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Un servizio di EWTN News

Il Cardinale Bertone: Benedetto XVI ha spiegato e confermato l’intelligibilità della fede

Uno dei più grandi doni della mia vita è stato ed è tutt’ora il rapporto di amicizia con il Cardinale Joseph Ratzinger che, eletto al soglio pontificio col nome di Benedetto XVI, mi ha voluto suo collaboratore nella funzione di Segretario di Stato durante buona parte del suo pontificato, dopo essergli stato accanto come Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, di cui era Prefetto.

Ho dei ricordi bellissimi del mio lavoro accanto a lui. Innanzitutto la chiarezza della sua dottrina che anche oggi offre continuo alimento alla mia vita spirituale e apostolica, e la testimonianza della sua fedeltà nei confronti di Papa Giovanni Paolo II, sulla cui solida amicizia il grande Pontefice ha potuto contare. D’altronde anche recentemente, il 4 luglio 2015, recatosi a Castelgandolfo in occasione del conferimento del dottorato “honoris causa” della Pontificia Università e dell’Accademia di Musica di Cracovia, il Papa emerito Benedetto XVI ha affermato riguardo alla sua intesa con Giovanni Paolo II: “Senza di lui il mio cammino spirituale e teologico non è neanche immaginabile”.

Come studioso e professore, Ratzinger ha raggiunto alti gradi di conoscenza e di cultura, in particolare teologica e umanistica, capaci di sostenere il confronto nei centri culturali mondiali più quotati, ma io lo ricordo quando da Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede era solito dire che il suo compito era quello di difendere la fede dei semplici e dei piccoli dalle dottrine ambigue, erronee e pericolose per il loro bene spirituale e materiale. Egli è stato per me una scuola di vita, una scuola di fede, una scuola di spiritualità.

Benedetto XVI nella serie dei Papi è stato l’ultimo che ha partecipato al Concilio Vaticano II. Al centro del suo pontificato ha messo l’attuazione della grande riforma della Chiesa inaugurata da quella importante assise, considerata da Giovanni Paolo II “la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel XX secolo”. 

Egli ha palesato le sue intenzioni fin da quando all’inizio del suo pontificato, alla vigilia di Natale del 2005, ha pronunciato un grande discorso alla Curia Romana sul Concilio Vaticano II, e anche pochi giorni prima di terminare il suo pontificato, il 14 febbraio 2013, ha tenuto una lezione al Clero della Diocesi di Roma proprio sul Concilio Vaticano II.

Di quel patrimonio di norme e di riforme conciliari Benedetto XVI si è fatto garante, anche perché, avendo partecipato all’elaborazione di alcuni importanti documenti, aveva l’esatta percezione di come attuarli nel contesto della Chiesa universale.

Questo libro percorre a grandi linee i punti e i momenti salienti del Pontificato di Benedetto XVI. Da parte mia vorrei sottolineare alcuni aspetti caratteristici che è bene ricordare. Benedetto XVI ha focalizzato fin dall’inizio la situazione dell’Europa con l’avanzata della secolarizzazione e la dimenticanza delle sue radici cristiane. Ricordiamo i famosi discorsi fatti in Francia, in Germania, in Inghilterra, e naturalmente in Italia.

L’obiettivo del suo Magistero e del suo Ministero è sempre stato quello di spiegare e confermare l’intelligibilità della fede; di far comprendere che il Cristianesimo deve esprimersi come vittoria della conoscenza e della verità; deve spingere i cristiani a dialogare con gli esponenti del pensiero umano per valorizzare tutte le espressioni della ragione. Egli ha sempre avuto un’attenzione particolare ai valori culturali presente dappertutto.

Un punto forza del suo pontificato: quello di volere una purificazione da tutte le cosiddette “sporcizie” in modo da avere una Chiesa più integra, più santa, più pura. Egli sapeva bene che la Chiesa non è né vuole essere solamente una Chiesa di perfetti, perché questo non è conforme alla debolezza della natura umana che è ferita dal peccato ed è sempre tentata di contrapporsi alla volontà salvifica universale di Dio, che abbraccia tutta l’umanità, anche quella peccatrice. Tuttavia è intervenuto doverosamente e con forza per sanare deviazioni e immoralità, anche dotando la Chiesa di strumenti giuridici adeguati, soprattutto per colpire la piaga dello scandalo, quando questo è provocato dai ministri della Chiesa stessa.

Un aspetto forse meno conosciuto di Papa Benedetto XVI è quello di aver promosso tutto un lavoro di informazione e formazione investendo alcuni dicasteri a fare degli approfondimenti per vedere su certe questioni di carattere morale se le posizioni della Chiesa fossero adeguate. Questo lavoro di studio e approfondimento, iniziato quando era ancora Cardinale Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, è andato intensificandosi. Pensiamo ad esempio al tema della pedofilia, che non è solo un problema da trattare con repressione (seppur dovuta) o con il calcolo delle percentuali di preti che si sono macchiati di questo delitto, ecc. Si tratta di un problema che richiede lo studio della psicologia di chi ha queste tendenze, della formazione più profonda dei candidati al sacerdozio e del discernimento nella ammissione agli ordini sacri.

Mi sembra importante anche sottolineare la peculiarità del governo di Papa Benedetto XVI all’interno della Chiesa. Egli raccomandava ai vari Dicasteri di essere al servizio dei Vescovi e che lavorassero con maggiore coordinamento reciproco. Lui stesso riceveva i Vescovi singolarmente quando si recavano a Roma durante le visite ad limina e li ascoltava. In realtà, attraverso la conoscenza delle situazioni concrete di ogni diocesi del mondo, riusciva ad arrivare al nocciolo dei problemi e a dare consigli appropriati ad ogni Vescovo.

