, ha avuto una risposta sul perché: il Comitato di Frontiera di Stato della Bielorussia ha informato che il mancato accesso al Paese è dovuto “alla decisione degli organi per gli affari interni di dichiarare invalido il passaporto di cittadino della Repubblica di Bielorussia che ti appartiene. Hai il diritto di presentare la domanda al ministero degli Affari Interni in merito alla decisione di dichiarare il tuo passaporto non valido”.
L’arcivescovo Kondrusiewicz ha ovviamente fatto ricorso, per quello che appare una decisione arbitraria. Si è parlato della fatto che l’arcivescovo avesse un doppio passaporto, ma questo, secondo la legge bielorussa, non è motivo di cancellazione del proprio passaporto.
Frattanto, i cattolici nel Paese aspettano con il fiato sospeso, mentre proseguono le proteste. L’arcivescovo Gallagher è rimasto in Bielorussia fino al 14 settembre. Non è stato detto quasi niente dei suoi incontri, se non lo scarno comunicato del ministero degli Esteri di Minsk. Il 12 settembre, comunque, l’arcivescovo ha avuto un colloquio con i due ausiliari di Minsk, i vescovi Kasabutskij e Jaseuski, e poi è anche sceso in strada, dove c’erano le proteste.
Di certo, i cattolici sentono la persecuzione, e per alcuni è un ritorno ai tempi dell’Unione Sovietica. Ma non sono solo i cattolici a sentirsi sotto assedio. Alla via Crucis dell’11 settembre hanno partecipato anche molti non cattolici, per esprimere solidarietà.
Si attende con ansia l’arrivo del nunzio. Monsignor Ante Jozic è stato ordinato vescovo il 16 settembre dal Cardinale Pietro Parolin, e dovrebbe a breve arrivare nel Paese. Guiderà una nunziatura che, ora più che mai, ha bisogno di essere attiva, vicina alle persone e di supporto alla Chiesa locale. Difficile, comunque, che la situazione cambierà a breve. Per la Bielorussia, è un punto di non ritorno. E magari, una volta superata la crisi, avranno una visita del Papa. Una eventualità che “il Papa considera”, ha detto il Cardinale Parolin. Anche perché il viaggio in Bielorussia farebbe da apripista verso un viaggio a Mosca.
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