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Il beato Richard Henkes: un pallottino a Dachau

P. Richard Henkes

A Roma, alla fine di via Giulia si incontra piazza San Vincenzo Pallotti. Santo, romano, apostolo della Carità e fondatore di una Congregazione religiosa, che assume il nome di Apostolato Cattolico, fu un vero padre per coloro che ebbero il privilegio di conoscerlo. Fra i suoi figli spicca   il nome di padre Richard Henkes.

Beatificato da papa Francesco il 19 settembre 2019, il nome di questo uomo è annoverato fra i martiri del ventesimo secolo.

Nato il 26 maggio 1900 a Ruppach-Goldhausen (Germania), fin dalla più tenera età, desiderava diventare sacerdote e missionario. Questo suo desiderio fu esaudito, entrando nel Seminario minore dei Padri pallottini di Vallendar-Schonstatt. Era il 1912.

Qui la vita di studio era intervallata dalla intensa preghiera e da quella che San Vincenzo chiamava la santa ilarità. Leggendo la Regola che il santo scrisse, per i suoi figli, si scopre che la vita religiosa del pallottino deve scorrere nel silenzio, nella preghiera ma anche nella gioia e nella serenità. Questo raccoglimento forma il futuro sacerdote che segue, in questo modo, più da vicino Cristo.

Assolto l'obbligo della leva e terminato il noviziato nel 1919 a Lindburg, dopo aver emesso la professione religiosa che lo legava, per sempre, alla famiglia di San Vincenzo, fu ordinato sacerdote il 6 giugno 1925.

Visti i buoni risultati nello studio, i superiori lo destinarono all'insegnamento in diversi istituti. Dal 1937 al 1941 insegnò nelle scuole dell'Ordine. Quello che risaltava delle sue lezioni, era quel modo di essere che lo rendeva franco, sincero e soprattutto testimone coerente della fede professata. Amava dire la verità e proclamarla in un momento storico difficile e doloroso.

Chi lo conobbe, in questi anni, ne ricorda le parole che seminava nelle predicazioni nei ritiri.

Era audace di quell'audacia che dà forza in quanto è vera. E la verità vi farà liberi, aveva detto il Cristo e padre Richard questo lo sentiva dentro e lo esternava, con il proprio essere.

Era la libertà e l'adesione dell'uomo ai valori non negoziabili, la fiaccola che teneva accesa la fede di padre Henkes. Il vangelo doveva risplendere nella notte.

A causa di questo atteggiamento entrò in collisione con l'ideologia nazista e nel 1941, venne esonerato dall'insegnamento e nominato parroco del paese di Strandorf. Ciò non fermò il suo coraggio, ma di più la sua fede.

In questa cittadina, fu sollecito e zelante per i suoi parrocchiani cercando di conciliare i fratelli tedeschi e cechi, che abitavano la piccola comunità.  In una delle sue predicazioni prese, senza mezzi termini, la difesa dei degenti disabili di un ospedale, deportati in un campo di concentramento. La sorte di quegli uomini la sentì sua e quel discorso vibrò come quello di un profeta, in difesa del suo popolo. Le sue parole non passarono inosservate.

Predicò il vangelo della mitezza, anche difronte all'evidente pericolo per la propria sorte. Se il chicco di grano non muore, non porta frutto (Gv.12,24-26) e questo versetto contiene tutta l'esperienza, spirituale ed umana, di quest'uomo che non ha esitato a spendere se stesso per gli altri.

Arrestato l'8 aprile 1943, dopo un breve periodo di detenzione, fu deportato a Dachau. In questo luogo dove il terrore prendeva il posto dell'amore, padre Henkes si prese cura dei fratelli in difficoltà ed al silenzio oppose la Parola che salva.

Scelse, volontariamente, di prendersi cura dei malati di tifo ed il 22 febbraio 1945 morì contagiato dal male che, con tanto zelo, aveva cercato di alleviare.

“Puoi dirlo a tutti che le vostre preoccupazioni rimangono le mie preoccupazioni e che prego e mi sacrifico ancora di più per il bene della comunità. Finché ci sarà la pace nel mondo questa mia preoccupazione non cesserà.” Queste parole, padre Henkes, le scrisse da Dachau a Paula Miketta ed oggi come ieri, brillano come un faro che splende, nella notte del mondo, recando quella luce che l'uomo tanto cerca, per il bene dell'umanità.

 

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