Nell’epoca che stiamo vivendo, occorre prendere in considerazione il movimento dei popoli, la crisi economica mondiale, l’esplosione delle esigenze sopite di libertà e di giustizia, nel mezzo di travagliati conflitti, e i giovani hanno bisogno di capire le situazioni e le piste di soluzione anche attraverso la lente della fede. Ebbene, Papa Benedetto XVI come uomo di alto profilo intellettuale e dottrinale è stato, in questo senso, per le giovani generazioni un educatore ed un maestro eccezionale. Con l’enciclica Caritas in veritate ha denunciato le distorsioni dell’economia per la mancanza di un’etica che metta al primo posto l’uomo e la sua condizione.

Questo libro offre uno sguardo retrospettivo del pontificato di Benedetto XVI e, nel suo insieme, fa emergere la poderosa figura di un Pastore di eccezionale levatura, che rimane tale anche se ha ceduto le redini del governo della Chiesa. Importante questo suo chiarimento: “Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo davanti sempre il bene della Chiesa e non se stessi. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo”.

Durante l’ultimo Angelus in Piazza San Pietro il 24 febbraio 2013 ci ha salutato così: “Il Signore mi chiama a “salire sul monte”, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze”.

 

Il modo con il quale il Papa emerito Benedetto XVI serve la Chiesa oggi è prima di tutto quello di sostenere con la preghiera e con l’appoggio fraterno il suo successore, Papa Francesco, e i mezzi di comunicazione ci hanno mostrato in proposito immagini di grande tenerezza. Ma bisogna anche cogliere quelle perle di saggezza che ogni tanto egli elargisce tutt’ora con umiltà e discrezione in alcune rare circostanze. Ad esempio, nel messaggio per l’intitolazione al Papa emerito Benedetto XVI dell’Aula Magna ristrutturata della Pontificia Università Urbaniana, il 21 ottobre 2014, egli scrive: “L’opinione comune è che le religioni stiano per così dire una accanto all’altra, come i Continenti e i singoli Paesi sulla carta geografica. Tuttavia questo non è esatto. Le religioni sono in movimento a livello storico, così come sono in movimento i popoli e le culture. Esistono religioni in attesa. Le religioni tribali sono di questo tipo: hanno il loro momento storico e tuttavia sono in attesa di un incontro più grande che le porti alla pienezza. Noi, come cristiani, siamo convinti che, nel silenzio, esse attendano l’incontro con Gesù Cristo, la luce che viene da lui, che sola può condurle completamente alla loro verità. E Cristo attende loro. L’incontro con lui non è l’irruzione di un estraneo che distrugge la loro propria cultura e la loro propria storia. È, invece, l’ingresso in qualcosa di più grande, verso cui esse sono in cammino. Perciò quest’incontro è sempre, a un tempo, purificazione e maturazione. Peraltro, l’incontro è sempre reciproco. Cristo attende la loro storia, la loro saggezza, la loro visione delle cose”.

Prendiamo poi in considerazione questo suo “pensare”, comunicato in modo quasi confidenziale durante il discorso pronunciato a Castelgandolfo il 4 luglio 2015 in occasione del conferimento del dottorato “honoris causa” da parte dell’Università e dell’Accademia di Musica di Cracovia, onorificenza da lui accettata unicamente nel ricordo di San Giovanni Paolo II: “Vorrei esprimere un pensiero che negli ultimi tempi mi ha preso sempre più, tanto più quanto le diverse culture e religioni entrano in relazione fra loro. Nell’ambito delle diverse culture e religioni è presente una grande letteratura, una grande architettura, una grande pittura e grandi sculture. E ovunque c’è anche la musica. E tuttavia in nessun’altro ambito culturale c’è una musica di grandezza pari a quella nata nell’ambito della fede cristiana: da Palestrina a Bach, a Händel, sino a Mozart, Beethoven e Bruckner. La musica occidentale è qualcosa di unico, che non ha eguali nelle altre culture. E questo - mi sembra - ci deve far pensare”.

E’ prezioso anche l’inciso del Papa emerito Benedetto XVI, riportato nella sua prefazione al mio libro “La fede e il bene comune. Proposta cristiana alla società contemporanea”: “La Chiesa è parte del mondo e perciò essa può svolgere adeguatamente il suo servizio solo prendendosi cura complessivamente del mondo. Allo stesso modo, la Parola di Dio, a sua volta, riguarda la totalità della realtà, e l’attualità di essa impone alla Chiesa una responsabilità complessiva. L’impegno profuso nell’enciclica Caritas in veritate […] mostra l’intreccio dei diversi piani: la Chiesa deve coinvolgersi negli sforzi che l’umanità e la società in quanto tali compiono per un giusto cammino, e deve per questo trovare un modo di argomentare che riguardi anche i non credenti. Solo se essa va oltre se stessa e assume la responsabilità per l’umanità nella sua totalità, la Chiesa rimane anche se stessa nel modo giusto”.

C’è da augurarsi che la forza della fede e la lucidità del pensiero del Papa emerito Benedetto XVI ci accompagnino ancora per molto tempo.

 *Segretario di Stato emerito, già Camerlengo di Santa Romana Chiesa

Prefazione del volume "Benedetto XVI un Papa totale", Tau editrice, di Marco Mancini

 

 

 

(La storia continua sotto)

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